Per la sicurezza sul lavoro, è necessaria l’Unità di azione.

PCI Dipartimento Lavoro

15 settembre 2021

La notizia è sull’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro curato da Carlo Soricelli: lunedì scorso, 13 settembre ci sono stati 8 morti nei luoghi di lavoro.

Non si placa la strage di lavoratori nei luoghi di lavoro. Ogni giorno si contano i morti in un crescendo continuo. Le notizie sono frammentarie, ormai sono diventate qualcosa di marginale nello scenario dell’informazione nazionale. Qualche notiziola qua e là, alcune condoglianze, il ricorso ai mantra della “tragica fatalità” e del “non è possibile continuare così”, le promesse di chi ha il potere riassunte nel “faremo”, nel “bisognerà agire” … Poi, dopo qualche ora al massimo, tutto finisce nell’abituale e grigiastro silenzio. Evidentemente, e non ci stancheremo mai di dirlo, l’attenzione di chi ha in mano il paese e l’informazione è deviata su altri temi, su problemi spesso di sola apparenza.

Per il PCI, invece, la questione della salute e della sicurezza nel lavoro è fondamentale. Prioritaria. Il governo dovrebbe darsi da fare in fretta. Investire risorse per la prevenzione e il controllo. Istituire il reato di omicidio sul lavoro. Spendere nella ricerca e nell’innovazione tecnologica che devono essere indirizzate a liberare chi lavora dalla fatica, dall’alienazione, da orari massacranti, garantendo salute e sicurezza. E permettere ai lavoratori anziani di andare in pensione. Sono cose necessarie che, però, significano cambiare radicalmente prospettiva e, quindi, sono lasciate ai margini delle decisioni politiche, quando non vengono decisamente osteggiate da chi governa e dalla stragrande maggioranza di chi siede in parlamento.

Eppure ci sarebbero le condizioni e le risorse per iniziare ad agire per la salute e la sicurezza per chi lavora. Basterebbe smettere di privatizzare le risorse pubbliche; abolire il precariato; trovare le risorse là dove sono, nelle tasche, cioè, di un’esigua minoranza di personaggi ricchissimi.

Ma si fa poco, pochissimo, nulla. E, allora, nel lavoro si continua a morire, ci si infortuna, ci si ammala in un crescendo spaventoso che sembra non preoccupare “il potere” (un potere ostile a chi lavora).

Ieri, 14 settembre, ci sono stati due morti per infortunio nei luoghi di lavoro (come viene riportato oggi dall’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro).

E oggi, 15 settembre, arriva la notizia di un altro lavoratore di 58 anni morto a Genova dopo essere precipitato da un’impalcatura di un palazzo in ristrutturazione.

Da inizio anno il numero totale dei morti da infortunio nei luoghi di lavoro raggiunge la spaventosa cifra di 504 (che diventano 1059 considerando anche i decessi in itinere).Una strage senza tregua che dovrebbe muovere a indignazione l’opinione pubblica (se solo fosse adeguatamente informata …) e che dovrebbe spronare chi ha a cuore la vita di chi lavora a mobilitarsi e lottare tutti assieme, sindacati e organizzazioni politiche di classe, promuovendo iniziative e, anche, uno sciopero generale nazionale di tutti i settori che possa far capire a chi di dovere che non è più il tempo del “minuto di silenzio” per chi muore di lavoro e sul lavoro, né bastano le condoglianze o le promesse. È il tempo di una grande azione unitaria, perché se si agisce divisi è inevitabile perdere, se si lotta assieme si può ottenere qualcosa di concreto.

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