PIOVE, DILUVIA, L’ITALIA VA SOTT’ACQUA

di Edoardo CastellucciSegreteria Nazionale PCI – Responsabile Ambiente e Territorio

Periodicamente assistiamo a fenomeni naturali che provocano disastri e vittime su territori violentati da interventi selvaggi ed abusivi e che sono diventati ormai fragili, ed ogni volta bisogna fronteggiare l’emergenza di territori che franano sotto l’azione dirompente dei temporali e delle tempeste di pioggia.

E’ la solita politica che ad ogni alluvione, ad ogni disastro territoriale ed ambientale annuncia interventi non più rinviabili.

Piove, diluvia, e l’Italia va sott’acqua.

Alessandria, Sestri Levante, Messina, Venezia, Matera, Licata, Porto Cesareo, Formia, etc. sono tanti gli esempi che in questi giorni riempiono le cronache e le pagine dei giornali. Non si salva nessuna città, nessuna Regione, è un continuo bollettino di inondazioni, di frane e smottamenti, di spiagge mangiate dal mare, che in questo fine ottobre ed inizio novembre 2019 ci consegna una Italia sempre più fragile, un territorio che affonda e si sfalda, in balia degli eventi climatici.

Città simbolo di storia e cultura sono colpite da una politica che non decide, e che è in continuità con le politiche governative degli ultimi anni e decenni.

Matera è ferita, sommersa da acqua e fango, i Sassi sono dilaniati, offesi, vilipesi. Matera in Basilicata, la Regione martoriata da sversamenti ENI e trivellazioni senza sosta.

Venezia è colpita al cuore, Venezia dove governa la destra, di un Sindaco che predilige il turismo mordi e fuggi delle grandi navi in laguna, un Sindaco che chiede aiuto e invoca unità dopo che ha chiuso la porta in faccia a chi gliela offriva; Venezia in una Regione, il Veneto: che è governato da venticinque anni dalla Lega; che è maglia nera per consumo di suolo; che in Consiglio regionale vota contro gli emendamenti per il contrasto ai cambiamenti climatici; che vuole l’autonomia e che oggi chiede aiuto allo Stato e a Roma ladrona.

Venezia affonda e la soluzione di questo governo è continuare a costruire il MOSE. Un progetto nato già vecchio, con criticità progettuali ed ambientali, un progetto portato avanti senza guardare alle proposte alternative che il Comune di Venezia proponeva nel 2006, alternative meno costose dei sette miliardi spesi fino ad ora per le paratoie che non funzionano. Alternative rispettose dell’equilibrio idrogeologico tra laguna e mare perché Venezia non ha bisogno di scavare canali, ma di manutenzione del sistema lagunare.

I cambiamenti climatici affondano il MOSE e Venezia, ma per chi governa bisogna andare avanti. I governi cambiano ma le politiche rimangono le stesse e l’ambiente ed il territorio ne pagano gli effetti e le conseguenze.

E’ la politica che programma la lotta agli sprechi facendo passare il taglio dei parlamentari come una conquista per ridurre le spese ed i costi, ma poi si finanziano infrastrutture come la TAV e grandi opere come il MOSE, e si continua a consumare e sprecare suolo, non si interviene sul dissesto idrogeologico, non si fa nulla per contrastare i cambiamenti climatici proponendo soluzioni palliative.

“Non si è saputo ancora suscitare il necessario movimento di opinione e di massa contro gli sprechi. Contro gli sprechi in senso diretto, che sono ancora enormi (si pensi all’energia o all’organizzazione sanitaria) e contro gli sprechi in senso indiretto e lato, come quelli che derivano dal lassismo nelle aziende, nelle scuole e nella pubblica amministrazione; o come quelli, qui denunciati con particolare rigore dai professori Carapezza, Nebbia, Maldonado e da altri, derivanti da imprevidenze, di cui avvertiamo oggi tutto il peso, e da errori enormi compiuti nella politica del suolo, del territorio, dell’ambiente; o dalla trascuratezza nel campo della ricerca. C’è tutta un’azione amplissima contro gli sprechi e per il risparmio in ogni campo che avrebbe bisogno dello stimolo, della direzione, dell’iniziativa continua di un governo che sapesse davvero esprimere l’autorevolezza politica e morale oggi indispensabile.”, sono le parole di Enrico Barlinguer nel discorso al “Convegno degli intellettuali” al Teatro Eliseo di Roma del gennaio 1977, e risultano attuali perché il governo attuale e quello che lo ha preceduto, l’autorevolezza politica e morale non l’avevano e non ce l’hanno.

E’ la politica ambientale e territoriale degli ultimi decenni, regredita a quella degli anni sessanta, quando si guardava alla città e non al resto del territorio, alle aree agricole, indicate come “aree bianche”, che erano destinate ad essere violentate e aggredite dalla speculazione edilizia. Provvedimenti che avrebbero dovuto disinnescare lo sfruttamento delle risorse ed il consumo di suolo, come la rigenerazione urbana, sono diventati il pretesto per intervenire nelle aree urbane senza studiarle o indagarle, solo per progettare e arredare a seconda dell’esigenza dei tecnici e dei politici di turno.

C’è invece la necessità di una rigenerazione ambientale e territoriale che salvaguardi le risorse per le future generazioni, si tratta di scegliere, come scriveva Giorgio Nebbia, tra varie alternative: quella consolidata di ignorare gli eventi sapendo che ci saranno sempre e comunque disastri ambientali e basare la politica sullo stato di calamità naturale che consiste nel chiedere soldi pubblici; quella che si rifà alla resilienza, cioè all’adattamento alle catastrofi senza fare nulla per prevenirle, ma irreggimentando i fiumi in canali e argini, costruendo barriere nel mare, etc., per adattarsi alla “cattiveria” della natura; quella che interroga la natura e ne prevede gli effetti, che era base di insegnamento nelle università ma che aveva il coraggio di dire no, si chiamava pianificazione territoriale ed era basata sulla prevenzione e non sull’emergenza.

Ecco PIANIFICAZIONE e PREVENZIONE non rendono niente ma ci permettono di risparmiare costi futuri, sprechi di denaro pubblico, e di salvare vite umane, questa è la risposta alternativa che prediligiamo da comunisti.

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