POLONIA OGGI. LE POLITICHE REAZIONARIE DEL POPULISMO

di Nunzia Augeri, PCI Milano, collaboratrice Dipartimento Esteri PCI

Il 6 di febbraio 1943 duemila ebrei polacchi provenienti dal ghetto di Bialystok, nel nord-est del paese, arrivarono ad Auschwitz, e subito quasi tutti finirono nelle camere a gas del campo: solo un episodio nella tragica saga della barbarie nazista in Europa. Ma si dà il caso che proprio il 6 di febbraio di 75 anni dopo, il Parlamento polacco ha approvato una legge che minaccia multe e prigione fino a tre anni per chiunque parli di quei crimini attribuendoli ai polacchi. Nel 2012 ne aveva fatto le spese anche il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, il quale si era lasciato sfuggire una frase sui “campi di sterminio polacchi” e ne era stato duramente criticato. Nessuno osa contestare che quei campi – sia pur posti in territorio polacco – erano stati concepiti, organizzati e gestiti dai nazisti, che dal settembre 1939 occupavano il territorio polacco. Ma gli storici, gli insegnanti, i giornalisti oggi si troverebbero in difficoltà nel rammentare per esempio il massacro di Jedwabne del 1941, quando centinaia di ebrei vennero ammassati in un fienile poi subito incendiato, dove morirono bruciati vivi: in quel caso gli esecutori erano polacchi.

In tutti i paesi occupati ci sono stati volonterosi collaboratori dei nazisti: in ogni caso la questione riguarda ormai gli storici – che dovrebbero guardarvi “sine ira ac studio” – e non i politici. Se interviene la politica, se si pronunciano i parlamenti che pretendono di decidere con forza di legge sui fatti storici, ciò è un chiaro segno che in materia esistono precisi interessi del gruppo al potere: oggi, in Polonia, il PiS, Prawo i Sprawiedliwosc, Diritto e Giustizia.

Il PiS nasce da una costola di Solidarnosc, il gruppo Azione Elettorale che si allea con il partito cristiano Intesa di centro, e in seguito conta sull’adesione dei cattolici nazionalisti della Lega delle famiglie polacche e degli agrari nazionalisti del partito Autodifesa della Repubblica polacca. Del PiS sono leader i due fratelli Kaszynski, che instaurano una “gemellocrazia” che elimina la precedente classe dirigente: una legge del 2007 sulla “lustracija” sottopone a rigido giudizio di epurazione ogni persona che abbia avuto a che fare con la vita pubblica negli anni precedenti. Questo perché – secondo il PiS – Walesa era stato troppo indulgente con la precedente élite comunista, considerata fonte di ogni male.

La politica dei gemelli punta sul rinnovamento morale e sulla trasparenza nella gestione del governo, ma anche sul recupero dei valori nazionali e sulla triade tradizionale di Dio, patria, famiglia. Un nazionalismo usato come strumento per guadagnarsi il consenso popolare, basato su un concetto di “sovranità nazionale definita lungo traiettorie etniche, non inclusive, e mobilitate contro coloro – stranieri o migranti – che mettono a rischio l’omogeneità e la sicurezza del popolo. La sovranità è associata allo Stato-nazione, come luogo di protezione dalla minaccia dei flussi migratori e dal disordine economico, politico e morale provocato dalle lobby finanziarie e massoniche, dalle multinazionali e banche straniere”, come scrive Cristina Carpinelli nel volume “L’Europa dell’est e i nuovi nazional-populismi”. Insomma, il concetto ottocentesco della nazione come “uni d’arme, di lingua, d’altare, di memorie di sangue e di cor”, come ben lo definiva Manzoni. Un’idea mistica di cui si fa interprete il gruppo dirigente del paese, che con il popolo intrattiene un rapporto diretto, non mediato da altri enti o istituzioni: ed ecco che il governo polacco procede a una serie di riforme che toccano i Tribunali ordinari, la Corte suprema, il Tribunale costituzionale, il Consiglio nazionale della magistratura,sottoponendoli all’esecutivo e indebolendo il principio dell’indipendenza e dell’equilibrio dei poteri dello Stato. A ciò si aggiungono le leggi liberticide sulla stampa e sul web, la subordinazione delle reti televisive all’esecutivo, le limitazioni al diritto di manifestazione, il controllo sull’istruzione e sui libri di testo: una “democrazia illiberale” che spinge sulla chiave nazionalistica e religiosa. La Chiesa cattolica vene favorita in ogni modo: il catechismo diventa materia di studio e di esami, si cerca di abolire in assoluto l’interruzione di gravidanza (il tentativo non riesce grazie alla ferma e generale opposizione delle donne), si mettono fuori legge la cosiddetta ideologia di gender, la fecondazione in vitro, il matrimonio fra persone dello stesso sesso, il divorzio e l’autodecisione in materia di fine vita.

Scrive ancora Cristina Carpinelli: “In Polonia i diritti riproduttivi e più in generale i diritti di genere sono influenzati dal crescente nazionalismo. E il nazionalismo polacco deprezza le donne poiché è un’ideologia che esalta la virilità e nello stesso tempo identifica la patria nella Madonna Nera, la Santa Madre o la Madre Polacca (Colei che si sacrifica per i suoi figli), una sorta di idealizzazione di un modo di essere donna disposta all’umiliazione e alla rinuncia totali. Nell’agosto 2006, Roman Giertych (ex presidente della Lega delle famiglie polacche ed ex ministro dell’istruzione sotto il governo Kaszynski 2006-2007) aveva visitato il santuario di Jasna Gora e aveva fatto un voto alla Santa Madre: bandire dalla Costituzione l’aborto, analogicamente comparato all’Olocausto. La Santa Madre di Gyertich era la personificazione della Polonia stessa, una specie di feroce divinità a cui le donne si dovevano immolare”.

Insomma, una “democrazia illiberale”, secondo la dizione avanzata dal leader ungherese Viktor Orbán, che se mantiene formalità democratiche come il voto popolare, viene esercitata eludendo i meccanismi istituzionali rappresentativi e la separazione dei poteri – legislativo, esecutivo, giudiziario – in favore di un leader forte che si appella direttamente al popolo. Un “criptofascismo”, come lo definisce Massimo Riva. L’Ungheria ha già provveduto nel 2012 a riformare la propria Costituzione in senso presidenzialista e autoritario, mentre la Polonia ha in programma un referendum in materia previsto per il novembre 2018.

Ma il leader polacco Jaroslav Kaszynski si è spinto ancora oltre, al limite del ridicolo e in spregio della verità. Il 16 settembre 2015, nel colmo della crisi dei migranti, in occasione di una sessione speciale del Parlamento polacco, tenne un discorso in cui affermò che in Italia i migranti musulmani avevano fatto chiudere le chiese e le usavano come latrine!! E pochi giorni dopo si diffonde la notizia che una scuola di Varsavia intitolata a Giuseppe Garibaldi è stata costretta a cambiare nome. Garibaldi nel 1863 aveva inviato Francesco Nullo con uno stuolo di 600 volontari, fra cui 60 camicie rosse, per aiutare i polacchi nella loro resistenza contro l’impero zarista: Nullo stesso vi perse la vita. Motivo della cancellazione: Garibaldi “non era estraneo all’antisemitismo”!!Evidentemente, la moda di quelle che con pudico anglicismo si definiscono fake news, e che in buon italiano sono frottole o menzogne, è stata ben accolta nel lontano paese.

Il 17 febbraio scorso poi il premier polacco Mateusz Morawiecki si è recato a rendere omaggio, deponendo una corona di fiori, sulle tombe dei soldati polacchi della Brigata Santacroce delle Forze armate nazionali, che nella seconda guerra mondiale collaborarono con i nazisti, dando la caccia ad ebrei e partigiani comunisti; esattamente in coincidenza con la promulgazione della legge che vieta di accennare alla partecipazione polacca alla Shoa.

Tutto questo ha portato la Polonia alla ribalta e la stampa occidentale ne segue le vicende con una certa preoccupazione. Ma ha anche aperto un contrasto molto serio con l’Unione Europea, di cui la Polonia fa parte dal 2004 insieme con i paesi dell’Est prima sotto dominio sovietico. L’articolo 7 del Trattato di Lisbona, che mette sotto accusa gli Stati membri che violano le norme dello Stato di diritto, costituisce un’arma spuntata, tanto più che l’Ungheria di Orbán sarebbe pronta a bloccare ogni serio provvedimento contro la Polonia. Ma se i paesi che costituiscono l’Unione Europea ne tradiscono la memoria e le fondamenta antifasciste, l’Europa è destinata a dissolversi.

All’interno d’altra parte il PiS è molto forte, per una serie di ragioni. In primo luogo si pone come difensore della “polonità” in un paese particolarmente sensibile ai valori dell’identità nazionale di cui la religione cattolica è sentita come parte integrante, al pari della lingua e della cultura: di fatto, la Polonia è stata per secoli il vaso di coccio cattolico fra i due vasi di ferro della Russia ortodossa e della Germania protestante, che insieme con l’Impero austro-ungarico si sono divise i territori polacchi in tre successive spartizioni nella seconda metà del XVIII secolo. A nulla sono serviti i tentativi insurrezionali intrapresi dai polacchi nel XIX secolo per riaffermarsi come nazione; solo nel 1918, alla fine della prima guerra mondiale, la Polonia ha recuperato la sua indipendenza, per essere peraltro subito travolta dagli avvenimenti del XX secolo.

In secondo luogo l’attuale governo del PiS ha dato un grande impulso allo stato sociale con il programma 500+ che attribuisce alle famiglie un assegno di 500 zloty (148 euro) per ogni figlio oltre il primo. In caso di famiglie in particolare difficoltà l’assegno viene dato anche per il primo figlio; i genitori non hanno alcun obbligo di lavorare. Praticamente una famiglia con tre figli ottiene un sussidio pari allo stipendio medio netto di un lavoratore. Anche per la casa è stato previsto un programma per dare appartamenti in affitto a costo molto ridotto, da 2 a 4 euro al metro quadrato. Inoltre l’età pensionabile è stata ridotta a 65 anni per gli uomini e 60 per le donne, e oltre i 75 anni le medicine sono del tutto gratuite. La spesa per lo stato sociale incide sul bilancio statale per il 20%, che è al di sotto della media europea del 27% (era del 34% nel 1993), e viene finanziata con i fondi europei.

Con questi provvedimenti e con un’abile stratega di comunicazione per cui il governo del PiS si pone come difensore della Polonia e dei suoi valori eterni contro un’Europa preda del laicismo e dell’individualismo, e contro la barbarie russa, il popolo polacco è stato condotto a dare un appoggio ampio e sincero al governo di Kaszynski. Sarà interessante seguire come evolve la situazione della Polonia sia all’interno che in politica estera. Dopo tutto, nel 1936, al momento della Olimpiadi di Berlino, anche il popolo tedesco era tanto contento del suo Führer…

 

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