Quei “segni rossi” e il segno dei tempi

Chi ha paura delle bandiere dei comunisti?

di Patrizio Andreoli, Segreteria Nazionale PCI

Capita sempre più frequentemente che in occasione di manifestazioni plurali per carattere e ispirazione, agite sia sul terreno della mobilitazione democratica (manifestazioni antifasciste, di solidarietà, pacifiste, di denuncia e risposta a ingiustizie), che su quello del lavoro (adesione a vertenze, scioperi e lotte del lavoro); la presenza politica del Partito Comunista Italiano contraddistinta dalla partecipazione con le proprie bandiere e coi propri simboli di riferimento, risulti da alcune sigle mal tollerata quando non apertamente segnalata come “inopportuna”. Da qui – in alcuni casi – la richiesta di abbassare i nostri vessilli oscurando la nostra identità.

Pretese che denunciamo come inaccoglibili sul piano di principio e su quello di fatto, che evidenziano un grave corto circuito di memoria politica ed un serio arretramento circa la concezione e pratica dei rapporti e dei contributi unitari, offerti a sostegno di comuni battaglie. Tutto questo non avviene a caso. Tutto questo è frutto di scelte culturali e politiche precise ed è preoccupante “segno dei tempi”.

L’unità, si fa per definizione tra diversi. Diversità culturali e ideologiche, diversità di ordine programmatico e di vissuto politico, che invece di essere valorizzate e assunte quale “sale” e lievito del processo unitario e del confronto, si pretendono “utile presenza” a partire dalla loro cancellazione e omissione, così come vorrebbero certo sindacalismo e antifascismo di maniera quando dicono “venite ma non portate le vostre bandiere. No, alle bandiere di Partito”! Un orrore culturale. Un cedimento all’antipolitica. Un errore e un “delitto” politici.

Questo, soprattutto quando a sollevare eccezioni nei confronti del carattere visibile della partecipazione dei comunisti, sono forze del lavoro e democratiche espressione -se non diretta filiazione- di quella tradizione della sinistra e di sinistra, che viene in tal modo sfregiata, negata in radice. Da sempre, infatti, è stato tratto distintivo della sinistra la valorizzazione e rappresentazione di tutte le diversità, di tutte le provenienze e ispirazioni, dell’insieme della multiformità sociale e culturale (politica, etnica, linguistica, di genere etc.) presenti nel Paese.

La verità – questo oggi pesa e conta! – è che una parte rilevante della sinistra ha subìto una torsione e trasformazione ideale, via via sbiadendo -sino a negarlo- il suo carattere e fine alternativo, assumendo quale proprio orizzonte ideale una cultura liberaldemocratica che nulla ha a che vedere con la tradizione del socialismo e del movimento operaio, bensì con la visione e le scelte del moderatismo, all’insegna di un generico e debole progressismo. Da qui, il rifiuto di una lettura di classe dello scontro e dei rapporti sociali. Da qui, il prevalere del relativismo politico e culturale che oggi soffre sul terreno della storia e delle scelte presenti, l’interpretazione dei gruppi al comando su scala nazionale ed europea; quelli finanziari e quelli politici. Da qui, la capitolazione circa le proprie radici. Indicativo, in tal senso, quanto avvenuto nei mesi scorsi al Parlamento Europeo laddove (con l’appoggio e il voto del Pd) è stata votata l’ignobile equiparazione tra nazifascismo e comunismo. Insostenibile sul piano storico. Una vergogna su quello politico.

La verità è che ad alcune manifestazioni disturba la presenza dei comunisti, perché sono comunisti! Disturbano i simboli del lavoro, disturba una visione di classe che si vuole “vecchia” e morta, mentre vecchie e nuove forme di sfruttamento sarebbero modernissime all’insegna del “ce lo chiede l’Europa”! Tutto questo, mentre mai come oggi, sono fortissime le diseguaglianze, la sofferenza di una società segnata da diffuse povertà, da una feroce restrizione dei diritti e dell’accesso materiale alle opportunità di lavoro e studio. Tutto questo mentre sono grandi i segni dell’imbarbarimento civile, del prevalere di nuove solitudini e della perdita di speranza.

Mai come oggi, hanno ragione di essere le bandiere del PCI! I segni “rossi” della lotta per un mondo migliore e profondamente diverso. I comunisti siano chiamati per nome e riconosciuti per tali! Chi ci chiede di abbassare le bandiere, chiede la nostra cancellazione politica facendosi strumento di un aggiornato anticomunismo. Non ce la farete.

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