Sicurezza sul lavoro, a un anno dalla morte di Luana

PCI – Dipartimento Lavoro

Un anno fa moriva Luana D’Orazio. Una morte sul lavoro, quella che chiamano “bianca”. Di “bianco” non c’è niente, questo, come tanti altri, è un vero e proprio crimine che dovrebbe essere perseguito come “omicidio sul lavoro”.

Ieri, in seconda serata, verso le 23.30 nella trasmissione “Via delle Storie” in onda su RAI 1, si è parlato della sicurezza nei luoghi di lavoro.

È stato intervistato Carlo Soricelli che cura l’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro e che ha spiegato in maniera semplice e con la schiettezza che lo contraddistingue cosa significa non essere sicuri nel e del lavoro. Ha riportato numeri, nomi, informazioni dettagliate sulla tragedia che si vive ogni giorno nei luoghi di lavoro, specialmente là dove il sindacato non entra. Ha detto come i dati ufficiali riguardano solamente gli assicurati INAIL, che sono sottostimati perché muoiono lavoratrici e lavoratori in nero o che non hanno quella assicurazione. Soricelli e gli altri intervistati ci hanno raccontato cosa significhi essere sempre in competizione per tenersi stretto un posto di lavoro diventato comunemente precario. Cosa vuol dire avere salari insufficienti a vivere, cosa può comportare la mancanza di formazione, la disattivazione delle sicurezze per lavorare più in fretta (questo è successo a Luana e tanti altri) … per fare maggiore profitto nonostante il pericolo. Tanto, si rischia poco o niente perché il reato di omicidio sul lavoro non esiste e, poi, ci sono le attenuanti, la prescrizione … Tanto, è la (falsa) opinione di tanti, gli infortuni sul lavoro sono dovuti alla tragica fatalità, alla disattenzione della vittima, al destino … Non è e non può essere così.

Gli oltre 20.000 morti da quando è attivo l’Osservatorio di Carlo Soricelli (nato il 1° gennaio 2008 dopo il rogo alla dopo il rogo alla ThyssenKrupp di Torino) non possono essere un caso. Come non è un caso l’indifferenza che accompagna questa tragedia. Indifferenza fatta di frasi di circostanza quando succede un caso che colpisce l’opinione pubblica (come l’uccisione di Luana), promesse che non saranno mantenute, blanda applicazione di leggi e normative che esistono ma che vengono annacquate, precarietà, competizione (come si diceva prima), bassi salari … un vortice di rassegnazione che comporta necessariamente accettare che se per vivere bisogna lavorare, per lavorare si può morire.

La costanza di Carlo Soricelli ci dimostra, invece, che lottare è qualcosa di cui non si può fare a meno. E che informare sulla realtà di cosa sta succedendo vuol dire lottare per produrre le crepe necessarie a far crollare il muro di silenzio che nasconde la mancanza di salute e sicurezza nel lavoro. La trasmissione di ieri notte, pur se andata in onda a un orario “difficile” (del resto, anni fa, successe lo stesso per il documentario che spiegava cosa fosse successo alla Marlane-Marzotto di Praia a Mare e le decine e decine di lavoratrici e lavoratori morti di tumore), è stata importante. Una finestra di verità con un primo risultato che è quello di far conoscere il lavoro instancabile di chi si interessa di un problema enorme e che dalla sua attività non ricava nessun profitto personale se non qualcosa di molto più grande e importante: tentare di portare a conoscenza dell’opinione pubblica che è anche l’indifferenza e l’ignoranza a uccidere chi vive del proprio lavoro.

One Comment

  1. Vannini Andrea

    ISTITUIRE IL REATO DI OMICIDIO SUL LAVORO, ESPROPRIARE I PADRONI CHE NON RISPETTANO LE NORME CONTRO GLI INFORTUNI.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *