STRAGE DI PIAZZA FONTANA: 50 ANNI DOPO

di Bruno Steri

Lo scorso 12 dicembre si è svolta una riunione straordinaria del Consiglio comunale milanese, alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella, per ricordare le vittime di P.zza Fontana, la strage del 12 dicembre 1969 causata dallo scoppio di un ordigno con sette chili di tritolo piazzato nella sala della Banca Nazionale dell’Agricoltura: 17 i morti più 88 feriti, molti dei quali lavoratori del settore agricolo. Un episodio che ha segnato in modo indelebile la storia recente del nostro Paese, dando il via alla stagione delle stragi, alla cosiddetta “strategia della tensione”: una pagina nera, non solamente in riferimento alla matrice fascista dell’attentato ma anche per le autorevolissime coperture di cui gli assassini, esecutori e mandanti, hanno potuto godere ai piani alti delle istituzioni italiane e non solo italiane.

Il Capo dello Stato ha stigmatizzato questo atto di violenza terroristica, brutale e indiscriminata, tesa a colpire al cuore l’assetto democratico della Repubblica. E il sindaco di Milano Giuseppe Sala si è sentito in dovere di chiedere scusa ai familiari di Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda, i due anarchici accusati sin dall’inizio e ingiustamente, sulla base di un pervicace orientamento a senso unico delle indagini in direzione appunto della “pista anarchica”. Atto dovuto. Anche se non è bastato a far dimenticare le gravissime responsabilità della politica e dei diversi poteri dello Stato in merito a questo episodio e a quelli drammaticamente succedutisi negli anni successivi: servizi deviati, dediti all’insabbiamento e al travisamento dei fatti, consorterie composte da chi alterna il presentarsi con un volto pubblico all’agire nell’ombra, che affondano le loro radici nei poteri dello stato e nei partiti di governo, servizi segreti stranieri (vedi la statunitense Cia) che nel nostro territorio organizzano logge altrettanto segrete e assecondano le azioni criminali della destra eversiva.

Risultato: per la strage di P.zza Fontana, tutti assolti e nessun colpevole! E, per colmo di sfrontatezza, accanto all’assoluzione dei fascisti imputati, l’obbligo da parte dei parenti delle vittime del pagamento delle spese processuali. Una vergogna inestinguibile. Era stato il giudice istruttore Guido Salvini (omonimia davvero ironica) a diradare le nebbie di quella torbida stagione, con un meticoloso lavoro d’indagine iniziato alla fine degli anni ’80 dello scorso secolo: 60.000 pagine di documenti e 463 interrogatori a completamento dell’inchiesta sull’eversione nera e sui suoi protettori. Un’inchiesta da cui emergeva senza possibilità di equivoco che le organizzazioni fasciste implicate nella strategia stragista – Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo ecc – non erano che la manovalanza operativa di un occulto gruppo di comando collocato negli apparati dello Stato italiano e collegato alla Cia. A tale consapevolezza storica è tuttavia clamorosamente mancata una verità giudiziaria.

Nella sala comunale di Milano, in un silenzio totale e pesantissimo, il presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime Carlo Arnoldi, dopo aver scandito a voce alta tutti i nomi dei parenti morti, ha ringraziato il Presidente della repubblica per la sua presenza, ma non ha tralasciato di ricordare che, per la prima e sin qui unica volta, un Capo dello Stato presenziava alla commemorazione della strage. “Siamo stati lasciati soli”, è l’amara denuncia di Arnoldi.

“Il 12 dicembre, un anno è già passato / dal giorno delle bombe, della strage di Stato”: così recitava una canzone in quegli anni. E’ bene che dopo 50 anni le nuove generazioni, se davvero vogliono cambiare le cose, non dimentichino le lezioni della storia. La strategia della tensione fu pensata e inaugurata dopo quella che per alcuni fu la grande paura: il ’68 degli studenti e il ’69 del movimento operaio. Un risveglio sociale che ambiva appunto a cambiare le cose, a trasformare la società abbattendo i privilegi. Pensiero inaudito, arrogante e prepotente: al punto che c’è chi deve esser giunto a pensare che qualche centinaio di morti innocenti sarebbe stato un prezzo sostenibile, pur di inibirlo. Del resto, come è noto, “la rivoluzione non è un pranzo di gala”.

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