Torino: IL PCI CONTRO IL G7!

di Fosco Giannini, segreteria nazionale PCI

Dal 24 al 30 settembre si terrà a Venaria Reale (Torino) presso la splendida Reggia, il summit del G7, sei giorni di incontri tra i ministri dei 7 Paesi più ricchi del mondo per discutere di Industria (26 settembre) Scienza (28 settembre) e Lavoro ( 30 settembre).

Il Gruppo dei 7, esplicitamente definito dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) come il Vertice delle sette economie più avanzate del mondo, si costituì nel 1975, ma venne formalizzato nel 1986, quando agli Stati Uniti d’America, alla Francia, alla Germania, all’Italia, alla Gran Bretagna e al Giappone si unì anche il Canada. A dimostrazione della natura di vertice imperialista mondiale che caratterizza il G7, alle sue riunioni partecipano di routine anche i rappresentanti del FMI e dell’Unione Europea. Secondo ilCredit Suisse Global Wealth Report 2013, Il G7 rappresenta oltre il 63% della ricchezza netta mondiale. Dal 1988 al 2014, il G7 si è spesso trasformato in G8, divenendo un vertice di Capi di Stato che, oltre i 7 tradizionali, vedeva la presenza del Capo di Stato della Russia. L’esclusione della Russia, in questa nuova fase, trae una motivazione ufficiale dalla dichiarazione del FMI, secondo la quale la Russia avrebbe un PIL trascurabile, rispetto a quello dei Paesi del G7. In verità, sappiamo che l’esclusione di Putin dai lavori del G7 è chiaramente determinata dall’offensiva politica, economica e militare che le forze imperialiste, guidata dagli USA e dalla NATO, conducano contro Mosca (contro la Cina e contro i BRICS).

Dei tre meeting in sequenza ( Industria, Scienza, Lavoro) conosciamo già le linee-guida: si pensa ad un’Industria internazionale che rilanci la ricerca e gli investimenti tecnologici sulla base di una nuova accumulazione capitalistica che cresca non attraverso l’allargamento dei mercati interni e internazionali, ma attraverso un’ulteriore espropriazione del plus valore dalla forza lavoro internazionale e nell’obiettivo – contraddittorio e incline alle guerre economiche e a quelle vere, militari – di aumentare le capacità concorrenziali dei vari poli imperialisti e capitalisti tra loro e contro le economie dei BRICS. Si pensa alla questione della Scienza, al suo utilizzo in relazione allo sviluppo delle forze produttive capitalistiche, alla robotizzazione del lavoro, solo nell’obiettivo di espellere ancor più forza lavoro dalla catena produttiva occidentale e nell’obiettivo di allargare il gap tra forze produttive capitalistiche occidentali e paesi economicamente più deboli, al fine di ratificare e sviluppare il dominio imperialista sul piano globale.

Sulla questione del Lavoro gli obiettivi sono d’una assoluta chiarezza: puntare a ratificare la sottosalarizzazione di massa che già segna abbondantemente di sé sia il mondo del lavoro statunitense che quello dell’UE; puntare ad estendere socialmente quella, già profonda quanto proficua (per gli interessi capitalistici), contraddizione sociale tra forza lavoro autoctona, occidentale, e gli eserciti industriali di riserva, l’estensione e il radicamento dei quali è un’ulteriore obiettivo del grande capitale, che utilizza politicamente il razzismo delle forze neofasciste al fine di collocare stabilmente la forza lavoro immigrata nel mercato inferiore del lavoro; puntare all’abbattimento dei diritti del lavoro attraverso la mitizzazione della “necessità della ripresa”, della “necessità di uscire dalla fase critica ciclica apertasi dalla crisi della Lehman Brothers”; “risolvere” quell’esplosiva e potenzialmente rivoluzionaria questione sociale che prende vistosamente corpo dalla contraddizione tra l’ enorme sviluppo macchinico delle forze produttive capitalistiche, l’ormai inestinguibile e conseguente  crisi di sovrapproduzione capitalistica e il minor numero di lavoratori/lavoratrici necessari in produzione, non con l’ormai storica necessità di una drastica riduzione generale dell’orario di lavoro, ma attraverso un’ulteriore e massiccia espulsione della forza lavoro dalla produzione. D’altra parte, le politiche sociali di carattere imperialista che da tempo il G7 detta sul piano internazionale e che l’UE rilancia con altrettanto vigore liberista, trovano concreto sbocco nelle stesse leggi dei governi occidentali: dal “Jobs Act” di Renzi alla “Code de Travail” di Macron in Francia l’intera Europa è oggi sotto il tiro del duro connubio G7-UE; solo che mentre in Italia il “Jobs Act” passa quasi sotto silenzio, la Francia è di nuovo scossa da grandi lotte di massa.

Questi sono gli obiettivi strategici che il G7 riproporrà, edulcorati e mistificati anche sul piano semantico (la settimana imperialista nel torinese prende il nome, tutto zucchero, di “Innovation week italian”)  nel summit di fine settembre alla Reggia di Venaria. Ed è per contestare questi progetti che si sono mossi, già da tempo, i compagni del PCI del Piemonte, il PRC, i movimenti di lotta, i centri sociali, la FIOM, le forze sindacali più avanzate, gli intellettuali. Ed è in virtù di questa lotta annunciata che il G7, il governo italiano, le forze dell’ordine hanno “ritirato”, racchiuso, i lavori del G7 nel ridotto della Reggia di Venaria, mentre la prima ipotesi prevedeva che il summit si svolgesse tutto a Torino. Una fuga, dunque, del G7 dalla giustissima contestazione di classe e popolare.

Occorre, inoltre, rimarcare l’elemento di pura provocazione politica e culturale di un G7 che viene a parlare di Industria e Lavoro (potremmo dire: a parlare col sorcio in bocca) proprio a Torino, dove il grande capitale internazionale, dove la famiglia Agnelli e i governi di centro destra e centro sinistra italiani – ad essa in egual misura subordinati – hanno fatto, in questi ultimi anni particolarmente, strage sociale.

La fuga della Fiat da Torino, dall’Italia e verso l’oltreoceano, una fuga mai ostacolata e anzi appoggiata dai governi italiani, accidiosi e genuflessi, ha prodotto un cambiamento sociale generale – a Torino, nel torinese, in tutto il Piemonte, in tutto il nord d’Italia – segnato da un’oscura involuzione. Il combinato disposto tra la destrutturazione dell’industria italiana, di cui la fuga della FIAT è uno degli elementi più eclatanti, e l’Austerità imposta dall’UE, ha gettato tanta parte della popolazione piemontese e dei lavoratori torinesi e piemontesi in un grandissimo disagio sociale, prossimo alla povertà di massa.

Nel 2014 la FIOM gettava l’allarme: nella sola provincia di Torino chiudevano 130 aziende metalmeccaniche e 15 mila operai perdevano il posto di lavoro. Oggi, sono circa 200 mila i lavoratori e le lavoratrici che in Piemonte sono fuori dalla produzione, nel lastrico. Il tasso di disoccupazione regionale ondeggia tra il 9 e il 10%; oltre 50 mila persone il lavoro non l’hanno mai avuto; delle tanto sbandierate, dal governo Gentiloni e da tutto il PD, 140 mila nuove assunzioni, oltre 100 mila sono rappresentate da contratti a termine e solo 24.500 hanno avuto un lavoro fisso (la via “reaganiana” all’occupazione). Gli stessi dati forniti dalla “Caritas” piemontese danno il senso della grande difficoltà sociale prodotta dall’Austerità dell’UE e dalla fuga della FIAT: negli ultimi dieci anni – afferma la “Caritas” – i poveri di Torino e della sua periferia sono letteralmente raddoppiati e sono oggi oltre i 100 mila!

Ed è in questo contesto, in questo quadro di difficilissima fase operaia e proletaria torinese e piemontese, che assume una grande importanza il Convegno di lotta organizzato dal PCI del Piemonte, venerdì 22 settembre, alle ore 20.30 presso il Circolo ARCI “IQBAL” di Venaria Reale. Proprio a Venaria Reale, nel territorio dove dopo pochi giorni inizierà il G7, il summit imperialista che sarà, dunque, anticipato dall’iniziativa antimperialista del PCI! DI grande importanza politica anche la provenienza degli oratori al Convegno del PCI. Al Convegno (che sarà aperto dal compagno Giustino Scotto d’Aiello, segretario regionale del PCI e concluso da chi scrive, Fosco Giannini, della segreteria nazionale del PCI) interverranno lavoratori torinesi in lotta, il compagno Piergiovanni Alleva, tra i massimi giuslavoristi italiani e membro della segreteria nazionale del PCI, il compagno Ezio Locatelli, della segreteria nazionale di Rifondazione Comunista e il compagno Giorgio Cremaschi di Eurostop. Un Convegno, cioè, all’insegna dell’unità dei comunisti, delle avanguardie di lotta del lavoro e delle forze antimperialiste e radicalmente critiche delle politiche liberiste dell’UE. L’unità che occorre e per cui bisogna lavorare di fronte all’attacco di classe del capitale.

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