Un voto di classe

di Segreteria PCI Brescia

Gli elementi più significativi della vistosa sconfitta referendaria del Governo Renzi sono nascosti nella composizione degli elettori dei rispettivi schieramenti.

Ben prima delle analisi successive al voto, per chi abbia avuto la possibilità di ascoltare i vari sentire di ambienti sociali distanti tra loro, dai mercati rionali alle cene di una borghesia pur illuminata fino agli ambienti intermedi posti nei luoghi della politica partitica, il risultato referendario racconta un dato sorprendente per i nostri tempi: questo è stato un voto di ceti sociali contrapposti, è stato un voto di classe.

Il governo ha potuto raccogliere attorno a sé, millantando un progetto di rinnovamento rivoluzionario, le classi agiate e gli strati sociali ad esse totalmente subalterni. Quel progetto, che ha avuto dalla sua solo la quantità dei finanziamenti, degli appoggi, delle leve informative, è stato
sconfitto, per ora, a causa di tre difetti fondamentali: la scarsa qualità tecnica, la scarsa qualità politica e la sostanziale e palese subalternità ad una necessità di riforma della società che non veniva dal Paese ma piuttosto dagli ambienti europei e della finanza internazionale. Il tentativo è
stato (e sarà) quello di fare della costituzione del nostro paese il clone di un modello predefinito.

Non potendo costruire una costituzione globale si è cercato (e si cercherà) di globalizzare le singole costituzioni manomettendole secondo le necessità dei mercati.

In questo modo e su questa strada, nonostante che le pulsioni al cambiamento che animavano i migliori dello schieramento del SI fossero sincere e positive , quelle pulsioni e quella fiducia si sono dimostrate mal riposte, l’operazione referendaria più che riformista si è manifestata come eversiva. Si è provato, in realtà, a scardinare quel che resta dei meccanismi che fanno delle istituzioni della rappresentanza parlamentare il luogo della elaborazione politica per trasformarle nel luogo dell’esecuzione passiva delle direttive del mercato globale. Questo aspetto eversivo, evidente, è stato aggravato, nella nostra percezione ed in quella collettiva, da quell’atteggiamento da ‘facciamo in fretta e liberiamoci di questi ciarpami’ motivato dalla scarsa qualità politica della compagine promotrice e, a sua volta, origine della scadente qualità tecnica della proposta referendaria.

Questa sfrontatezza era certo motivata dalle scarse o nulle resistenze incontrate nel destrutturare lo Statuto dei lavoratori e nel minare la tutele del sistema pensionistico. Ma quei passaggi hanno evidentemente lasciato il segno non solo nelle coscienze ma anche nelle condizioni reali dell’elettorato.

Grava ormai, sempre più nitido, negli strati popolari drammaticamente segnati dalla crisi economica che dura da un decennio, un messaggio preciso, mai esplicitato ma quasi ossessivo: non si tornerà più al benessere passato, al benessere per tutti, qualcuno resterà fuori.

Il voto referendario che predisponeva istituzioni a misura dei pochi, era una prima conta, un primo assaggio di come si intende normare e consolidare questa condizione.
Per quanto lo schieramento governativo abbia voluto indicare la ‘casta’ come tutrice della conservazione costituzionale, questa percezione dell’esclusione ha fatto da detonatore per un voto politico di rifiuto che ha piuttosto individuato nel governo e nelle classi agiate i responsabili.

Il voto è giunto a coronamento di una fase di discussione e approfondimento durata quasi un anno e intensamente vissuta. Questa campagna referendaria ha generato una presa di consapevolezza quale noi non si vedeva da anni e a nulla sono valse le innumerevoli forme ricattatorie messe in atto per spaventare l’elettorato, le promesse e le adulazioni. Ne è emersa una coesione sostanziale di popolo che nulla ha a che vedere con la variegata composizione dello schieramento per il NO.

Paradossalmente quelli che avevano inteso perfettamente il senso del quesito referendario sono proprio quelli additati di essere rappresentati da un’accozzaglia, gli altri sono stati spesso complici inconsapevoli.

Questa coesione attende degli interpreti adeguati, questa presa di coscienza collettiva attende dei gruppi dirigenti all’altezza e pronti a dare battaglia, pronti a capire la fase, come si sarebbe detto un tempo.

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