1° Maggio 2025: Lavoratori, Sicurezza e Diritti da Riconquistare

Il 1° maggio è la festa dei lavoratori. Una giornata importante nella quale è necessario pensare a cosa sia diventato il lavoro, a cosa si sia ridotta la solidarietà di classe, a come si sia frammentata l’unità dei lavoratori, alla totale mancanza di una reale rappresentanza sindacale, a come il lavoro sia sempre più povero, malpagato, insicuro, troppo spesso fatale. Pensare per convincersi di come sia indispensabile, oggi più che mai, lottare per riottenere i propri diritti, estenderli e conquistare un futuro migliore per tutti.

Nei prossimi 8 e 9 giugno si svolgeranno i 5 referendum su lavoro e cittadinanza ed è doveroso andare a votare per raggiungere il quorum e votare sì in tutte le schede. Sono referendum che servono a cancellare norme che penalizzano chi lavora, contrapporsi più efficacemente alla precarietà, alla pratica dei subappalti, ai licenziamenti indiscriminati e garantire maggiore sicurezza nel lavoro. In poche parole, la vittoria ai referendum, significa ridare dignità e rispetto a chi vive del proprio lavoro. E, soprattutto, costruire un fronte di lotta unitario che si opponga a tutto questo, un “cantiere per i diritti di chi lavora” che permetta di ottenere un reale e radicale cambiamento di sistema.

È proprio alla questione della mancanza di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, punta dell’iceberg della situazione disastrosa nella quale vivono lavoratrici e lavoratori, che dobbiamo prestare particolare attenzione in questo primo maggio. Senza contare i decessi in itinere, quelli per malattie professionali e gli infortuni che provocano gravi invalidità permanenti, i 315 morti per infortunio nei luoghi di lavoro che ci sono stati nei primi quattro mesi del 2025 e i 1055 dell’intero 2024 ci sbattono in faccia la drammaticità di una tragedia che viene sottovalutata e, spesso, neppure considerata da chi governa o da chi è nelle istituzioni. Un problema che viene lasciato a chi resta, ai familiari delle vittime, a chi ne piange la morte, a chi deve convivere con infortuni che segnano corpo e mente per il resto dell’esistenza. Le vittime sono, di fatto, considerate da chi detiene il potere degli “scarti”, “cose” che si possono dimenticare nell’indifferenza.

Ma noi ricordiamo, siamo obbligati a farlo per non perdere la nostra umanità e la nostra coscienza. È per questo che proprio in questa giornata noi vogliamo ricordare le lavoratrici e i lavoratori della marlane di praia a mare (più di 100 sono stati i morti per varie forme di tumore quelli che lavoravano in situazioni di enorme inquinamento e di scarse protezioni). E vogliamo ricordare mattia battistetti (23, anni schiacciato da un carico di 15 tonnellate sganciatosi da una gru), luana d’orazio (22 anni, stritolata da un orditorio) e liala el harim (41 anni schiacciata all’interno di una macchina fustellatrice), satnam singh (abbandonato davanti a casa con un braccio tranciato da una macchina agricola e morto dissanguato), il giovane 17enne yassine che lavorava in nero e che, per questo, probabilmente non comparirà neppure nelle statistiche diramate dalle fonti ufficiali.

Potremmo andare avanti elencando chi non è più tornato dal lavoro, sarebbero decine e decine di migliaia di nomi che carlo soricelli, curatore dell’osservatorio nazionale morti sul lavoro, ha raccolto dal 2007 in una impressionante e straziante sequenza di morte. Non “morti bianche” ma “omicidi sul lavoro” che danno origine a processi che finiscono senza condanne o con sentenze tragicamente ridicole. Notizie di cronaca che diventano “abitudine” e lasciano indifferenti troppe persone ma che dobbiamo continuare a far emergere dal silenzio soffocante che le avvolge.

Finiamo citando alcune frasi tratte dal libro la mia danza del sole. Scritti dal carcere di Leonard Peltier (nativo-americano, attivista del aim, incarcerato ingiustamente e condannato a due ergastoli, oggi in libertà vigilata dopo quasi 50 anni passati in istituti penitenziari di massima sicurezza statunitensi):

“anche noi santifichiamo i nostri compagni caduti, anche noi abbiamo i nostri eroi, le nostre vittime di tragedie, i nostri martiri… Ne abbiamo un’infinità. Io vivo con le loro voci nel mio orecchio interiore, li ascolto continuamente e non posso dimenticarli. Mi rifiuto di dimenticarli: sono tutti vittime di questa guerra […] come lo fui io ma anche tu, amico mio, tu e i tuoi figli e anche i figli dei tuoi figli.”

In questo 1° maggio è difficile essere lieti. È, invece, necessario essere consapevoli che sarà una vera “festa dei lavoratori” solo quando riusciremo insieme a riconquistare i diritti e la dignità che ci hanno rubato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *