«Sono stati creati oltre un milione di posti di lavoro e il numero complessivo degli occupati ha raggiunto il massimo storico (…) Sono particolarmente fiera del fatto che questo governo sia riuscito a imprimere un cambio di rotta», afferma Giorgia Meloni.
La sua narrazione, dai toni trionfalistici, parla di un “nuovo record storico” per l’occupazione (un milione di posti di lavoro ci ricorda qualcuno), ma dimentica di affrontare e divulgare i risultati di un’analisi completa e obiettiva, che non può prescindere dalle persistenti criticità strutturali del mercato del lavoro italiano.
Non ci si può limitare a osservare un singolo dato, ovvero il comunque lieve aumento dell’occupazione registrato nel 2024, che peraltro colloca ancora il nostro Paese al penultimo posto tra quelli dell’Unione Europea.
I segnali di rallentamento produttivo sono numerosi:
- Gli occupati risultano aumentati, ma il totale delle ore lavorate è diminuito, indice di una crescita di occupazione precaria, di scarsa qualità e non tutelata.
- Si registra un importante aumento dell’utilizzo della Cassa Integrazione Guadagni (CIG) e degli altri ammortizzatori sociali, e verità vorrebbe che si dicesse che, nelle regole della statistica, anche i cassaintegrati sono calcolati come occupati;
- Il fenomeno della sostituzione del lavoro con il capitale (cioè la preferenza per gli investimenti in tecnologie rispetto all’assunzione di personale) è sempre più diffuso;
- Gli italiani che risultano inattivi in età lavorativa sono in aumento, salendo a 12,4 milioni, di cui ben 7,8 milioni sono donne.
L’anomalia risiede nel fatto che l’occupazione, come puro dato statistico, risulta in aumento – secondo criteri peraltro parziali – mentre il PIL aumenta ad una velocità inferiore. Ciò rende evidente che è la qualità del lavoro ad essere carente. Aumenta infatti il lavoro povero, poco qualificato e i salari, inadeguati all’inflazione, continuano a perdere potere d’acquisto.
Tra febbraio e marzo 2025, il calo del tasso di occupazione si accompagna a un aumento della disoccupazione, particolarmente marcato nella fascia 15-24 anni. L’inattività cresce tra i 25-34enni; nella fascia 35-49 anni aumentano sia l’occupazione sia la disoccupazione, mentre cala l’inattività. Tra chi ha almeno 50 anni, l’occupazione rimane stabile, ma diminuisce la disoccupazione e aumenta l’inattività.
Nel mese di marzo 2025, cara Giorgia Meloni, il tasso di disoccupazione (dato comunque incompleto, poiché l’Istat rileva solo chi dichiara ufficialmente lo stato di disoccupazione, una prassi sempre meno diffusa) è salito al 6%, mentre quello giovanile ha raggiunto il 19%.
Lei si vanta di venire dal popolo, quindi dovrebbe conoscerne i proverbi, ma non si illuda che “a forza di dire una bugia, si finisca col crederla una verità.”, perché la verità che è nella vita quotidiana dei cittadini, sempre più povera e precaria, ci fa pensare che “chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, dice una bugia, è un delinquente. (B.Brecht)”
…e NOI abbiamo il compito di divulgarla, l’Informazione.