La storia insegna che quando un governo è incapace di mostrare valori legittimi e condivisibili, quando è consapevolmente e colpevolmente inadatto, quindi non in grado di curare gli interessi reali della popolazione, non può che manifestarsi, cercando di ottenere facile consenso nascondendo le proprie incapacità indicando i nuovi “nemici” in chi protesta e dissente, le nuove “emergenze” e i conseguenti nuovi “reati”. Norme repressive, quindi, promulgate da un governo autoritario e “cattivo”, per nulla autorevole.
L’attuale Il DDL Sicurezza 2025, approvato dal Senato con l’ennesimo affronto al parlamento di imporre il voto di fiducia, e ormai solo in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, rappresenta in modo palese questa tendenza all’autoritarismo del centrodestra, suscitando forti preoccupazioni, soprattutto per le sue implicazioni sul diritto di manifestare e, in generale, sulle libertà e di diritti civili sanciti dalla Costituzione.
Del resto, da che parte stia l’attuale governo, quale sia l’ideologia su cui si fonda questo provvedimento, quali siano le classi sociali di riferimento del centrodestra, è evidente anche solo nel constatare come non sia stato introdotto, tra i nuovi reati, quello di omicidio sul lavoro, nonostante l’inaccettabile e dilagante fenomeno delle morti bianche (quasi 1500 nel 2024).
Non disturbare il conducente, il “padrone”, evidentemente, non rientra tra i nemici da colpire.
Punti critici per il lavoro e il diritto di manifestazione
- Introduzione di nuovi reati penali, trasformando atti precedentemente qualificati quali semplici illeciti amministrativi, come il blocco stradale o ferroviario durante le manifestazioni, diventano oggi reati penali. L’articolo 14 prevede pene detentive fino a due anni per chi blocca strade o ferrovie durante proteste, fino a sei anni se il reato è commesso da più persone.
- Inasprimento delle pene, laddove l’Art.11 prevede sanzioni fino a un mese di carcere per il singolo manifestante e da sei mesi a due anni se in gruppo. Un emendamento della Lega introduce addirittura pene fino a 25 anni se il blocco riguarda “opere strategiche” come il ponte sullo Stretto di Messina (!) o la Tav.
- Rischio per le fasce vulnerabili, un esempio per tutti: la carcerazione di donne incinte o con figli sotto l’anno di età, viene rimessa alla discrezionalità del giudice, togliendo di fatto l’automatismo del rinvio per la tutela del minore.
- Repressione dura del dissenso, attraverso diverse disposizioni che puntano chiaramente a scoraggiare e reprimere il dissenso, con una risposta solo punitiva ai conflitti sociali, per l’incapacità politica e culturale di affrontare e risolvere le ragioni stesse del dissenso attraverso iniziative legislative soprattutto sul piano della prevenzione.
Alcuni articoli chiave del DDL
- Art. 8: introduce il reato di occupazione arbitraria di immobile, con pene da 2 a 7 anni, estendendo la responsabilità anche a chi agevola l’occupazione.
- Art. 10: introduce DASPO urbano e giudiziario, con allontanamenti fino a 48 ore.
- Art. 12: inasprisce le pene per danneggiamento durante manifestazioni pubbliche.
- Art. 14: trasforma in reato il blocco con il corpo della strada o della ferrovia, con pene da 6 mesi a 2 anni e multa fino a 300 euro.
- Art. 15: rende facoltativo il rinvio pena per donne incinte o con figli piccoli.
- Art.18: introduce l’espresso divieto di importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna delle infiorescenze della canapa coltivata. E’ permessa la produzione di semi destinati agli usi consentiti dalla legge. L’emendamento non porterà solamente alla chiusura dei cannabis shop che vendono prodotti ad uso ricreativo, ma cancellerà anche l’intero settore della canapa ad uso industriale.
- Art. 19: introduce un’aggravante se resistenza o violenza avviene contro agenti di pubblica sicurezza.
- Art. 24: inasprisce le pene per il danneggiamento di beni pubblici, con reclusione fino a tre anni in caso di recidiva.
- Art. 26: introduce aggravante per istigazione a disobbedire alle leggi dentro gli istituti penitenziari.
- Art. 27: prevede pene più severe per proteste violente di stranieri irregolari nei centri di permanenza temporanea.
- Art. 31: prevede la possibilità per le forze dell’ordine e per i servizi segreti di gestire “la direzione e l’organizzazione di associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico (articolo 270-bis del codice penale); la detenzione di materiale con finalità di terrorismo (art. 270-quinquies.3); la fabbricazione, l’acquisto o la detenzione di materie esplodenti, e la distribuzione e pubblicizzazione di istruzioni sulla preparazione o sull’uso delle materie esplodenti (art. 435)”.
Un attacco ideologico a chi è diverso e più debole
Questo provvedimento si inserisce in una lunga tradizione di criminalizzazione del dissenso e della marginalità, con un focus particolare contro le persone migranti, da sempre diventate capri espiatori, “nemici” da controllare, punire e sfruttare nel mondo del lavoro, le stesse alle quali la campagna di boicottaggio del referendum vuole impedire di ottenere la cittadinanza in tempi ragionevoli e, quindi, i più elementari diritti civili, compresa la partecipazione al voto.
Un arretramento pericoloso dello Stato di diritto
- Rafforza il potere repressivo dello Stato, riducendo di fatto diritti e garanzie.
- Sacrifica la tutela dei più deboli in nome della “sicurezza”, usata come slogan politico.
- Rappresenta una minaccia diretta alla libertà di manifestare il dissenso, sancita peraltro dalla Costituzione sulla quale hanno giurato.
- Prevede una protezione e una impunità eccessiva delle forze dell’ordine, senza trasparenza (es. videocamere facoltative, niente codici identificativi).
- Legittima un aumento delle schedature, richiamando dinamiche proprie di regimi autoritari.
Misure simili adottate in passato non hanno reso l’Italia un Paese più sicuro, ma hanno solo riempito le carceri, già di per sé sovraffollate e radicalizzato il conflitto sociale fino alla nascita di forme di terrorismo.
Noi comunisti dobbiamo vigilare, resistere e opporci a tutto questo per difendere la Costituzione.
Noi comunisti dobbiamo lottare per invertire la rotta, dobbiamo difendere i principi costituzionali opponendoci con forza allo svilimento e allo svuotamento graduale e costante dello Stato di diritto e della stessa democrazia parlamentare.
Noi comunisti sappiamo bene che la vera sicurezza sta nell’investire nella giustizia sociale, nei diritti, nel welfare per tutti, nel lavoro tutelato e nel salario dignitoso.
Noi comunisti denunciamo quindi l’azione di un governo che si richiama palesemente alle “Leggi fascistissime” del 1925 e che portarono alla creazione del regime totalitario che contribuimmo a sconfiggere con la lotta Partigiana e che dobbiamo essere pronti a sconfiggere di nuovo perché per noi è ancora ORA E SEMPRE RESISTENZA!