Uomini e no

C’è molto di sbagliato se un imprenditore scrive queste frasi. O, meglio, è l’esempio di un degrado nei rapporti di lavoro che l’attuale sistema permette e, soprattutto, consiglia. Un degrado che riporta la mentalità di alcuni indietro di qualche secolo. È un aspetto di una “cultura malata” per la quale risulta naturale che ci sia una casta di privilegiati che possono controllare, comandare e gestire la vita, le azioni e i pensieri di chi viene considerato, di fatto un suddito, un “inferiore”.

Le poche righe scritte dall’imprenditore fabrianese Marcello Crescentini su X all’1,30 del 7 giugno, che recita «Ho un dipendente sotto contratto, oggi alla pausa colazione aizzava gli altri di andare a votare perché sarebbe l’unico modo per tutelare chi lavora. Il contratto gli scade il 30 giugno. Dopo ci pensa Landini» sono esempio di tutto questo.

E non si può neppure dire che la colpa sia di chi l’ha scritta, no. La responsabilità è, prioritariamente, dell’ideologia imperante, di quel realismo capitalista che ha ripristinato nelle menti di tantissima parte della popolazione l’idea che sia normale dividere la società tra sfruttatori e sfruttati dove i primi hanno o diritti e i secondi hanno solo doveri non possono neppure dissentire o avere ideali diversi da quelli del padrone. Sudditi, appunto, che devono obbedire, non più persone ma esecutori che devono accettare il pensiero dominante.

In quelle parole c’è anche l’accettazione (che è diventata pensiero comune a troppe persone) del fatto che il padrone sia un benefattore perché permette ai suoi “sottoposti” di lavorare.

Ma c’è qualcosa che va stigmatizzata. In questa vicenda risulta chiaro a chi sa leggere bene e vuole capire, che il “dipendente che aizzava gli altri” a votare, quello che perderà il lavoro, sì, proprio lui, è il solo a fare parte della categoria degli “Uomini”. Di chi pensa con la propria testa rifiutandosi di chinarla di fronte alle minacce e con la schiena diritta, fa valere le proprie ragioni.

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