TESI 16

LIBERAZIONE, DIRITTI

LA LIBERAZIONE DELLA DONNA E’ UNA PROSPETTIVA COMUNISTA.

1.La condizione delle donne in Italia è la peggiore tra quelle dei grandi Paesi europei, certificata internazionalmente in base agli indicatori dell’occupazione femminile, del tasso di fertilità e del tasso di povertà infantile. Le cause storiche, strutturali e socioculturali di tale arretratezza risalgono al ritardo nell’industrializzazione e nell’ingresso massiccio delle donne nel lavoro dipendente retribuito, al fascismo, all’incombenza del Vaticano nella politica italiana, alle caratteristiche del capitalismo nostrano (generalmente incapace di cogliere e attuare innovazioni produttive e organizzative), al culto della virilità e al familismo. Tutto ciò nonostante l’esistenza in Italia, per decenni, del più forte Partito Comunista d’Occidente, di un grande movimento sindacale, di un articolato movimento femminista, delle lotte di molte lavoratrici e l’opera di donne autorevoli in politica e in ogni campo della cultura.

2.Per il marxismo la condizione di sfruttamento e di oppressione della donna ha avuto origine con la divisione sociale del lavoro. La subordinazione femminile è il prodotto della sua esclusione dai rapporti produttivi e la sua relegazione nell’ambito della famiglia. Questo predominio del genere maschile su quello femminile – il patriarcato – risale a molti millenni fa, all’inizio della Storia, ed è stato fatto proprio dal capitalismo in quanto formidabile strumento di divisione all’interno delle stesse classi lavoratrici. Occorre che il partito si faccia carico del fatto che l’oppressione di genere, con le disuguaglianze e le discriminazioni che ne derivano, è questione specifica, presente in tutte le classi sociali, a tutti i livelli della condizione lavorativa, all’interno della stessa condizione operaia e che quindi non è riconducibile semplicemente alla contraddizione capitale-lavoro: la contraddizione di genere va affrontata con determinazione insieme alla contraddizione capitale-lavoro e a quella capitale-natura, per poter cogliere, mediante tutti i molteplici intrecci tra di esse, la complessa e multiforme realtà attuale.

3.Il patriarcato continua ad agire anche negli altri aspetti della vita politica, sociale e familiare, con i tagli alle politiche pubbliche, con il depauperamento dei consultori, con l’obiezione di coscienza del 70% dei medici ospedalieri nei confronti dell’interruzione di gravidanza, nella mercificazione dell’immagine del corpo femminile e nella violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica perpetrata da compagni ed ex compagni di vita. Tale situazione, proprio per la sua gravità, pone il Partito comunista, in particolare in Italia, di fronte a una grande sfida, dati gli obiettivi di trasformazione strutturale e politico-culturale che intende perseguire: tra questi, la liberazione della donna. Sfida da agire il più possibile a livello di massa in ambito nazionale e anche partecipando attivamente alle reti di organizzazioni femminili europee e internazionali. Posare dunque un doppio sguardo di genere sul mondo per poterlo interpretare correttamente e integralmente, per poi agire con efficacia, è per noi la scommessa del XXI secolo, se vogliamo essere comunisti e comuniste.

I DIRITTI CIVILI PROGREDISCONO E VIVONO INSIEME AI DIRITTI SOCIALI

4.Il tema dei diritti civili, o più in generale dei diritti umani, è un importante terreno di lotta politica e culturale e va collocato nel quadro ampio dell’analisi di classe. I comunisti, come osservava già Togliatti, non devono cadere nell’errore di contrapporre diritti civili e diritti sociali, essendo peraltro consapevoli che solo in una società socialista vi possa essere il massimo sviluppo degli uni e degli altri. I diritti civili si collocano, in una data fase storica, sul piano delle cosiddette libertà individuali concesse o previste dalla classe che detiene il potere: essi sono cioè determinati in ultima istanza dai rapporti di forza nella società. Con lo sviluppo della democrazia repubblicana nel secondo dopoguerra, ha preso corpo nel nostro Paese un grande processo di democratizzazione dello Stato e di socializzazione del potere che è progredito negli ultimi 70 anni con alterne vicende, con fasi di avanzamento della democrazia sociale e fasi di recrudescenza dei caratteri reazionari delle classi dominanti. Non è un caso che in Italia siano state possibili importanti conquiste civili, come la legge sul divorzio e la legge sull’aborto, in una fase in cui il movimento operaio e le sue organizzazioni, anche in relazione ad un quadro internazionale favorevole, vivevano una fase di avanzamento e affermazione. Ciò conferma una lettura che tiene insieme diritti civili e sociali in un’unica e solidale battaglia per l’emancipazione e la dignità degli esseri umani, a differenza di un approccio interclassista che afferma le cosiddette libertà individuali in termini parziali e strumentali rimuovendo il piano della lotta di classe.

5.Occorre quindi valorizzare le rivendicazioni dei settori popolari più attenti e sensibili alle questioni legate ai diritti civili sostenendo altresì con nettezza che, qualora si abbandonasse o si indebolisse il terreno della lotta per i diritti sociali, si andrebbe incontro all’indebolimento della vita democratica e di tutte le libertà democratiche in quanto tali. La destrutturazione della Costituzione, l’arretramento conseguente sul piano sociale ed economico delle classi popolari, l’attacco ai diritti elementari dei lavoratori, unitamente alle aggressioni imperialiste, confermano come la questione delle libertà individuali, nelle mani dell’avversario di classe, possa divenire strumento per un’offensiva restauratrice e reazionaria. Basti pensare che il diritto d’aborto, conquistato con le lotte dei movimenti delle donne e della sinistra negli anni Settanta, con alla testa il Partito Comunista Italiano, attualmente è messo pesantemente sotto attacco, col paradosso per cui lo Stato consente l’esistenza di medici obiettori di coscienza nello stesso momento in cui alimenta la distruzione della sanità pubblica. Inoltre, nel più vasto contesto delle vicende internazionali, è necessario contrapporsi ad ogni strumentalizzazione del tema dei diritti umani da parte della grancassa mediatica al servizio delle potenze imperialiste: una dimensione in cui è ancora più stridente la contraddizione fra l’enunciazione di questi stessi diritti o la condanna della loro violazione e l’opera di neocolonizzazione di interi popoli attraverso lo sfruttamento e le aggressioni militari. Compito dei comunisti è fare opera di demistificazione e opporsi a questa invasiva offensiva ideologica, anch’essa eminentemente finalizzata ad accreditare la tesi della contrapposizione fra lotte sociali e lotte per i diritti civili: una contrapposizione che impedisce e indebolisce la solidarietà degli oppressi a tutto favore delle classi dominanti.

6.La subalternità manifestata su questi temi anche da settori della cosiddetta “sinistra radicale”, con l’accettazione della rimozione della centralità del conflitto capitale-lavoro e la consequenziale scissione tra diritti individuali ed emancipazione sociale, ha prodotto un arretramento complessivo sul terreno della coscienza di classe e della solidarietà. I comunisti, al contrario, devono continuare a lottare per la piena affermazione delle libertà collettive e individuali, per il vero riconoscimento dei diritti già sanciti nella Costituzione (come quello al lavoro, alla pensione, ad una retribuzione adeguata), del diritto alla salute e alla casa, delle nuove istanze di libertà che la società contemporanea esprime come il diritto al reddito minimo, così come devono battersi per il pieno riconoscimento dei diritti delle donne e quelli delle coppie omosessuali. Comunismo è anche diritto pieno alla scelta e al vissuto libero e individuale di una propria sessualità: eterosessuale, omosessuale, bisessuale, transessuale, diversamente sessuale.

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