ELEZIONI USA: L’ENNESIMO ECLATANTE CAMPANELLO D’ALLARME

di Bruno Steri, Segreteria nazionale PCI, responsabile economia

trumpusa

L’articolo di Norberto Natali pubblicato nei giorni scorsi su questo sito propone in apertura il seguente condivisibile giudizio sul neoeletto presidente degli Stati Uniti: “E’ stato eletto un capitalista disgustoso il quale riflette abbastanza bene la putrefazione della sua classe. (…) Solo negli Stati Uniti, in questa epoca, poteva succedere che la possibile alternativa, la Clinton, fosse peggiore di lui”. E’ evidente che un tale evento apre nuove e incerte prospettive riguardo al destino prossimo del pianeta. Nel contempo esso pone specificamente a noi comunisti e alla sinistra di classe in generale l’indifferibile esigenza di una riflessione franca e priva di diplomazie.

Nel merito, la terza pagina interna del Corriere della Sera del 12 novembre 2016 andrebbe conservata accuratamente: il quotidiano “borghese” per eccellenza vi sintetizza i “punti di rottura” del programma presidenziale di Donald Trump in contrapposizione a quello di Hillary Clinton. Rivediamoli: 1) Minore pressione su Assad: “la priorità non è liberarsi di Assad(…) ma uccidere quanti più jihadisti possibile”. Questo è il sillogismo: “Non mi piace Assad, ma Assad sta uccidendo l’Isis, la Russia sta uccidendo l’Isis e l’Iran sta uccidendo l’Isis”; 2) Cambia conseguentemente la politica “di difesa dei Paesi sul fronte Est”: Trump “è contrario all’eccessivo focus della Nato sulla minaccia posta da Mosca (…) E indica invece nell’Isis il fronte su cui concentrare energie e risorse” 3) Mutano quindi i rapporti con la Russia di Putin: “Il presidente eletto appare pronto ad abbracciare una realpolitik (…) mirata a fare accordi con Mosca caso per caso”. In campagna elettorale egli ha sostenuto: “Non cerchiamo ostilità ma un terreno comune: vogliamo la cooperazione al posto del conflitto”; 4) Infine si segnala il rigetto del Trattato di Libero Scambio con l’Europa, il famigerato Ttip contro cui in questi mesi in tanti si sono mobilitati: opzione che – rileva il quotidiano – è valsa a Trump “il successo fra i blue collars, la classe operaia bianca e tra i perdenti della globalizzazione”.

Saranno mantenuti i suddetti impegni? Lo vedremo, ma intanto il punto è che questi contenuti (in evidente contrasto con la parte più guerrafondaia dell’establishment) sono stati presentati agli elettori. Da chi? Da un miliardario, espressione della provincia profonda statunitense, da un uomo di estrema destra. Non dunque dalla candidata del Partito Democratico, che anzi, su ciascuno dei punti precedenti, ha sostenuto le cose opposte. Detto un po’ schematicamente: “destra” a favore della pace e “sinistra” per la guerra e il libero mercato? Qui sta il paradosso. Ma è un paradosso del tutto apparente: perché – lo ribadiamo ancora una volta – il mondo in cui eravamo abituati a riferirci ad una “sinistra”, quel mondo non c’è più. Noi siamo gli eredi di un terremoto che ha mutato le “cose” sotto le “parole”, a cominciare dalla parola “sinistra”. Chi si fosse nel frattempo addormentato (o abbia finto di addormentarsi per convenienza) è ora che si svegli e, per stare al nostro Paese, cominci sul serio a riflettere sul fatto che le formazioni cosiddette “di sinistra” (compresi noi comunisti) oggi riscuotono percentuali elettorali da prefisso telefonico mentre il movimento “guidato da un comico” viaggia in doppia cifra vicino al 30 per cento. Su quest’ultimo dato, come dicemmo già a Bologna nel corso del nostro incontro nazionale, la domanda è: perché loro e non noi? Non serve o comunque non è sufficiente gettare la croce su altri: sul sistema mediatico che non si limita a sostenere i padroni del vapore ma ormai seleziona anche le opposizioni (compatibili), sull’ambasciata americana che ha mostrato a suo tempo un certo interesse verso il movimento di Grillo ecc ecc. Tutto vero, ma l’assunto essenziale è che la congiuntura odierna non può essere ridotta a un tratto di realtà contingente e temporaneo, bensì è l’effetto di una profonda involuzione politica, istituzionale e morale, indotta e accelerata dalla crisi capitalistica, cui noi ad oggi non siamo stati in grado di rispondere efficacemente: un’involuzione che ha investito frontalmente la cosiddetta sinistra. Tale deriva è visibile da tempo, ma certo l’esito di queste Presidenziali Usa ne costituisce un’ennesima clamorosa conferma.

Le pericolose pulsioni oltranziste della signora Clinton sono state sconfitte dal voto popolare, nonostante il sostegno e i sostanziosi finanziamenti della parte maggioritaria del potere politico ed economico Usa. Costei ha rappresentato nel più potente Paese capitalistico il mondo dei Democratici, ha ricevuto l’appoggio incondizionato del presidente uscente nonché quello della cupola bipartisan che regge l’Unione Europea (tra i più zelanti non ha mancato di distinguersi il nostro Presidente del Consiglio). Va sottolineato che in questi anni non è la prima volta che la volontà popolare è andata in rotta di collisione con le indicazioni dei gruppi dirigenti egemoni delle classi dominanti, vanificando la loro forza economica e mediatica. I tecnocrati dell’Unione Europea lo sanno bene; queste presidenziali Usa lo confermano. Il nostro problema è che questa insubordinazione davanti al netto e generale peggioramento delle condizioni di vita può andare – e di fatto va – anche a destra.

Nel nostro Paese, il neonato Partito Comunista Italiano ha il compito di uscire da una condizione che fino a ieri ci ha fatto appartenere di fatto più al problema che alla sua soluzione. Beninteso, le responsabilità sono diverse, diversamente distribuite: non sono certo le stesse quelle del Pd e quelle del Pdci o del Prc. E tuttavia, nonostante ciò, si rischia di restare in un gorgo che porta a fondo tutti. Sul versante “sinistro”, la locomotiva di questo treno che corre verso il precipizio è la socialdemocrazia, in Italia il Pds/Ds/Pd: il quale sin dalla sua nascita ha provato a temperare i rigori del neoliberismo, nei fatti dando il via libera agli interessi del capitale finanziario sovranazionale (e ottenendo in cambio solo qualche concessione sul fronte dei diritti civili). Il risultato è stata la distruzione dell’impianto politico, teorico, ideale che aveva sostenuto per decenni le sorti di quella che chiamavamo sinistra: è un tale regressivo contesto che ha reso possibili obbrobri quali la legge Fornero, il Jobs Act, il pacchetto Sblocca Italia, la Buona scuola, il pareggio di bilancio, la controriforma costituzionale, tutte targate Pd.

E’ ora di cambiare strada. Ed è bene che i comunisti si facciano sentire nominando con chiarezza le responsabilità e i responsabili. Dobbiamo aver ben presente questo contesto, nel provare a costruire le condizioni per la tutela e, possibilmente, la riscossa del nostro popolo. Riappropriandoci innanzitutto delle nostre idee. Intanto ricordando a tutti che ad insidiare la Costituzione italiana del ’48 non è solo la controriforma di Matteo Renzi, ma sono anche i Trattati dell’Ue. Inoltre preparandoci a celebrare come si deve per il prossimo anno il centenario della Rivoluzione d’Ottobre

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