LIGURIA: GENOVA – Amiu/Iren, questo matrimonio non s’ha da fare

di Alberto Soave, PCI Genova
La storia delle privatizzazioni in Italia, al di là della retorica neoliberista, è una storia di inefficienze, aumenti di tariffe, riduzione di servizi vitali per i cittadini, devastazioni ambientali, limitazione dei diritti dei lavoratori.
L’ultimo capitolo di questa vicenda ha portato alla morte di 23 e al ferimento di 52 fra lavoratori, studenti e persone comuni per una ragione che si può ascrivere solo e unicamente alla logica di profitto, ovvero al mancato investimento nelle dotazioni minime per la sicurezza della tratta ferroviaria fra Corato e Andria.
A Genova abbiamo assistito, negli anni, allo smantellamento del sistema delle partecipazioni statali, alla privatizzazione/esternalizzazione di moltissimi servizi pubblici. Non possiamo certo dire che la situazione sia migliorata rispetto a venti o trent’anni fa.
Il prossimo passaggio, in questo stillicidio, è quello del ventilato accorpamento di Amiu in Iren, determinato, secondo i fautori della fusione, da una situazione economica insostenibile dell’azienda che si occupa della raccolta e smaltimento dei rifiuti. Crisi che, è il caso di ribadirlo, è frutto di scelte politiche e aziendali sbagliate, non certo di mancanze da parte dei lavoratori.
L’acquisizione viene giustificata come ineluttabile a causa dei conti in rosso di Amiu. Noi siamo convinti che esistano opzioni alternative alla cessione (con i rischi a essa connessi per il mantenimento dei posti di lavoro, per la qualità e capillarità del servizio e per le tasche dei cittadini) e per questa ragione abbiamo organizzato una assemblea pubblica sabato 23 luglio alle ore 15 presso il Circolo dell’Autorità Portuale in via Albertazzi alla quale sono invitate tutti i lavoratori di Amiu e Iren, le forze politiche, le associazioni, la stampa, i movimenti e i singoli cittadini che vogliano apportare il loro contributo, in linea con il risultato del referendum 2011 che sancisce il mantenimento della proprietà pubblica dei servizi di utilità collettiva.
E’ ora di avviare un dibattito aperto, allargato e costruttivo, per sfatare i luoghi comuni e difendere la gestione pubblica dei servizi urbani. Occorre valutare opzioni alternative da proporre a Consiglio comunale e giunta perché questo matrimonio non s’ha da fare.

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