Morti di lavoro. Una tragedia volutamente dimenticata.

di Giorgio Langella (PCI – Veneto) e Dennis Vincent Klapwijk (FGCI – Veneto)

mortilavoro

Possibile che quasi nessuno senta l’obbligo di informare l’opinione pubblica di quanti sono i lavoratori che muoiono di lavoro e sul lavoro?

Quella delle cosiddette “morti bianche” è una tragedia che non può essere considerata un’emergenza perché è dovuta a condizioni di lavoro del tutto insicure, precarie, pericolose ma che ormai sono considerate normali. Ed è indecente che i principali organi di informazione tacciano o, al massimo, si limitino a qualche articolo di circostanza che dà la notizia di una tragedia che viene quasi sempre imputata al caso o a un evento imprevedibile. Ma quello che succede non è dovuto a un destino imponderabile e crudele. È risultato di un modello di sviluppo che considera chi vive del proprio lavoro null’altro che un ingranaggio, un pezzo che serve a produrre profitto individuale di chi è “padrone”.

Probabilmente, è per questo che non se ne parla.

Invece noi ne vogliamo parlare. In poco più di sette mesi (periodo 1 gennaio – 11 agosto 2016) sono 403 i morti per infortuni sui luoghi di lavoro e sono oltre 800 i caduti sul lavoro considerando i morti sulle strade o in itinere. E forse è bene anche riportare la crudele classifica che si può leggere nel sito cadutisullavoro.blogspot.it dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro in Italia.

Campania 46 Napoli (15 di questi 3 in mare), Avellino (6), Benevento (4), Caserta (8), Salerno (13). Emilia-Romagna 38 Bologna (8). Forlì-Cesena (6), Ferrara (3), Modena (5), Parma (2), Piacenza (2), Ravenna (3), Reggio Emilia (8), Rimini (1). Veneto 36 Venezia (3), Belluno (4), Padova‎ (6), Rovigo (2), Treviso (3), Verona (4), Vicenza (14). Toscana 30 Firenze (1), Arezzo (4), Grosseto (1), Livorno (6), Lucca (4), Massa Carrara (6), Pisa‎ (2), Pistoia (2), Siena (2) Prato (3). Lombardia 29 Milano (2), Bergamo (3), Brescia (13), Como (2), Cremona (2), Lecco (1), Lodi (), Mantova (), Monza Brianza (2), Pavia (3), Sondrio (1), Varese Sicilia 26 Palermo (5), Agrigento (3), Caltanissetta (4), Catania (6), Enna (1), Messina (3), Ragusa (2), Siracusa (), Trapani‎ (2). Piemonte 26 Torino (6), Alessandria (2), Asti (5), Biella (), Cuneo (12), Novara (), Verbano-Cusio-Ossola () Vercelli (1). Lazio 25 Roma (8), Viterbo (5) Frosinone (3) Latina (7) Rieti (2). Puglia 19 Bari (), BAT (5), Brindisi (1), Foggia (3), Lecce (3), Taranto (7) Abruzzo 13 L’Aquila (1), Chieti (6), Pescara (3) Teramo (3). Trentino-Alto Adige 11 Trento (7), Bolzano (4). Marche 11 Ancona (2), Macerata (4), Fermo (), Pesaro-Urbino (2), Ascoli Piceno (2). Sardegna 10 Cagliari (4), Carbonia-Iglesias (), Medio Campisano (), Nuoro (1), Ogliastra (), Olbia-Tempio (), Oristano (2), Sassari (3). Calabria 10 Catanzaro (4), Cosenza (3), Crotone (1), Reggio Calabria (1) Vibo Valentia (1). Molise 6 Campobasso (6), Isernia (). Umbria 5 Perugia (1) Terni (4). Friuli-Venezia Giulia 6 Trieste, Gorizia (1), Pordenone (2), Udine (3). Liguria 5 Genova (2), Imperia (1), La Spezia (1), Savona (1). Basilicata 1 Potenza (1) Matera () Valle D’Aosta ().

A queste morti violente bisogna aggiungere chi muore lentamente a causda di malattie contratte nei posti di lavoro perché si trattano materiali pericolosi senza le dovute precauzioni. Vogliamo ricordare come esempio e monito i migliaia di morti a causa dell’amianto, i morti della Marlane-Marzotto di Praia a Mare che non hanno ancora avuto giustizia, i morti della ex Tricom Galvanica di Tezze sul Brenta.

Di fronte a questa mattanza in nome di un sistema (quello capitalista) spaventoso che considera anche la salute e la vita dei costi che si possono e si devono tagliare, l’indifferenza è omertà. Anche tacere o girarsi dall’altra parte è un crimine inytollerabile. E non si venga a dire che morire di lavoro e sul lavoro è qualcosa di normale. È solo e null’altro che assassinio.

Per questo noi accusiamo di complicità chi tace, chi fa finta di niente, chi è indifferente, chi non vuole cambiare questo sistema spaventoso, chi fa le leggi che salvaguardano chi  sfrutta il lavoro altrui.

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