Di Giusi Greta Di Cristina, Dipartimento Esteri PCI
Lo chiamano “cacerolazo”: tradotto vuol dire “casseruola”, poiché vuol indicare una manifestazione pacifica ma rumorosa, in cui si utilizzano strumenti da cucina per fare, appunto, rumore.
In America Latina è una forma largamente utilizzata di protesta contro i governi ed i loro provvedimenti economici soprattutto, ma anche politici.
Dai primi giorni di agosto, i leader della MUD (Mesa de la Unidad Democrática, hanno più volte sollecitato la popolazione ad organizzare un intenso periodo di cacerolazo, da far durare almeno un mese. Esso avrebbe dovuto rappresentare la decisione del popolo di destituire Nicolás Maduro e il suo governo, destituzione da essi confermata per il primo di settembre.
Da quel momento, il governo bolivariano ha strenuamente denunciato la cosa, mettendo in guardia soprattutto i cittadini, dinanzi al rischio dell’utilizzo della manifestazione per scatenare violenza.
Il primo di settembre è arrivato e Caracas ha visto le sue piazze riempirsi di migliaia e migliaia di cittadine e cittadini. Due gruppi distinti: in bianco i sostenitori della MUD, in rosso e pugni chiusi i sostenitori del governo del presidente Maduro.
Qualche migliaia i primi, trecento mila i secondi.
E i numeri, mai quanto questa volta, spiegano meglio la scelta dei venezuelani: moltissimi messaggi sono pervenuti infatti da cittadini che, seppur non in linea col governo, non hanno creduto alla favola dell’incitamento alla manifestazione per far decadere un legittimo presidente. Molti hanno accusato, senza giri di parole, i leader della MUD di voler strumentalizzare una libera manifestazione nelle piazze della capitale per dar vinta a scontri, anche violenti.
La grande massa in rosso si stringe, al contrario, accanto al suo presidente e al suo entourage.
In tutti questi mesi, specie dopo l’ascesa al potere di Mauricio Macri e quindi la vittoria delle destre conservatrici e neoliberiste in Argentina, il Venezuela ha vissuto un periodo di enormi difficoltà economiche e sociali, in cui le classi medio-alte hanno tentato in ogni modo di regalare all’estero immagini di un Paese povero, distrutto dalla politica socialista chavista e post-chavista. La polizia di Stato è riuscita a identificare centinaia di container, supermercati e garage stracolmi di cibo, riservato alle famiglie ricche del Paese e tolto di proposito alla popolazione. Una intensa attività, da parte delle multinazionali per appoggiare l’opposizione. D’altronde non sarebbe la prima volta che in America Latina viene adottata la tattica dell’affamare le donne, gli uomini e i bambini e consegnare al mondo un’immagine del Paese poco gratificante, tale da poter giustificare un colpo di Stato.
L’intelligence, unitamente alle forze di polizia, ha per fortuna sventato un piano terrificante: vi era la volontà di riproporre quanto accaduto nel 2002, col golpe che, per qualche ora, destituì Hugo Chávez Frías dal suo ruolo di Capo di Stato. È stato scoperto un covo di 96 paramilitari colombiani, a 500 metri dal palazzo del Governo, Miraflores, i quali possedevano armi da fuoco che, con ogni probabilità, avrebbero utilizzato per uccidere cittadine e cittadini venezuelani e addossare le colpe allo Stato. Invitiamo chi volesse farsi un’idea di questo tipo di modalità di golpe, di guardare un documentario dal titolo “Puente Llaguno. Claves de una massacre” e rendersi conto del pericolo che il Paese ha corso negli ultimi giorni.
Nelle conferenze stampa immediate dopo l’accaduto, il ministro degli Esteri, Delcy Rodríguez, ha spiegato nei minimi particolari come, per tutto il mese di agosto, la MUD ha insistito sul convocare questa manifestazione indicando l’1 di settembre come l’ultimo giorno del governo Maduro. Peccato che nessuna manifestazione possa, per legge, decidere la destituzione di un legittimo governo, come ha dichiarato il ministro degli Esteri ma, al contrario, si è voluto strumentalizzare un diritto dei cittadini, che è quello di poter manifestare pacificamente.
Come già detto, la gran parte dei venezuelani non ha risposto alla chiamata della MUD, che invece ha trovato una utile eco negli apparati mediatici internazionali, anche italiani, che hanno mostrato l’ “immensa moltitudine” degli oppositori del governo Maduro, dichiarandolo oramai al capolinea, dimenticando però di mostrare le immagini relative all’immensa – quella sì – moltitudine riunita presso il Palazzo di Miraflores per appoggiare il suo presidente (“Io stesso non credevo ai miei occhi”, ha affermato dinanzi alle telecamere di Venezolana de Televisión un commosso Maduro). O addirittura commettendo gravi strafalcioni, come quello del giornale francese che ha scambiato le foto dell’una e dell’altra manifestazione.
Il Governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela è abituato a questo trattamento da parte dei media praticamente dal 1999, data dell’ascesa al potere del comandante Hugo Chávez Frías. Con la sua morte e l’avvento del suo successore, Nicolás Maduro, gli attacchi sono divenuti ancora più violenti e si sono cibati delle spinte reazionarie avvertite nel subcontinente e che hanno prodotti i primi cambiamenti, come la vittoria di Macri in Argentina e il colpo di Stato contro Dilma Rousseff in Brasile. Sebbene l’esperienza politica bolivariana non può assolutamente essere paragonata né a quella socialista brasiliana né a quella peronista di sinistra argentina, sarebbe impossibile non scorgere una continuità temporale d’intenti tra gli avvenimenti che nell’ultimo periodo hanno attraversato il continente. Tale continuità si dirige inoltre verso altri Paesi interessati ad esperienze socialiste, o comuniste, che il potere reazionario neoimperialista tenta di bloccare, paventando atti reazionari violenti. In questi ultimi anni Paesi latinoamericani come l’Honduras, l’Ecuador, la Bolivia sono stati sotto il mirino di tentativi di golpe, più o meno apertamente dichiarati, ed alcuni anche riusciti, come nel caso dell’Honduras e la destituzione forzata di Manuel Zelaya.
Le forze socialiste sono state chiamate, perciò, alla consapevolezza che – ancora una volta nella storia, e nella storia dell’America Latina in particolare – i legittimi governi votati attraverso procedure democratiche possono esser atterrati da procedure per nulla democratiche ma accettate dalle potenze mondiali, che (escludendo qualche rara eccezione) hanno riconosciuto i leader golpisti e non ne hanno sconfessato il potere.
Compito, dunque, dei comunisti di tutto il mondo è innanzitutto denunciare questo stato di cose e pretendere che ogni Paese che si dichiari democratico e rispettoso delle decisioni dei popoli prenda le distanze da questi illegittimi presidenti, che governano i loro Paesi sotto l’egida delle grandi corporazioni finanziarie, che grazie a essi fanno grandi affari a costi bassissimi.
Compito dei comunisti è unirsi a livello internazionale, costituire un punto di riferimento per le donne e gli uomini che chiedono giustizia e rispetto delle leggi fondamentali. Compito dei comunisti è rafforzare quell’internazionalismo che a causa del loro indebolimento si è, di conseguenza, indebolito.
“Più che parlare di disfatta della destra, dobbiamo parlare della vittoria, del trionfo della pace e della dimostrazione del fatto che qui esiste un Governo, che abbiamo un Presidente, un Capo di Stato che attraverso l’intelligenza, il lavoro che gli è proprio, è riuscito a contenere qualsiasi azione violenta che volessero realizzare”. Queste le parole della deputata per il Bloque de la Patria (Blocco Patriottico), Aloha Núñez. Sappiamo di certo che le destre non si fermeranno, che altri colpi di Stato saranno tentati, in Venezuela e altrove. E qui, come altrove, la prossima volta il risultato potrebbe essere diametralmente opposto.
Dinanzi a questa guerra sotterranea e continua, Il Partito Comunista Italiano auspica l’unità e la fermezza di tutti i partiti comunisti del mondo, e offre la propria solidarietà e il proprio appoggio ai partiti comunisti latinoamericani. Affermiamo la necessità per tutte le compagne e i compagni nel mondo, di mantenere l’attenzione altissima sui cambiamenti sociali, oltre che politici, di canalizzare l’intervento di ognuno fra le pieghe della società, ove la miseria e le disuguaglianze generano quello scollamento e quella debolezza delle classi popolari che favoriscono l’ascesa e la vittoria delle incontrollate oligarchie economico-politiche.
“La libertà senza uguaglianza non ha senso”, Hugo Chávez Frías
Viva il Venezuela!
Viva il Socialismo del Secolo XXI!
buonasera, capisco la difficoltà di fare giornalismo imparziale in questa storia, soprattutto per chi crede con il cuore nel comunismo, ma, essendo venezuelana (SI, anche dell’opposizione che nn è tutta oligarca come alcuni da queste parti pensano), mi sento nell’obbligo di fare luce su un discorso fondamentale dimenticato tra queste righe. L’obiettivo della manifestazione del 1 settembre nn era creare una guerra civile, era invece quello di fare pressione per avere dal Consiglio Nazionale Elettorale una data per il Referendum Revocatorio del mandato nefasto di Maduro, previsto dagli art. 72 e 233 della costituzione venezuelana, a seguito della raccolta di un numero di firme corrispondenti al 1% della popolazione iscritta al registro elettorale. Il meccanismo della raccolta è stato attivato lo scorso 26 aprile ed è stato superato tale 1%. Da allora attendiamo la data del Referendum che determinerebbe finalmente la possibilità di andare a ELEZIONI. Nel frattempo il paese cade ogni giorno in una crisi umanitaria ed economica più profonda… e Maduro, incapace di governare, così come di sottoporsi a questo processo pre-elettorale per paura di perdere il tanto caro POTERE, continua a cercare sotterfugi improbabili, con la speranza di arrivare al 10 gennaio, giorno in cui la raccolta di firme fatta ad aprile perde validità in base a quanto previsto sempre dalla costituzione. Per l’appunto, all’epoca Chavez accettò di andare al Referendum, previsto dalla costituzione che lui stesso riformò. RIFLESSIONE 1: se quella enorme massa di persone vestite con le t-shirt bianche (nella manifestazione dell’opposizione), che ogni giorno (come quelli della t-shirt rosse) combattono per trovare gli alimenti razionati, i prodotti di igiene personale e i medicinali; che inoltre subiscono le azioni di una criminalità completamente impune, il confronto con forze dell’ordine meno affidabili che gli stessi delinquenti, i continui blackOut della rete elettrica, i problemi con la distribuzione dell’acqua… > SE I VENEZUELANI FOSSERO SOTTO AL MANDATO DI UNO STATO CON UN MINIMO DI RISPETTO PER I DIRITTI UMANI E DI CAPACITà DI GESTIONE, ANDAVANO A PERDERE IL TEMPO MIGLIAIA DI LORO MANIFESTANDO DISAPPUNTO E DESIDERIO DI CAMBIO? RIFLESSIONE 2: SE FOSSERO TUTTI BENESTANTI (come affermate), perché mai contestano?.
Señora Giusi… dove vive lei??? a Caracas o Roma???