di Nicolò Monti, Comitato Centrale PCI, Segreteria nazionale FGCI (da ‘L’Antidiplomatico’)
La vittoria di Donald Trump ha scatenato in tanti ambienti della politica e dei media italiani la paura di un Trump italiano, di un presidente del consiglio autoritario e dittatore. Mettendo da parte le opinioni che ognuno di noi ha su Renzi e su altri premier, possiamo ricordare a tali ambienti che la nostra Costituzione ha sempre difeso il paese dall’autoritarismo e continuerà a farlo, se rimane così com’è. L’esempio più chiaro che possiamo prendere è la legge elettorale, quel proporzionale puro tanto vituperato che garantiva la piena rappresentanza del popolo nelle istituzioni.
Per avere la maggioranza assoluta bisognava prendere il 51% dei voti. Non essendo prevista la formazione di coalizioni doveva essere il singolo partito a prendere i voti per arrivare al 51%, molto difficile quindi governare da soli, ma questa difficoltà non è un caso.
I padri costituenti, reduci da una guerra sanguinaria contro il fascismo, per eliminare ogni pericolo di svolte autoritarie scelsero un sistema che favoriva la rappresentanza del popolo nelle istituzioni. In questo modo i partiti dovevano mettersi d’accordo sui programmi e le proposte, confrontarsi, trattare, dialogare per poi governare. Questo sistema ha garantito uno sviluppo economico e sociale nel paese senza eguali per decenni.
Alla fine della Prima Repubblica, una delle critiche maggiori fu contro la legge elettorale, che, secondo i “nuovi” partiti che stavano nascendo, produceva solo l’inciucio perenne, il ricatto continuo dei piccoli partiti e continue cadute dei governi. Bisognava far fuori i partiti piccoli e garantire la governabilità. Ma torniamo indietro al 1976. Elezioni:
Come si può facilmente notare, l’affluenza è altissima, più del 93%. Da soli la DC e il PCI rappresentavano 26.824.169 cittadini, gli altri partiti che entrarono in parlamento raccolsero in tutto 9.796.395 voti. I cittadini rappresentati nel parlamento della Repubblica erano 36.620.564 suddivisi in 11 partiti. In quella tornata elettorale, come già detto, votarono la quasi totalità degli aventi diritto, ben 37.775.090 su 40.426.658, solo 1.154.526 di cittadini rimasero senza rappresentanza, appena il 3,05%. Questa possiamo tranquillamente chiamarla democrazia parlamentare, dove governabilità e rappresentanza sono garantite e garantita allo stesso modo è la stabilità politica e istituzionale del nostro paese, senza alcun pericolo di derive autoritarie, che eppure sono state tentate ma senza alcun successo (finora).
Facciamo un salto di 40 anni e arriviamo al 2016, dove la parola d’ordine è governabilità a tutti i costi, ma in che modo? Semplice, elaborando leggi elettorali (come l’Italicum) che tolgono rappresentanza a favore della governabilità. Un unico partito che con meno del 30% dei voti validi prende (anche se col ballottaggio) la maggioranza assoluta dei deputati e, se passerà il no al referendum, dei senatori, cosicché la governabilità tanto ambita è fatta e garantita.
Sciorinati tutti i dati, il messaggio è questo: i padri costituenti, nello scrivere la costituzione, avevano la mente proiettata a 50, 100 anni. La legge elettorale proporzionale pura, il bicameralismo perfetto e l’allontanamento di ogni idea di presidenzialismo hanno avuto ed hanno tutt’ora il compito di frenare ogni deriva autoritaria, un vero e proprio meccanismo di auto difesa della democrazia.
Se c’è la paura di un Trump italiano, come tanti giornali paventano, votare no al referendum costituzionale significa scacciare questa paura. Chiediamo poi al parlamento, una legge elettorale proporzionale pura, senza premi di maggioranza, senza sbarramenti, affinché gli ingranaggi di difesa della democrazia tornino a funzionare. Se invece la politica nostrana continuerà sulla strada della mitica governabilità, vorrà dire che la paura di un premier autoritario, uomo solo al comando, è pura menzogna e quindi una volontà politica ben precisa.