NON SOLO TRUMP…Vittorie popolari in Bulgaria e in Moldavia.

di Norberto Natali, comitato centrale PCI – dipartimento esteri

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In questo novembre 2016 ci sono state anche significative elezioni presidenziali in due paesi : Bulgaria e Moldavia, il primo membro dell’Unione europea, il secondo firmatario di un accordo di Associazione con l’Ue.

Si tratta, nel complesso, di 10 milioni (o poco più) di elettori ma le ripercussioni sono molto più importanti del semplice dato numerico. La stampa borghese si è molto allarmata e ha gridato alla vittoria dei “filo-russi” nei due paesi. In realtà, è stata una sonora sconfitta (che mette a repentaglio anche i piani espansionistici ed aggressivi della NATO) dei burattini politici locali della Ue.

Ricapitoliamo alcuni fatti.

Il 6 novembre si è votato per il primo turno delle presidenziali bulgare, nel quale hanno votato circa il 55% dei 7 milioni di elettori.

Una coalizione comprendente l’Unione dei Comunisti Bulgari, il Partito Socialista ed altre forze politiche come, per esempio, il Partito Ecoglasnost (ecologia e trasparenza) ha sostenuto una candidatura indipendente, non collegata a partiti. Si tratta del generale Rumen Radev con il quale era candidata come vicepresidente Iliana Yotova. Questo schieramento ha ottenuto il primo posto con il 25,4% dei voti.

Al secondo posto è risultata la candidata del partito di destra al governo, il GERB, la cui sigla si può tradurre, significativamente, come “Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria”. La signora Tsacheva ha ottenuto il 22% dei consensi.

Terzo si è piazzato il candidato nazionalista Karakachanov con il 15%. A seguire, altri diciotto candidati, di varia collocazione, il cui risultato si pone tra l’11% circa e poco più dello 0.

Il 13 novembre si è svolto il ballottaggio, la cui affluenza è stata simile a quella del primo turno.

Il generale Radev ha ottenuto il 59,4% dei voti, la candidata governativa il 36,1% e le schede bianche sono state il 4,5%.

Visto che nome il partito di governo? Per lo “SVILUPPO EUROPEO”, altro che vittoria dei “filo-russi”! Si tratta, invece, di un’importante battuta d’arresto per i disegni di dominazione della Ue e della NATO che mirano a fare della Bulgaria un proprio servizievole vassallo.

Questo risultato, di conseguenza, rappresenta anche un preciso pronunciamento contro le politiche di discriminazione e provocazione contro la Russia. Nell’appello finale per il voto al generale Radev, infatti, l’Unione dei Comunisti Bulgari, l’8 novembre scorso, ha messo in rilievo innanzitutto tre motivi: battersi per la sovranità bulgara; sospendere le inique e costose sanzioni contro la Russia; contribuire al risveglio dello spirito nazionale.

Secondo i compagni bulgari, la presidenza Radev può garantire una migliore democratizzazione delle istituzioni del paese e -soprattutto- la salvaguardia e la promozione degli interessi dei lavoratori e dei ceti più poveri della società bulgara.

Adesso il governo “filo-europeo” di Borisov (del GERB) dovrà vedersela con questa nuova situazione ed i suoi significati.

Il 30 ottobre si è votato anche per eleggere il Presidente della Moldavia, per la prima volta in vent’anni.

Qui, anche più che in Bulgaria, sono state dispensate ingenti somme per sostenere una campagna elettorale ricca ed invasiva, a favore della candidata più congeniale agli interessi della UE e della NATO. Il Presidente uscente di destra, Timofti, eletto per la “Alleanza per l’Integrazione Europea” (!) ha passato il testimone alla candidata filo-USA Maia Sandu (per “Azione e solidarietà”), già ministro dell’Istruzione nel governo di destra, la quale ha raccolto il 38,7% dei consensi.

Malgrado tutto, è risultato primo il candidato socialista (del PSRM) Igor Dodon con il 48% dei voti.

Al terzo posto si è collocato il candidato centrista Ciubasenco con il 6%. Altri sei candidati hanno riscosso percentuali minime.

Al secondo turno, il 13 novembre, il socialista Dodon ha preso il 52,1% mentre l’erede del presidente di destra uscente il 47,9%.

Nel valutare i reali rapporti di forza, si tenga conto però che l’importante Partito Comunista (PCRM) non ha partecipato al voto. L’affluenza al primo turno, infatti, è stata del 49% a fronte del 62% dei votanti che si registrò, per esempio, nelle elezioni politiche del 2009, quando vinsero i comunisti.

Il Presidente del PCRM, il compagno Voronin (già Presidente della Repubblica) in un discorso del 9 settembre scorso ha illustrato i motivi di questa scelta. Secondo i compagni moldavi, la decisione di eleggere direttamente il Capo dello Stato (mentre per vent’anni era stato scelto dal Parlamento, come qui in Italia) è un atto illegale che non può essere legittimato in alcun modo. Neanche partecipando al voto.

Letteralmente, Voronin ha detto che loro avrebbero potuto esprimere dei candidati ma “la legge viene al di sopra di ogni altra cosa”. Probabilmente, i compagni moldavi temono che con questa svolta presidenzialista “all’americana” (malgrado la vittoria socialista) si prepari un futuro molto pericoloso per la Moldavia.

Inoltre, i compagni del PCRM non ritengono vi siano motivi per appoggiare Dodon. Si tratta di un ex dirigente comunista che ha trad… pardon lasciato il Partito cinque anni fa, per divenire in seguito presidente dei socialisti. Deduco che i compagni moldavi considerino il neopresidente una sorta di Tsipras locale, il quale potrebbe, in seguito, dare cocenti delusioni ai suoi elettori.

Tuttavia, noi sappiamo bene che un conto sono Tsipras (o eventualmente Dodon), altro conto sono i motivi ed i significati con i quali vengono (in certi casi) sostenuti dal voto di importanti masse popolari. A prescindere da ciò che farà Dodon (speriamo che sia fermo e coerente), la sua è una vittoria delle masse che non vogliono soccombere alla prepotenza dell’imperialismo, rassegnarsi al vassallaggio e subire le macchinazioni dei guerrafondai (tanto più se si tiene conto che ai risultati elettorali mancava l’apporto comunista).

Perciò non vi è alcuna contraddizione tra la nostra fraterna solidarietà con il Partito Comunista Moldavo e la soddisfazione per i recenti risultati presidenziali di quel paese.

In ogni caso, anche questi due piccoli episodi europei confermano come -per la cause della pace, della democrazia, della libertà dei lavoratori- sia essenziale la presenza del Partito Comunista e la necessità che esso si accresca e rafforzi costantemente.

 

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