di Dipartimento Comunicazione PCI
In questi ultimi giorni di campagna dobbiamo pensare a come rendere realmente produttiva la nostra propaganda, bisogna privilegiare i fini sui mezzi ovvero tendere a conquistare i voti degli indecisi tra coloro che possiamo raggiungere e recuperare al No coloro che intendono astenersi.
C’è tanta gente che è disinformata e indifferente nei riguardi del referendum, molti che sono orientati a non votare e molti, anche tra le nostre classi di riferimento, orientati a votare Sì a causa del bombardamento mediatico che sostiene il sì, da un lato come se fosse una spinta decisa per il cambiamento, per modernizzare l’Italia, dall’altro quale fosse un fattore di indebolimento della ‘casta’ e dei relativi privilegi.
E’ vero che noi abbiamo fortissime ragioni di merito ma dobbiamo anche demolire e rovesciare le false motivazioni del Sì.
Occorre, quindi, che siamo attrezzati per ‘dialogare’ con la gente, sia direttamente, sia attraverso i social media, al fine di ‘smascherare’ quella che è solo propaganda.
Questo referendum deciderà il metodo, le procedure atte a snellire gli organi che devono legiferare, a velocizzare e semplificare le operazioni parlamentari, ecc.
I sostenitori del sì, però, non ci dicono come intendono utilizzare queste nuove procedure ma soprattutto non dicono per FARE CHE COSA. Aumenteranno o no (con decisioni più veloci e meno parlamentari) i salari e le pensioni? Ci sarà una più rigorosa difesa della natura, del suolo, ecc. o continuerà la devastazione, la speculazione edilizia e così via? Sarà ripristinato il diritto alla tutela gratuita della salute o si continuerà con un degrado della sanità che tutti lamentano e che ha perfino visto aumentare la mortalità?
Questi interrogativi si possono porre su tutte le questioni più salienti che riguardano gli interessi e la vita concreta delle persone.
Volendo parlare per metafore, è come se si facesse un referendum sul telecomando: c’è chi propone di sostituire quello che abbiamo con uno più maneggevole, più veloce nel cambiare i canali ma non si parla mai delle trasmissioni, ovvero dei programmi televisivi che dovremmo guardare con questo telecomando migliore, più nuovo e moderno. Tanto silenzio sui programmi e tanto affannoso accanimento, invece, sul cambio del mezzo per girare canale.. dovrebbero già far riflettere.
Non è che il telecomando serve per obbligarci a vedere delle trasmissioni tanto brutte che è bene evitare di parlarne e che sostituiranno quelle che oggi guardiamo volentieri?
E’ necessario, invece, legare il referendum alle enormi questioni sociali e salariali aperte in questo paese e delle quali, ovviamente, nessuno nel main stream fa menzione. Quale sanità, quali salari, quali tutele, quali scelte industriali per il paese con quella riforma?
Da qualche tempo è tutto un susseguirsi di annunci di bonus, chiusura di Equitalia con rinuncia di interessi, pensioni anticipate, migliaia di assunzioni, ultimamente, addirittura, si è inscenato un falso braccio di ferro con l’UE. E’ evidente che questi sono strumenti di propaganda per aiutare la vittoria del SI, d’altra parte Renzi disse che se avesse perso il referendum non sarebbe rimasto al governo. E’, quindi, normale che il governo faccia tutto ciò che è in suo potere per vincere.
Tutti riconoscono che le misure suddette costano miliardi. La domanda che dobbiamo porci e porre al fronte avversario è: perché spendono miliardi “solo” per risparmiare 50 milioni di cosiddetti “costi della politica”? Basterebbe acquistare un F 35 in meno per avere un risparmio pari a quello che la riforma costituzionale otterrebbe in 10/15 anni.
E’ allora del tutto evidente che la vittoria del Sì certamente non serve a ridurre i “costi della politica” ma ha ben altri obiettivi, che -appunto- non vengono detti esplicitamente.
Del resto il potere finanziario e politico internazionale è in blocco schierato per il Sì, perfino in modo eclatante o inusuale: Obama, esponenti della UE, la Confindustria, singoli monopolisti finanziari, nonché quegli organi di stampa (e simili) notoriamente espressione degli interessi del grande potere economico internazionale (come il Financial Times).
Possibile che tutte queste forze si affannino tanto solo per ridurre di un misero 20% il numero dei nostri parlamentari e farci risparmiare un euro a testa all’anno sui “costi della politica”? No, perciò è bene indagare su quali siano, invece, davvero i loro interessi.
Ce n’è abbastanza per sospettare che i veri potenti (ai quali oggi i parlamentari, nella stragrande maggioranza, rispondono) escano rafforzati dalla vittoria del Sì: i burattinai sacrificano qualche burattino per avere più potere e profitti.
A questo proposito è necessario sottolineare che sul versante del NO non si registra la presenza di banchieri, industriali, esponenti del grande potere finanziario internazionale.
Quando il fronte del Sì ci accusa per la variegata composizione del fronte del NO, nel quale si trovano anche forze contrapposte, dobbiamo rivendicare con la diversità dell’analisi, l’autonomia della nostra campagna e rispondere che loro, in effetti, non sono tanto eterogenei come il nostro campo: chi vuole la vittoria del Sì sta da una parte sola: quella del potere, che vuole umiliare la democrazia del nostro paese e con essa il lavoro, azzerando, quindi, il diritto al futuro dei nostri giovani.
Per farsi un’idea di come andrà a finire se vince il Sì, consideriamo che c’è una parte notevole della Costituzione che non è mai stata applicata o, comunque, non si realizza oggi nella vita concreta.
Oltre all’articolo 1 basta ricordare il 2, il 4 e alcuni per esempio compresi tra il 30 e il 38. Si tratta, fra l’altro, del compito per lo Stato di rimuovere ogni ostacolo alla piena uguaglianza dei cittadini, di assicurare il libero e pieno svolgimento della personalità umana, della facoltà di confiscare di beni privati quando è preminente l’interesse collettivo di cittadini e lavoratori.
La Costituzione stabilisce che le retribuzioni dei lavoratori devono assicurare una vita libera e dignitosa.
E’ strano che si consideri vecchio e obsoleto ciò che (foss’anche essere un’automobile) non si è mai utilizzato. In ogni caso, la vittoria del Sì non servirà certamente a realizzare la parte “abbandonata” della Costituzione, anzi servirà ad allontanarci ancor di più dai valori e dai contenuti costituzionali di cui sopra.
A proposito della maggiore velocità nell’approvare le leggi (posto che rimane intatto l’interrogativo su QUALI leggi e per fare CHE COSA) nel caso di vittoria del Sì, si ricordi che l’odiosa legge Fornero è stata approvata in 19 giorni e che la stessa maggioranza renziana, negli ultimi due anni, ha approvato rapidamente -vantandosene apertamente- diversi provvedimenti ignobili, ricorrendo anche ai voti di fiducia e alle nuove norme “canguro” che consentono di eliminare tutti gli emendamenti.
Quello che è certo è che il nesso tra riforma e leggi elettorali maggioritarie renderà concreta la possibilità che un ristrettissimo gruppo di potere -benché sostenuto da un’esigua minoranza di elettori- possa “nominare” una grande maggioranza di parlamentari, i quali decidono il presidente della repubblica, parte dei componenti della corte costituzionale e parte dei componenti del CSM, di cui presidente è il solito capo dello stato, che a sua volta nomina il vicepresidente (dirigente effettivo del CSM).
Insomma, una ristrettissima élite avrebbe saldo in mano tutto il potere, privo di qualsiasi controllo o contrappeso (poiché in grado di condizionare gli appositi organi costituzionali) e da questa posizione avrebbe la possibilità di cambiare ulteriormente la Costituzione, impunemente, compresi i principi fondamentali, anche attraverso il potere che con quei numeri eserciterebbe sui mezzi di informazione.
Alla luce di queste ultime questioni, è assai più inquietante considerare che siamo ad un referendum su modifiche alla Costituzione decise da un governo “non eletto”, approvate da un parlamento incostituzionale, in cui ha la maggioranza (illegittima) un partito che non aveva nel suo programma queste modifiche.
La verità è che con il Sì c’è l’evidente pericolo del NON RITORNO. Esattamente il contrario della propaganda renziana secondo cui con la “deforma” si cambia finalmente il paese mentre con il NO non si rinnoverà mai più nulla. Se vince il Sì, invece, c’è il pericolo che NON SI POSSA TORNARE INDIETRO, sia rispetto a un determinato gruppo di potere, sia rispetto ai contenuti e alle condizioni precarie di vita da esso imposte a chi lavora e a chi è in difficoltà.
Un sistema di potere così pericoloso e accentrato, potrà dipendere -almeno inizialmente- da un piccolissimo numero di elettori. Basti ricordare che il recente ballottaggio per il sindaco di Milano, per esempio, è stato deciso da 1/100 circa dell’elettorato. Chi è in grado di condizionare (illegittimamente e illegalmente) anche solo 1/100 degli elettori, potrà decidere chi vincerà le elezioni e prenderà quel tipo di potere voluto dalla “deforma”.
Dopo la vittoria del Sì sarà senza precedenti il pericolo che poteri criminali possano decidere le sorti del paese. Non risulta che esponenti mafiosi, al momento, si siano espressi sul referendum -a differenza del presidente Obama, di banchieri, di finanzieri, ecc.- ma possiamo immaginare come voteranno e soprattutto come ‘faranno votare’. Il pericolo di NON RITORNO è che vada al potere un ristrettissimo gruppo (con un “capetto”) condizionato da poteri criminali e che sia un fantoccio di potenze straniere o sovranazionali che usano tale gruppo per calpestare l’autonomia di questo paese e fare i propri comodi a spese delle sue risorse. Il voto al NO è un gesto che vale, dunque, anche per la difesa dell’indipendenza e della libertà dell’Italia. Del resto per avere un’idea di quello che ci aspetterebbe basta accennare al TTIP, al pericolo di sottrazione alla giustizia italiana della giurisdizione sulle grandi multinazionali, o ricordare il caso che ha coinvolto la ministra Guidi e che riguarda la corruzione operata da industrie petrolifere straniere, senza dimenticare la costante espropriazione del nostro apparato produttivo: solo recentemente 400 grandi imprese sono finite in mani straniere.
Il tema della privazione della sovranità nazionale è tristemente attuale, infatti la modifica di ‘certe costituzioni’ è stata esplicitamente richiesta dalla J.P. Morgan e burocrati della UE hanno già imposto gravi ed ingiusti sacrifici (tra i quali la legge Fornero del luglio 2011) per i quali hanno indicato anche le PROCEDURE (guarda un po’!) parlamentari da seguire. Non possiamo, noi comunisti, accettare che l’Italia sia ridotta a colonia, sia pure di tipo nuovo, attraverso una costituzione compatibile ai dettami di UE e J.P. Morgan.
Per tutti i motivi fin qui ricordati, è la vittoria del NO il vero colpo ai vecchi equilibri ed interessi, ai potenti e ai privilegi, l’unico risultato che potrebbe (sia pure non da solo) contribuire ad una ventata di rinnovamento. Chi vuole tenere aperta la strada al nuovo e al cambiamento deve votare e votare NO anziché credere alla propaganda del Sì.
[…] SPUNTI PER L’ULTIMO SCORCIO DI CAMPAGNA REFERENDARIA […]