DAL RISCATTO DEL SUD, CAMPANE A MORTO PER RENZI, OLIVERIO E SOCI

MICHELANGELO TRIPODI, Segreteria Nazionale – Responsabile  Mezzogiorno del PCI

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Domenica 4 dicembre il popolo italiano ha parlato chiaro e in modo inequivocabile. Il NO ha stravinto, raggiungendo in Italia il 60 % dei votanti con oltre 19 milioni di voti a difesa della democrazia e per salvare la Costituzione.

Renzi è stato travolto dalla valanga di NO ed è stato costretto ad annunciare le sue dimissioni che sollecitiamo vengano al più presto formalizzate.

E’ stata una risposta di libertà quella che il popolo italiano ha avuto la forza e la capacità di esprimere nonostante le pressioni inaudite, i ricatti, il terrorismo economico e il clima di paura che si è tentato di innescare da parte di Renzi e del PD per intorbidire le acque e per impedire una consultazione libera da condizionamenti di sorta.

Nel bellissimo e straordinario voto italiano si distingue il meraviglioso risultato del Mezzogiorno.

Nel voto al Referendum del 4 dicembre 2016 il Mezzogiorno dopo 70 anni si è riscattato dal voto a favore della Monarchia che aveva espresso il 2 giugno 1946 e che allora aveva rischiato di fermare l’avvento della Repubblica.

In un Referendum che aveva quasi la stessa importanza il Sud ha fatto finalmente una scelta libera e consapevole, esprimendo dignità e voglia di riscatto e di partecipazione. Sono state respinte al mittente le promesse false che Renzi e i suoi ascari meridionali da De Luca a Oliverio fino a Falcomatà, hanno fatto a piene mani in questi mesi di campagna referendaria per imbrogliare i cittadini.

Il NO del SUD raggiunge e supera il 70 % ed è la punta avanzata di una grande spallata popolare anche in considerazione della massiccia partecipazione al voto quale da moltissimi anni non si registrava nel nostro paese e nel Sud.

Occorrerà riflettere su questo risultato e approfondire con attenzione l’analisi del voto  anche per i riflessi di grandissimo valore che esso ha sul piano politico. Fin da ora possiamo affermare che c’è in Italia e particolarmente nel mezzogiorno una spinta al cambiamento, al superamento delle politiche di austerità e di liberismo selvaggio degli ultimi 25 anni e la richiesta forte di politiche sociali improntate a principi di equità, giustizia sociale e uguaglianza per rimettere al centro il lavoro, il mezzogiorno, la sanità, la scuola, i salari, i giovani e lo stato sociale.

In questo contesto non si può sottacere il dato del voto della Calabria.

In questi mesi in Calabria c’è stato un vero e proprio arrembaggio di esponenti grandi e piccoli del PD e di NCD, di uomini di governo e di semplici della maggioranza. Sono arrivati tutti in Calabria: Renzi, Boschi, Martina, Orlando, Alfano, Poletti, Delrio, Lorenzin, Madia, De Vincenti, Lotti, Paolucci, Ferri e tanti altri ancora. Renzi ha perfino chiuso la sua campagna venerdi scorso a Reggio Calabria, facendosi il selfie con il sindaco di Reggio Falcomatà che già si sentiva senatore.

Ma i calabresi, con coraggio e dignità, hanno respinto questo assalto al voto fondato solo su promesse mirabolanti, tipo quella del ponte sullo stretto, che non hanno per nulla convinto perché in questi tre anni di governo, Renzi ha fatto solo chiacchiere, mentre sono cresciuti povertà e disoccupazione e le famiglie vivono in condizioni sociali sempre più disperate.

Per tutti costoro il voto calabrese è stato una catastrofe, ma è un totale disastro per il presidente della Regione Mario Oliverio che ha ricevuto una sberla che lo ha tramortito perché ha tradito tutti gli impegni e le promesse  elettorali e a due anni dalla sua plebiscitaria elezione è stato pesantemente bastonato dal voto del 4 dicembre con il quale il popolo calabrese ha fatto suonare campane a morto sul suo futuro politico.

Il voto calabrese è chiarissimo e dice una cosa precisa: Oliverio si dimetta e lasci il campo libero senza continuare a fare danni nella nostra regione e la smetta di affossare la Calabria con la sua presenza deleteria.

Reggio Calabria, 07/12/2016

 

 

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