La questione siriana, il Medio Oriente e l’attacco imperialista

di Juri Carlucci, PCI Frosinone

Il Partito comunista italiano della Federazione di Frosinone, insieme al Dipartimento esteri, ha chiamato a raccolta i tanti militanti e amici nella sala del Consiglio provinciale del capoluogo ciociaro per discutere della questione siriana e dell’attacco imperialista, a sei anni dall’inizio delle ostilità. Ha presieduto l’incontro il Segretario della Federazione Oreste della Posta che, tra l’altro, anima in provincia gruppi di solidarietà con la Siria e il popolo siriano, insieme ad alcune associazioni. Sono giunti i saluti dell’Amministrazione provinciale dal presidente del Consiglio Luigi Vacana che ha seguito tutto il convegno con molto interesse.  La relazione introduttiva è stata tenuta dal compagno Juri Carlucci del Dipartimento esteri: prima di illustrare quattro cartelle dense di riferimenti e dati ha voluto rendere omaggio con sentimenti di cordoglio, a nome del Partito tutto, per la scomparsa dell’Arcivescovo Hilarion Capucci, aleppino, uomo di forte tempra, immensa cultura, un rivoluzionario, sempre a fianco del popolo palestinese, che ha profondamente amato e per il quale si è battuto sino a sfidare il carcere israeliano, convinto difensore della sua Siria, che ha visto bruciare nelle fiamme del conflitto negli ultimi anni della sua vita. L’introduzione, dunque, ha cercato di fornire una ricostruzione storica puntuale sulle cause che hanno scatenato la guerra civile in Siria e su quali Stati abbiano tramato nell’ombra per aizzare, all’inizio del 2011, una fazione contro l’altra e poi, in seguito e  surrettiziamente,  mosso bande di mercenari ben armati negli snodi strategici siriani quali Aleppo, Raqqa, Palmira, sino alla capitale Damasco; “La guerra in Siria – insiste Carlucci – ha raggiunto il suo apice nel momento in cui vaste aree di territorio e grandi città sono rimaste senza difesa, occupate dai “fedeli” al califfato e milioni di sfollati sono fuggiti verso la Turchia creando una tragedia umanitaria, che ha richiesto l’intervento della Russia su esplicito invito del Presidente Assad.”  Si coniuga ancora la guerra per procura tanto cara agli Stati Uniti: dopo Iraq e Libia doveva crollare la Siria per sostenere le monarchie del Golfo Persico che tentavano attraverso il rovesciamento di Damasco di “liberare la strada” ad una nuova pipeline che congiungesse il Qatar alla Turchia per diffondere negli hubs europei il gas del grande giacimento denominato North Dome. Guerra per il controllo delle risorse, ecco la causa vera della disputa, ma il mondo ha voluto credere spegnendo il cervello e accendendo il video, che si trattasse di un evento bellico, idealista, contro terrorismo e fanatismo religioso.

Il compagno Ugo Moro ha esposto così il suo punto di vista sulla questione siriana: “Verifichiamo in Siria Il tentativo di ripetere le metodologie già adottate in Jugoslavia, in Iraq ed in Libia, dividere per imporsi, dividere per speculare, travolgendo la volontà popolare ed utilizzando le differenze di fede religiosa. E’ l’imperialismo, non rassegnato al crollo del sistema colonialista mondiale iniziato con l’appello della Rivoluzione d’ottobre, di cui celebriamo il centenario, agli schiavi delle colonie perché “spezzassero le loro catene” e proseguito con la vittoria contro il tentativo tedesco-giapponese-italiano di riprendere la tradizione coloniale, che prosegue la sua atroce attività secondo una duplice modalità: in Palestina con la forma classica dell’espropriazione, della deportazione e della marginalizzazione del popolo oppresso, nel resto del mondo sotto le mentite sembianze dell’intervento umanitario, agitandone i vessilli ed arrogandosi il potere di scatenare, senza autorizzazioni ONU, guerre militari ed economiche.”

Il compagno libanese, Hassane Hassi, dell’Associazione Amici del Libano, con un intervento molto accorato ha voluto rendere onore ai tanti caduti nel suo Paese per le violenze e i bombardamenti del 2006 da parte dell’aviazione israeliana. Hassi ammette che fu un massacro il secondo conflitto con Israele ma dopo 33 giorni di guerra intensa Israele non ha piegato ne il Libano ne Hezbollah e da là in poi non ha avuto più la capacità di agire indisturbata. Ha chiuso il suo intervento richiamando tutti i presenti ha vedere sotto una luce nuova gli eventi degli ultimi anni: “Iran, Libia, Libano e Palestina sono – ha detto – asse della resistenza”. Dunque la guerra contro la Siria significava abbattere “l’ultimo baluardo antimperialista al sionismo”.

Prima che il rappresentante del movimento palestinese Fatah prendesse la parola ha voluto portare  il suo contributo al convegno il dirigente provinciale dell’ANPI Giovanni Morsillo. Ha ricordato le tante iniziative svolte negli ultimi anni sul territorio contro la guerra, per la pace tra i popoli  e, sopratutto, per ribadire che “non di neo-colonialismo si trattava ma di neo-imperialismo”. Ha chiuso il suo intervento affermando che l’Europa non ha una fisionomia politica nitida bensì  si presenti costantemente “a rimorchio degli Stati Uniti”.

Il compagno Bassan Saleh’ ha iniziato il suo intervento ringraziando l’Istituzione che ospitava il convegno e si è detto entusiasta della ricostruzione del Partito comunista italiano. Ha voluto porre l’accento su un accordo storico Sykes-Picot tra Inghilterra e Francia che cent’anni fa ridisegnò tutto il Medio Oriente dopo la sconfitta dell’Impero ottomano nella prima guerra mondiale. Si formò infine lo Stato di Israele (uno delle decine di stati nell’area mediorientale), per volere delle Nazioni unite ma così venne distrutta la Palestina. Oggi, aggiunge ” la causa palestinese è vittima della guerra tra stati arabi” ed è la storia che si ripete. Saleh’ ripercorrendo il Novecento ricerca ed indica gli strateghi della destabilizzazione nell’area: i Fratelli musulmani “una organizzazione internazionale che sta cercando la distruzione dei partiti arabi”; i Talebani “niente altro che formazioni che prendono le mosse dai servizi di sicurezza di mezzo mondo”. “Già Ben Gurion – sentenzia – scelse i suoi nemici per difendere lo stato di Israele nascente: Egitto, Siria  e Iraq tutti stati laici”.

L’impegnativo incontro dei comunisti sulla questione siriana ha visto infine le conclusioni del compagno Fosco Giannini responsabile del Dipartimento esteri. Giannini propone un motto filosofico per aprire: “le cose, in se, non esistono, esistono solo se si relazionano”. Affronta la fine storica dell’Unione sovietica, il 1991, come la saracinesca che si alza su una nuova epoca, l’epoca delle guerre imperialiste e dell’attacco neoliberista al mondo del lavoro. L’Urss cessa di esistere e con lei cade un grande baluardo all’imperialismo. Con il Trattato di Maastricht 25 anni fà si distrugge il welfare e si attaccano i salari. Cambia il vento e “lo spirito dei tempi”. Con l’invasione dell’Iraq la NATO guidata dagli Stati Uniti si fa soggetto “universale, planetario, bellico”. Gli stati vengono distrutti militarmente, annientati. Si attacca l’Iraq perché “Saddam ha posizioni antimperialiste  e non è manipolabile” e non perché ha armi di distruzione di massa come voleva far credere Tony Blair sbugiardato dalla Commissione Chilcot. E si attacca la Libia con un intervento militare inaudito e navi da 40 paesi non perché Gheddafi impone dura repressione alle manifestazioni ma perché Libia e Sud Africa trovarono un’asse di intesa economica per “ridistribuire ai popoli i ricavi dalla vendita delle risorse naturali”, con un progetto ambizioso “mettere in circolazione una moneta panafricana”. In Siria – ha continuato – “la tragedia della guerra ha portato quattro milioni di sfollati in altri stati e due milioni di persone senza una casa. La Russia ha aiutato la Siria bombardando jihadisti ed esercito libero siriano in base ai trattati di amicizia e militari sorti ai tempi dell’URSS”; la stessa amicizia che oggi vive tra Venezuela e Siria. Ciò significa che si sta formando “un fronte internazionale antimperialista”. Giannini chiude sulla Palestina ribadendo la “vicinanza al suo popolo”, una fedeltà che impegna tutto il Partito comunista italiano, una amicizia “che resta immutata”.

 

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