di Fosco Giannini, segreteria nazionale PCI, responsabile Dipartimento Esteri
“Si vis pacem, para bellum” ( se vuoi la pace prepara la guerra) è la famosa frase di Publio Flavio Vegezio, lo scrittore romano vissuto tra la seconda metà del IV secolo e il V secolo e autore, tra l’altro, dell’”Epitoma rei militaris”. La stampa nord americana riporta come in questi giorni Donald Trump stia usando spesso questa frase di Vegezio, in preparazione della proposta che porterà al Congresso e volta ad un forte ( “storico”, come si esprime lo stesso Trump) riarmo USA. Domenica 26 febbraio, a Washington, di fronte ai Governatori, Trump ha affermato esattamente : “ L’America va ricostruita e rafforzata, dopo decenni di politiche deboli, che hanno minato la nostra forza internazionale e la nostra sicurezza interna. Occorrerà un grande aumento dei fondi per rimettere in piedi la capacità militare degli USA, fortemente intaccata negli ultimi anni. Se vuoi la pace, prepara la guerra, come asseriva George Washington”. Abbiamo ricordato che, in verità non era Washington ad affermarlo, ma Vegezio, ma non si può certo chiedere a Trump la conoscenza della storia romana.
Ciò che conta, al di là del livello culturale del nuovo Presidente USA ( che non per niente, partendo da sé, non ha fatto fatica ad intercettare anche il consenso politico dei settori elettorali nordamericani più retrivi e rozzi), è che l’aumento di spese militari che presenterà al Congresso sarà di circa 54 miliardi di dollari, il 10% in più rispetto al recente passato ( e le ultime notizie che circolano parlano di un monte spesa persino più alto e molto più alto). Una cifra comunque colossale che, come scrive il New York Times, sarà probabilmente trovata attraverso i tagli all’Agenzia per la protezione dell’Ambiente e a quelli sui programmi di cooperazione e sostegno all’estero.
“Difendere gli americani” ( non si sa da cosa, poiché è del tutto evidente che sono, al contrario, i popoli del mondo a doversi difendere dagli americani, dall’imperialismo USA e dalla NATO) è stato il motto guida di tutta la campagna elettorale di Trump e ora il Presidente deve concretizzarlo. Da qui il Muro sul confine col Messico, il “ Muslim Ban”, il “ Muslim Ban bis” e ora il poderoso riarmo, un progetto militare in linea con la “volontà di potenza “ degli USA e di Trump; un riarmo che prevede – tra l’altro- un forte investimento nel campo delle armi nucleari.
Rispetto alle prime dichiarazioni di Trump ( dalla campagna elettorale ai primi giorni di Presidenza) ciò che va manifestandosi è il rapido abbandono di una politica volta “ad una nuova amicizia” con la Russia di Putin. E Lavrov, il ministro degli Esteri russo, se n’è accorto, e dura è già stata la sua risposta rispetto al progetto di riarmo USA : “ Se questa è la strada che sceglie Trump,la Russia non starà a guardare”. E’ come se il vero potere USA ( quello imperialista, quello del grande apparato industriale bellico) si fosse affrettato a mettere ordine nella confusione cerebrale di Trump, a rimetterlo in riga, a rimetterlo al guinzaglio. Ciò si è visto nei passi indietro che lo stesso Trump è stato costretto a fare in relazione alla sua supposta volontà di impegnarsi contro le sanzioni economiche alla Russia e ora si vede nel nuovo progetto militare strategico che inizia a delinearsi a partire dai 54 miliardi di dollari e più da investire nel rafforzamento militare USA.
La stampa nord americana ha iniziato a d anticipare i contenuti del Documento “anti Isis” che gli angeli custodi messi dal potere imperialista ai fianchi di Trump ( il capo del Pentagono James Mattis e il capo delle Forze Armate Joseph Dunford, due pitt-bull dell’apparato industriale bellico USA, incaricati di direzionare Trupm) hanno già preparato. In esso pare sia chiaramente contenuto – come “ elemento preliminare e necessario alla lotta contro l’Isis” – un progetto di azioni militari USA in Iraq e in Siria, con l’invio di soldati USA sui due fronti. Come dire: il disegno guerrafondaio di Hillary Clinton torna – attraverso i pitt-bull dell’Amministrazione USA – nella prassi di Trump.
Rispetto a tutto ciò, alla concreta e immutata spinta al riarmo e alla guerra degli USA, le timide speranze che Trump aveva suscitato in diverse aree internazionali progressiste e pacifiste ( a partire dalle originarie affermazioni di Trump volte a far credere ad un disimpegno USA in relazione alla NATO) si vanno già celermente spegnendo.
E rimangono le drammatiche verità che riprendono corpo sul terreno della concretezza storica e ideologica: primo, Trump non ha mai pensato che gli USA dovessero disimpegnarsi in relazione alla NATO: ha invece pensato – e ancor più oggi lo pensa, sotto lo sguardo ferreo dei pitt-bull a lui assegnati – che il minore impegno economico degli USA per la NATO debba essere “rimboccato” dagli alleati europei e che proprio le minori spese della Casa Bianca per l’Alleanza Atlantica possano permettere un nuovo e ingente spostamento di risorse verso il riarmo USA; secondo, le primissime dinamiche politiche in seno alla Casa Bianca dimostrano in modo esaustivo che il concreto potere economico USA ha già messo il bavaglio alle stravaganze di Trump, riconsegnandolo al ruolo tradizionale storico dei presidenti americani: quello di pupazzi dell’imperialismo yankee. Da questo punto di vista, a nulla è valsa l’autonomia economica di Trump; si diceva che la sua ricchezza personale lo avrebbe reso libero dalle pressioni dell’ establishment: rispetto al nocciolo duro del potere economico e politico USA un’altra illusione idealistica.
Chi ha creduto improvvidamente che Trump potesse essere – attraverso un suo ipotetico progetto protezionista e autarchico – meno pericoloso, ai fini della pace, dei tradizionali presidenti USA, ha per un attimo dimenticato la natura totalmente imperialista del potere nord americano. Ha dimenticato per un attimo cos’è l’imperialismo e – specificatamente – cos’è l’imperialismo USA: un potere immenso volto a dominare il mondo, a tentare di contenere il declino dell’egemonia economico- politica degli USA a livello mondiale attraverso la guerra continua e a dotarsi di autoctoni governi Quisling, di presidenti – fantocci genuflessi e dediti al proprio, totale, servizio.
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