di Ufficio Stampa
Modena, venerdì 3 marzo, un’assemblea molto attenta e partecipata ha discusso di Unione Europea, Nato ed “esercito europeo”. Tema introdotto brevemente dal segretario della Federazione Provinciale del PCI Mario Ori, che ha sottolineato come i comunisti siano sempre stati internazionalisti, ma proprio per il loro internazionalismo, declinato dal punto di vista dei lavoratori, mettono in discussione l’Unione Europea come è venuta a determinarsi storicamente, mero strumento del capitale transnazionale, ed una Nato che non ha alcuna funzione difensiva quanto piuttosto di gendarme delle multinazionali.
Selene Prodi, segretaria regionale del Partito, ha sottolineato il costo economico della partecipazione dell’Italia alla UE ed alla Nato: riguardo alla prima ha ricordato come l’Italia sia contributore netto, e come l’ipocrisia domini nel sistema, che chiama “fondo salvastati” un fondo alimentato dai cittadini degli Stati membri, e sul quale in caso di utilizzo gli Stati medesimi sono chiamati a pagare interessi; mentre per quanto riguarda la Nato è sufficiente sottolineare come le spese militari italiane, in stragrande maggioranza determinate dalla nostra partecipazione alla Nato, si aggirino su valori che variano, secondo le fonti, da 52 a 72 milioni di € al giorno (al netto delle missioni all’estero!), cifre comunque enormi a fronte delle quali assistiamo al continuo taglio della spesa sociale, delle risorse per l’istruzione, insomma ad una limitazione progressiva dei nostri diritti, per importi finanziari assai più contenuti.
Un importante contributo è stato portato da Marco Pondrelli del Comitato No Guerra – No Nato. Che ha sottolineato come in questa nostra epoca si stia parlando di guerra con una frequenza ed una intensità paragonabile a quella che si riscontrava negli anni precedenti i due conflitti mondiali dello scorso secolo.
Viviamo in un mondo nel quale un paese, gli USA, ha una spesa a fini militari enorme, e sta chiedendo agli altri membri della Nato di incrementare le proprie; in un mondo nel quale il rischio nucleare è tutt’altro che ipotetico, acuito dalla fase di confronto aspro tra gli USA da una parte ed i Brics (con Cina e Russia in prima fila) dall’altra. In un mondo nel quale le guerre sono presenti in numero crescente ad opera appunto degli USA, e ciò nonostante una parte della “sinistra” continua ad elogiare Obama e la Clinton… In un mondo nel quale la guerra è mascherata e nascosta da una sistematica disinformazione, che ha determinato la introiezione del punto di vista delle classi dominanti da larga parte della sinistra non comunista.
In questo quadro è importante sottolineare come, dal punto di vista della difesa e della politica internazionale, la UE di fatto non esiste ma si identifica con la Nato. Il cui comando è strettamente in mano agli USA.
Diversi sono stati gli interventi dal pubblico, tesi a evidenziare come sia in gioco il nostro futuro, in un paese, come ha ricordato Francesco Ferraguti, della Fgci, che spende assai più per gli armamenti che per l’istruzione, nonché a porre l’attenzione sulla problematicità ed il rischio connessi ad una radicale inversione di tendenza.
Nel tirare le somme dell’assemblea, Fosco Giannini, responsabile esteri per la segreteria nazionale del Pci, ha ricordato alcuni anniversari che cadono in questo anno 2017: i 60 anni dai primi Trattai europei, i 25 da Maastricht, i 15 dell’Euro. È dunque lecito e importante tentare un bilancio sociale e politico della UE, che conta oggi 30 milioni di disoccupati (10-12 milioni in più rispetto al 1992), che vede la distruzione di quello “stato sociale” che ha contraddistinto l’epoca più florida del continente, e la contemporanea privatizzazione di beni e capitali sociali.
Oggi assistiamo alla crescita esponenziale di movimenti di destra xenofoba e fascista. Cosa che deve ancor più spingerci a recuperare il nostro ruolo di comunisti, a riprendere le fila di una speranza di progresso per le classi lavoratrici.
Ecco perché combattiamo la “mitizzazione” della UE che affligge anche parte ampia della sinistra, e contrapponiamo l’idea di una Europa di pace “dall’Atlantico agli Urali”. Una Europa che riprenda a dialogare su basi paritarie con l’Africa ed il Vicino Oriente, che si smarchi dal “protettorato” statunitense e sappia colloquiare con i Brics e tutte le realtà del mondo in via di sviluppo.
Dunque è totale la nostra contrarietà a qualunque ipotesi di “esercito europeo” che altro non sarebbe che un rincalzo della Nato. Lavoriamo per un futuro diverso, e per fare questo, come dimostra purtroppo la vicenda greca, non si può accettare come dato il quadro esistente della UE.
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