Pubblichiamo l’intervento congiunto del Partito Comunista di Spagna e del Partito Socialista Unificato di Catalogna (PSCU) al Convegno di Catania organizzato, lo scorso sabato 17 giugno, dal Dipartimento Esteri del PCI e dal PCI della Sicilia sul tema : “ Mediterraneo: cause delle guerre, antimperialismo e lotta per la liberazione dei popoli” (traduzione a cura di Luciano Marasca, collaboratore Dipartimento Esteri PCI)
DI FRONTE ALLA DITTATURA DEL CAPITALE
José Luis Centella, Segretario Generale del PCE;
Xavier Pujols Martínez, Segretario dell’Organizzazione del PSUC viu
Intervento a nome del PCE e del PSUC Viu
La democrazia formale, con tutte le limitazioni ad essa connesse, ormai non serve più al capitalismo nel suo tentativo di imporre un nuovo modello sociale ed economico che gli assicuri il controllo totale non solo delle ricchezze e delle risorse del pianeta ma anche degli esseri umani. In questo momento è sempre più evidente che sono i mercati a imporre le loro misure al di sopra di qualunque altra sovranità, lasciando ai governi sottomessi e ai parlamenti addomesticati il compito di ratificare le decisioni prese da pochi.
Per tanto la democrazia è sotto attacco dei mercati, nel momento in cui questi hanno come obiettivo quello di trasformare le politiche economiche dei governi in uno strumento al servizio dei loro interessi. La democrazia del marketing ha sostituito la democrazia rappresentativa, la speculazione e l’accumulazione di profitti hanno la meglio sullo sviluppo sostenibile e la gioventù più istruita e preparata di tutta la storia vive peggio della generazione precedente, senza possibilità di trovare un lavoro stabile e ben remunerato. Questa è la dittatura del capitale.
In questo modo il neoliberismo e le forze politiche che lo sostengono e lo difendono stanno neutralizzando e privando di effetto le conquiste politiche e sociali frutto di anni di lotta della classe operaia e delle classi popolari in tutta Europa.
A ben vedere, dietro tali pressioni su governi e parlamenti il sistema capitalista rivela tutta la sua debolezza se è costretto a ricorrere all’oppressione e ai suoi eserciti, e a tutta la sua forza mediatica – basti vedere ciò che sta succedendo in Portogallo, in Italia, in Grecia e in Spagna – per accaparrarsi il controllo delle risorse naturali del pianeta.
È così che vediamo sotto i nostri occhi prendere piede la strada tracciata più di quindici anni fa dal CFR (Council on Foreign Relations), il Consiglio dei rapporti con l’estero degli Stati Uniti, un’organizzazione dal basso profilo pubblico ma con molto potere e soprattutto di grande impatto. Del CFR fanno parte i più alti dirigenti delle grandi imprese finanziarie, industriali e commerciali, dei mezzi di comunicazione, di università e centri di studi e delle forze armate, come pure tecnocrati, funzionari del massimo livello, ex presidenti e associazioni culturali.
Questi gli obiettivi indicati dal CFR, come detto, più di quindici anni fa:
– erosione sistematica della struttura degli Stati-nazione;
– colonizzazione socio-culturale a partire da valori anti-solidali e individualisti;
– imposizione di un sistema finanziario globalizzato diretto dall’FMI o dalla Banca Mondiale;
– controllo dell’opinione pubblica attraverso una aggressiva azione dei mezzi di comunicazione in tutto il pianeta;
– creazione di un clima di tensione continua tramite la fabbricazione di nemici permanenti.
Tutto questo al fine di promuovere la creazione di una specie di governo privato mondiale al di sopra degli Stati, un vero centro di potere sostanziale, che travalichi il potere degli Stati e che non si assoggetta a nessun tipo di elezioni o ad altre forme di controllo più o meno democratico, e che basi il suo dominio su alcuni punti-cardine della strategia di dominazione capitalista:
– un sistema di indebitamento estero che tenga in piedi un colonialismo economico con sudditi proni alle direttive di politica economica dell’FMI e della Banca Mondiale;
– “aree di libero commercio” intese come agenzie liquidatrici di tutti i mercati nazionali e come garanzia che la “libera concorrenza” serva esclusivamente ai monopoli e agli oligopoli;
– privatizzazioni per assorbire, a favore delle multinazionali, le imprese pubbliche e il patrimonio naturale delle nazioni neo-colonizzate, nell’intento di asservire agli interessi neoliberisti tutto ciò che è sociale e collettivo;
– guerra “al terrorismo” come strumento principe per dominare i territori ricchi di gas, petrolio, uranio, acqua, oppio e consegnarli nella mani delle multinazionali;
– deregolamentazione dei rapporti di lavoro per favorire un maggiore sfruttamento del lavoro salariato e maggiori profitti per il capitale;
– imposizione di un sistema finanziario speculativo, che moltiplichi i guadagni bancari e renda possibile impossessarsi di grandi strutture produttive, risorse naturali e interi Paesi senza necessità di ricorrere a occupazioni militari;
– imposizione di una cultura uniforme, impiegando i mezzi di comunicazione di massa per alienare la gran parte della società;
– in questo quadro non si può neanche scartare l’ipotesi di una nuova guerra mondiale, con l’estensione della guerra che già c’è in Palestina, in Iraq, Afghanistan e Libia, ad altri Paesi e regioni (Iran, Colombia e Venezuela), una guerra che, pur non avendo carattere globale, assume già il carattere di molteplici guerre locali e usa – lo vediamo ogni giorno – la forza senza scrupolo alcuno.
In queste condizioni, che solo quindici anni fa avremmo definito fantascientifiche e che oggi invece trovano pieno riscontro nella realtà, denunciamo che la risposta del grande capitale alla crisi corrisponde a un balzo verso lo scatenamento di una crisi ancora più grave, una crisi di civiltà, denunciamo che ciò a cui si mira è una soluzione in cui si prospetta la dittatura assoluta del capitale come forma di dominio totale del pianeta svincolato da qualsivoglia controllo. A nostra volta dobbiamo dare una risposta che, per essere efficace, deve essere globale, sia a livello europeo ma anche planetario, proprio perché la dittatura del capitale non conosce frontiere.
Per questo, in contrapposizione agli obiettivi dell’imperialismo così chiaramente definiti dal CFR degli Stati Uniti e oggi disciplinatamente applicati dalle forze e dai governi capitalisti, i partiti comunisti e operai devono promuovere un processo che unisca le forze sociali e politiche impegnate in tutto il pianeta nella lotta contro l’imperialismo, un processo che ci porti alla consapevolezza che è molto più quello che ci unisce che quello che ci separa, e che ci permetta di giungere all’accordo necessario per difendere insieme in una grande alleanza anti-imperialista una piattaforma che si ponga questi obiettivi minimi:
– porre l’economia al servizio dell’essere umano e propendere per un nuovo modello economico e sociale che, a partire dalla difesa del pubblico, preveda lo sviluppo di un’economia sostenibile sia economicamente che dal punto di vista della salvaguardia dell’ambiente, la configurazione di un sistema finanziario giusto, la determinazione di un settore produttivo per l’economia e finalizzato alla commercializzazione al servizio dello sviluppo dei popoli;
– sviluppare strumenti di democrazia partecipativa sia nell’assunzione delle decisioni che a livello del controllo dei rappresentanti istituzionali, revocabili in ogni momento;
– porre l’essere umano, e non gli affari, al centro dell’economia, attraverso una democrazia non solo politica ma anche economica;
– difesa della pace, perché siamo noi lavoratori e lavoratrici che abbiamo tutto da perdere nelle guerre imperialiste, per questo è fondamentale che il movimento per la pace lanci un appello per la difesa dell’umanità che denunci il volto sempre più aggressivo dell’imperialismo.
È il momento di trasformare in realtà questi propositi che possono muovere tante persone in tutto il mondo e mobilitare tutte le risorse a nostra disposizione per creare un movimento mondiale che compia azioni a difesa della pace e contro il militarismo, per la trasformazione dei bilanci militari in spese sociali.
Si tratta di dedicare TUTTA la forza, di tutte le cariche pubbliche, dei dirigenti sociali, della collettività per organizzare una vera ribellione assieme alla gente degli strati più bassi, dei livelli più umili, per costruire con loro UN’AGENDA COMUNE, organizzare insomma l’incontro delle persone che in tutto il pianeta soffrono le conseguenze della crisi e che si manifestano chiedendo il diritto a essere protagonisti delle proprie vite, il diritto di godere delle ricchezze del pianeta. Si tratta in definitiva di contendere l’egemonia delle idee alla destra, al capitale nella sua fase imperialista, e di dare la parola e la capacità di decidere ai popoli, ma soprattutto di far vedere che c’è speranza, che il capitale, nonostante i suoi grandi mezzi e le brutali aggressioni che sta portando avanti, non è riuscito a debellare il fantasma di cui Marx e Engels parlano nel Manifesto del Partito comunista, il fantasma dei popoli che, con la loro lotta, tengono testa all’imperialismo.
In questa situazione si rende necessario passare all’offensiva nel dibattito ideologico, in quella che già tempo fa Fidel Castro definì come LA BATTAGLIA DELLE IDEE, e farlo dalla base, coinvolgendo la maggioranza della popolazione attraverso una grande mobilitazione sociale e culturale. Dobbiamo cominciare col mettere in discussione l’intento di identificare la DEMOCRAZIA con il mercato e il CITTADINO con il consumatore, dobbiamo ribellarci contro il tentativo di imporre come unica possibile una democrazia a bassa intensità, legata invisibilmente all’economia di mercato capitalista, una democrazia che annulla la capacità critica dell’individuo e gli impedisce di partecipare alla gestione degli affari “politici”. In questo momento l’obiettivo ideologico del capitalismo è cercare di qualificare come NON DEMOCRATICO chiunque metta in discussione il suo sistema e di escluderlo così da ogni possibilità di partecipare alla vita pubblica. Viceversa il nostro obiettivo deve essere quello di far confluire le maggioranze nella lotta politica e nella battaglia democratica.
Dobbiamo smascherare ciò che chiamano democrazia, ma che in realtà non lo è perché consente l’alternanza ma impedisce qualunque alternativa al sistema. Quella che chiamano libera stampa non è altro che un complesso di terminali mediatici al dettato dei poteri economici. Dobbiamo concepire l’alternativa di una democrazia avanzata con più partecipazione, con più capacità per porre la ricchezza della cultura e il sapere scientifico-tecnologico al servizio dell’essere umano.
In funzione di questi obiettivi dobbiamo impegnarci a cambiare i rapporti di forza attualmente esistenti nel pianeta, e in maniera speciale nella vecchia Europa, impegnandoci affinché tutto il nostro lavoro sia all’interno dell’orizzonte di un’alternativa al sistema capitalista, e bisogna farlo adesso, poiché, in una crisi così profonda come quella attuale, è più evidente che mai che non può esistere un capitalismo dal volto umano.
In questo momento è necessario avere chiaro che, per rompere le regole del gioco che un capitalismo sempre più aggressivo e selvaggio tenta di imporci, è fondamentale la creazione di strumenti reali di partecipazione, di mobilitazione, di autogestione, di assunzione di decisioni collettive in ogni ambito della vita pubblica. È necessario conquistare e sviluppare iniziative che si trasformino in isole di democrazia avanzata di fronte ai tentativi del sistema capitalistico di imporci il suo modello di valori come l’unica forma di democrazia possibile.
Infine non possiamo dimenticare che il capitalismo ha, durante ogni crisi, la tentazione di provocare una grande guerra con la distruzione di immensi territori e città, di cui sarà poi necessaria la ricostruzione, rimettendo in moto per questa via l’economia. Inoltre una grande guerra provoca sempre milioni di morti tra i lavoratori e grande aumento della disoccupazione. Proprio per questo noi lavoratori dobbiamo essere i più grandi difensori della pace, perché siamo i soli a non avere nulla di guadagnare da una grande guerra. Al contrario siamo gli unici che mettono i morti, quelli cui toccherà vivere duri dopoguerra e quelli che in definitiva soffrono tutte le conseguenze negative di una grande guerra, mentre il capitale e i capitalisti si mettono al riparo e si presentano dopo a riscuotere i benefici.
Partito Comunista di Spagna
Partito Socialista Unificato di Catalogna Viu
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