Il PCI convoca un’assemblea nazionale aperta sulle questioni della Scuola pubblica

di Luca Cangemi, segreteria nazionale PCI, responsabile scuola, università e ricerca

La crisi del programma e dell’organizzazione scolastica..è in gran parte un aspetto e una complicazione della crisi organica più complessiva” (A.Gramsci, Quaderno 12.)

Le parole di Gramsci, ottanta anni dopo la sua morte, si confermano straordinariamente efficaci. La scuola italiana attraversa una fase di grande incertezza: la controriforma renziana del 2015 mostra ogni giorno, inequivocabilmente, i suoi esiti disastrosi. Esiti che nessuno più nega, neanche i vertici del PD. Eppure, nonostante queste ammissioni, non solo non si avverte nessun ripensamento, neanche parziale, ma addirittura la nuova inquilina del MIUR, unico volto rinnovato nel passaggio Renzi- Gentiloni, si è caratterizzata per aver completato “la buona scuola” con le deleghe. Quest’ostinata continuità, nonostante i prezzi politici pagati dal PD (ultimo il voto del mondo della scuola nel referendum costituzionale) segnala un elemento di analisi decisivo, che dobbiamo maggiormente mettere a fuoco e tematizzare politicamente: la ristrutturazione autoritaria e aziendalista della  scuola è un elemento centrale del programma fondamentale delle classi dominanti, un elemento che va ben oltre congiunture politiche.

Nel mondo della scuola reale si è determinata una situazione complessa: il giudizio sulla 107 e sulla politica del PD è largamente orientato a una critica severissima (che si estende anche a molti dirigenti scolastici) ma questo giudizio convive con estesi processi di passivizzazione di frammentazione individualistica e corporativa che la stessa buona scuola (nelle norme che stabilisce e ancora di più nel messaggio culturale che lancia) fortemente incentiva. Preoccupante appare il livello d’iniziativa politico-sindacale e ancor di più la scarsa attenzione della società e dei settori intellettuali alle questioni della scuola. Alcuni segnali positivi di mobilitazione arrivano dagli studenti (con cui è fortemente impegnata la FGCI), particolarmente rilevanti per ciò che riguarda la questione cruciale dell’alternanza scuola/lavoro.

Cosa si deve fare in una situazione del genere e quale contributo possono dare i comunisti?

Due sono le questioni principali (fra di loro connesse) che ci stanno di fronte: 1) l’individuazione di un terreno di unificazione delle lotte di resistenza che si sono sviluppate nella fase di applicazione della 107 su diversi terreni (reclutamento, precariato, mobilità territoriale, bonus, alternanza scuola /lavoro…) 2) la riapertura di una battaglia sulla scuola come battaglia generale politica, sociale, culturale, il cui protagonismo non può essere limitato al pur vasto mondo dell’istruzione.

Con quest’approccio possono e devono essere affrontate scadenze decisive. Vi è una forte preoccupazione sul contratto che può diventare rassegnazione e invece deve trasformarsi mobilitazione, valorizzando e moltiplicando le iniziative unitarie dal basso e ponendo in modo radicale una questione retributiva che assume contorni clamorosi. Vi è la raccolta di firme per la nuova LIP(legge di iniziativa popolare), che s’intreccerà con la campagna elettorale nazionale: una grande occasione per affrontare in modo complessivo le questioni della scuola e per parlare di esse nella società. Vi è da svolgere un grande lavoro di denuncia (materiale e culturale), vi sono da riaprire le grandi questioni dell’edilizia scolastica (e della sicurezza), del lavoro ATA, della disabilità. Vi è da riaprire il campo di una discussione pedagogica coerente con la nostra idea di società.

Di tutto questo (e di tanto altro) discuteremo nell’assemblea nazionale aperta che abbiamo convocato per il 15 ottobre a Roma, con l’idea che essa sia il primo momento di una diffusa campagna di ascolto, discussione e iniziativa nel paese.

 

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