di Fosco Giannini
Il PCI esprime la propria, fortissima, indignazione per le parole violente e indegne pronunciate dal commissario europeo Gunther Oettinger in relazione all’attuale crisi politico-istituzionale italiana, parole secondo le quali “ Saranno i mercati e lo spread a dire agli italiani come votare”.
Nell’ inquietante, quanto politicamente densa, affermazione di Oettinger vi è molto di più di quanto appaia in superficie ed è a partire da ciò che non solo i comunisti ma ogni forza democratica italiana dovrebbe severamente stigmatizzare il commissario europeo. Le parole di Oettinger sono, innanzitutto, il riflesso esatto del livello dello scontro di classe che si è aperto in Italia tra le forze critiche (anche se ancora essenzialmente liberiste e funzionali al sistema capitalista e imperialista, come la Lega e il M5S) dell’Unione europea e l’intero establishment filo americano, filo atlantista e succube di Bruxelles e a Berlino ( un establishment che oggi trova il suo perno, oggettivamente di destra, nel PD). Ma Oettinger ha anche espresso – volens/nolens – con le sue dure parole il senso di dominio dittatoriale che l’Ue del capitale transnazionale europeo, capitanato dal grande capitale tedesco, ha interiorizzato in relazione agli Stati e ai popoli dell’Ue, in relazione al processo di costruzione di questa Ue thatcheriana e uscita dritta dritta dal pensiero di Milton Friedman, dalla scuola golpista di Chicago, in netta contrapposizione non solo al pensiero socialdemocratico ma anche a quello keynesiano borghese.
Riflesso esatto dello scontro di classe, nelle parole di Oettinger, ma non solo: in esse è soprattutto rintracciabile un’oscura quanto verosimile minaccia, poiché se saranno “ i mercati e lo spread a dire agli italiani come votare”, vuol dire che i mercati e lo spread non sono “soggetti” autonomi, ingovernabili e indipendenti dalle fasi ma, al contrario, essi sono “agenti” organizzabili, e da gettare armati in trincea, dai poteri imperialisti e capitalisti sovranazionali nella lotta contro i popoli, le classi lavoratrici, gli Stati che non si subordinano prontamente ai voleri del grande capitale internazionale. Era già stato Karl Marx a mettere a fuoco “l’identità non spontanea” del capitale nella lotta di classe ed è stato Joseph Stiglitz, nei giorni nostri, a definire l’andamento dei flussi finanziari, dell’inflazione, della deflazione, della Borsa, dello spread – fenomeni definiti dal grande capitale come “non regolabili” ed essenzialmente prodotti dalle “ scomposte accelerazioni dei soggetti esterni al capitale” – come “una partita di scacchi” del grande capitale internazionale. Il violento e improvviso rialzarsi dello spread in Italia – non in relazione a dinamiche economiche e finanziarie profonde, ma solamente in rapporto all’ ipotetico e certamente non strutturale cambio di posizione d’un governo 5 Stelle – Lega nei confronti dei Trattati europei – la dice lunga sulla natura “organizzata” e non spontanea del sistema economico-finanziario imperialista contro ogni tentativo, anche non sistemico, di cambiamento. Molti, a cominciare dal PD, non vogliono capire, colpiti da una cecità politica e sociale già spiegata dal Vangelo : “ dio rende ciechi chi non vuole vedere”.
Va notata, nella crisi italiana, la somma delle questioni: il sistema economico finanziario imperialista, come “soggetto armato” governabile e in grado di essere gettato nella guerra, non si è scatenato solo contro il pericolo del cambiamento timidamente evocato dal governo Di Maio-Salvini; esso si è scatenato anche contro la “simpatia” (e dunque contro “ il tradimento” verso l’occidente capitalistico) di questo eventuale governo verso la Russia di Putin, verso un mondo politico ed economico “altro” da quello USA-Ue.
Già nel 2014, peraltro, l’intero sistema politico, economico e finanziario capitalistico-occidentale si era scatenato contro la Russia governata di Putin e, al di là e ben oltre la politica delle sanzioni e della costruzione di un fronte mondiale anti russo, aveva messo in campo una guerra finanziaria speculativa contro il rublo che spinse ad evocare, per la Russia, il default del 1998, declassò in tempi brevi la moneta russa sino al punto che per acquistare un dollaro occorrevano 80 rubli e costrinse l’allora Ministro delle Finanze del governo russo, Anton Siluanov, a vendere, in difesa del rublo, fette consistenti della valuta straniera in dotazione delle casse russe, una vendita, sembra, di circa 10 miliardi di dollari. Rievochiamo il feroce attacco economico-finanziario che l’occidente capitalistico portò contro la Russia nel 2014 affinché non appaia come ininfluente, in relazione allo scatenamento della guerra politica, economica e istituzionale dei poteri sovranazionali e nazionali, l’atteggiamento non più duramente ostile verso la Russia di quello che poteva essere il governo giallo-verde in Italia.
Anche da tutto ciò, rimarchiamo di nuovo la gravità della scelta extraparlamentare del Presidente Mattarella, volta, nell’essenza, a contrastare politicamente ( come chiaramente emerge dallo stesso comunicato ufficiale di rottura Mattarella, che con chiarezza afferma la natura sacra e immodificabile del’Euro e dell’ Ue) l’ eventualità di un cambiamento che proveniva da un consenso elettorale di massa. Questione che ci spinge ad una riflessione, non così paradossale: se un giorno un fronte comunista , di sinistra di classe e di popolo vincesse le elezioni in Italia anche con la parola d’ordine “fuori l’Italia dalla NATO”, il Presidente di turno avallerebbe, sentendolo come legittimo, un intervento armato USA- NATO ed esercito italiano volto a respingere con un “golpe” militare la rottura dell’alleanza atlantica – persino più mitologica di quella europea – e imprigionare i comunisti e le forze del cambiamento?
Come, d’altra parte, rimarchiamo, rispetto all’essenza ancora liberista e per molti versi reazionaria della possibile alleanza 5 Stelle – Lega – Fratelli d’Italia, l’esigenza (ormai storica, in Italia,) dell’unità delle forze comuniste e della costruzione, con esse e attorno ad esse, di un Fronte di Sinistra e di Popolo.