Scenario portoghese per la Slovenia, nostra immediata vicina ad est. Grande 27 mila kmq, due milioni di abitanti ed una crescita economica verso il 5% annuo.
Il voto per il nuovo parlamento, a fine primavera, ha visto un’ astensione superiore al 45% degli aventi diritto, ormai fisiologica, di fronte ad uno scenario politico rappresentato da una forte destra xenofoba sostenuta anche economicamente dal premier ungherese Orban, da due o tre partitini democristiani, dai socialdemocratici ed altri gruppi neoliberisti, spesso espressione di leader improvvisati che durano si e no un solo mandato. Ma c’è anche “Levica”, la sinistra unita, nata un lustro fa su iniziativa di un gruppo di giovani marxisti e dagli “ecosocialisti”.
Le facce nuove dei giovani marxisti, quasi tutti sotto i trent’anni, hanno fatto centro. Alle prime elezioni hanno superato lo sbarramento del 4%, attestandosi sul 6% ed eleggendo 6 deputati nel parlamento che ne conta 90, compresi i due deputati garantiti delle minoranze nazionali italiana ed ungherese. La piccola pattuglia di deputati si è distinta per le battaglie in difesa dei più deboli, dei diritti dei lavoratori, contro le privatizzazioni.
Nel giugno 2018 Levica ha superato il 9% eleggendo 9 deputati che sono diventati l’ago della bilancia per la formazione di un governo di centrosinistra in grado di contrastare la destra populista e xenofoba che si è aggiudicata il primo posto col SDS (partito democratico) al 25%, i nazionalisti al 7% ed i democristiani al 6%.
Due mesi di trattative e giravolte, tentativi di una coalizione coi democristiani per lasciare fuori gioco la sinistra marxista, ma alla fine un compromesso in grado di impedire alla destra di impossessarsi del potere portando la Slovenia nel gruppo di Višegrad assieme ai baltici, ai polacchi, agli ungheresi e gli slovacchi, schierati su posizioni ultraliberiste, razziste ed antirusse.
Così a Lubiana sta nascendo un governo di minoranza, composto da cinque partiti neoliberisti compreso quello sociademocratico, con l’appoggio esterno di Levica, che rimane all’opposizione, ma ha concluso con la coalizione di centrosinistra un patto “alla portoghese”.
Levica sarebbe stata disposta ad entrare nel governo di centrosinistra soltanto se gli altri partiti avessero accettato di fare un referendum sull’uscita del paese dalla NATO e se fosse stato disposto a demolire la cortina di filo spinato che impedisce ai profughi di entrare sul suo territorio.
Il patto 5+1 è quindi un compromesso che però prevede che ogni anno il Governo si impegna ad attuare due punti programmatici indicati da Levica. Per il 2018 si tratta dell’aumento delle pensioni minime a 620€ e della fissazione per legge del salario minimo a 700€.
Gli altri punti riguardano la scuola pubblica, la riduzione delle spese per la difesa contrariamente alle pretese della NATO, freno alle privatizzazioni, la sanità pubblica con la riduzione dei tempi d’attesa senza ricorrere alla sanità privata se non in casi di emergenza ecc. Altri punti riguardano i diritti dei lavoratori ed in particolare dei giovani con lotta alla precarietà, sostegno alla democrazia economica ed alla cooperazione, energie rinnovabili, agricoltura sostenibile e sviluppo della campagna.
Il filo spinato al confine, è scritto, verrà eliminato appena saranno garantite adeguate condizioni di sicurezza, l’ultima privatizzazione sarà quella della NLB, banca di Lubiana oggetto di un complicato contenzioso con la Croazia.
Levica, pur rimanendo all’opposizione, verrà coinvolta nella formazione del bilancio statale e nelle principali decisioni del governo, diretto da Marjan Šarec, un attore che ha dato buona prova di se come sindaco della cittadina di Kamnik. I deputati della sinistra verranno coinvolti in riunioni mensili in cui verrà definita l’attuazione del programma e l’ordine del giorno dei lavori parlamentari. Qualora non si raggiungesse un accordo i deputati della Levica saranno liberi nel loro voto.
Ogni sei mesi ci sarà una sessione di verifica sull’attuazione del programma concordato. Se Levica giudicherà negativamente l’attività del Governo avrà il diritto di farlo cadere.
Ci sono state forti resistenze tra i cinque partiti del governo “minoritario” che si ritengono ostaggi della sinistra di opposizione, ma sono stati vani i tentativi di coinvolgere nella coalizione i democristiani che dopo un primo abboccamento hanno deciso di rimanere all’opposizione puntando al fallimento del governo 5+1 ed alle inevitabili elezioni anticipate. Infine si è fatta sentire anche l’UE che pretende dalla Slovenia il rispetto degli impegni passati in merito alla privatizzazione della NLB, una delle banche più importanti. Su questo è in corso un braccio di ferro.
Lo “scenario portoghese”, dove i comunisti sostengono dall’opposizione un governo socialdemocratico in base ad un programma di compromesso, non piace nemmeno a tutta la sinistra, dove c’è chi vorrebbe che rimanesse all’opposizione ed altri che la vorrebbe impegnata nella compagine ministeriale.
Comunque lo “scenario portoghese” è stato approvato dagli iscritti alla Levica attraverso un referendum online con un risultato che ha sfiorato l’85% di consensi.
Il coordinatore della Levica, il trentenne Luka Mesec, ha ribadito che la sinistra impedisce così la nascita di un governo di centrodestra e tutela gli interessi dei lavoratori e dei ceti più deboli della società slovena, mantenendo le mani libere per le proprie battaglie in parlamento e nel paese.
di Stojan Spetic, Comitato centrale PCI