di Laura Baldelli
Il film ci cattura subito con scenari esaltati dalla fotografia di Beniot Debie e la didascalia ci annuncia che siamo in Oregon nel 1851, ma quei luoghi che fanno da cornice alle vicende dei fratelli Sisters sono stati girati in Spagna ed in Romania.
l film è stato definito un western dark europeo, prima opera in lingua inglese per il regista francese Jaques Audiard, tratto dall’omonimo romanzo del canadese Patrik De Wittil.
Il regista, che ha vinto il Leone d’argento a Venezia 2018, ha anche curato la sceneggiatura con Thomas Bidegain, e la colonna sonora originale di Alexandre Desplat commenta tutta la storia, che si distanzia molto dal genere western tradizionale, soprattutto per la sceneggiatura che ci immerge in pagine di letteratura.
Un gran bel film dove Joaquin Phoenix dà un’eccellente interpretazione, accanto a John C. Reily che è anche produttore del film e Jake Gyiienhaal e Riz Ahmed completano il quartetto che li vede intrecciarsi in inseguimenti, sparatorie, cacce e accampamenti, cavalcate mitiche nelle atmosfere picaresche che Audiard inscena per raccontare un classico inseguimento, come ogni western vuole.
La caccia si snoda in un lungo viaggio dall’Oregon alla California, ma predomina il viaggio interiore di ognuno dei personaggi che li porterà ad una trasformazione.
Il racconto è pervaso da uno humor nero, già il titolo “The Sisters brothers” sembra uno scherzo, e non si erano mai visti cow-boys alle prese con spazzolini da denti, ma cela anche profondità insospettabili.
Infatti i due fratelli killer devono raggiungere un detective che ha il compito di catturare un chimico detentore della formula capace di trovare l’oro facilmente e i Sisters dovranno “finire il lavoro”.
Ma accadono eventi da “affinità elettive” tra il detective e il chimico. I due fratelli killer, molto diversi tra loro, il più grande, stanco di quella vita, è il primo ad essere “catturato” dall’idealismo del chimico che vuole costruire un mondo migliore basato sull’uguaglianza a Dallas con l’oro che troveranno. Il cambiamento del fratello minore sarà invece condizionato da un’esperienza dolorosa che lo convincerà a tornare a casa.
In questa storia i più buoni periranno, mentre i meno sensibili sopravviveranno e sembra la metafora di come gli USA siano nati dall’avidità e dalla sopraffazione di alcuni uomini e che questo sia all’origine del loro imperialismo nel mondo.
Il regista ha affermato di essersi ispirato al romanzo di iniziazione e formazione, senza pensare al genere western, addirittura ha parlato di fiaba illustrata per adolescenti in fase pre-puberale, dove ancora non c’è la presenza femminile e infatti nel film non ci sono donne-personaggio con ruoli importanti.
Per la prima volta Audiard abbandona le ambientazioni urbane, le periferie contemporanee e si cimenta in un’opera ed un genere molto percorso, sia nella tradizione, che nell’innovazione portata da Sergio Leone, ma dà una grande prova di originalità, qualità e un tocco da autore al pari del suo film “Il profeta” vincitore a Cannes nel 2009.