di PCI Taranto
Dalla firma dell’accordo sull’ex ILVA sono passati 9 mesi e come avevamo preventivato, altro che soluzione ai problemi. Anzi le condizioni del lavoro, della salute e dell’ambiente sono peggiorate. Da Settembre del 2018 è successo che:
- ArcelorMittal ha disatteso gli accordi sottoscritti reinserendo a lavoro il personale in base a propri criteri di scelta e non rispettando quelli previsti dagli accordi con Sindacati e Governo (tant’è che il giudice su sollecitazione del sindacato USB è dovuto intervenire condannando ArcelorMIttal);
- i valori inquinanti sono aumentati come più volte denunciato dalle associazioni ambientaliste e confermato dagli organi di controllo;
– alcune scuole hanno dovuto chiudere a causa della loro vicinanza a siti inquinati dalla fabbrica;
- l’impatto paesaggistico prodotto dalla costruzione delle coperture dei parchi minerari ha definitivamente sancito che la città di Taranto è piegata alle necessità della fabbrica e dei suoi processi produttivi;
- l’azienda ha annunciato l’avvio della cassa integrazione per 1.400 lavoratori disattendendo quanto contenuto nel piano industriale di qualche mese fa che parlava di crescita dei programmi produttivi.
Dopo tutto questo, assistiamo ad un assordante silenzio da parte di coloro che sono stati protagonisti di questa vicenda vissuta sulle spalle dei lavoratori e dei cittadini. I vari Renzi, Calenda, Di Maio e Salvini così onnipresenti sui social e sui media non hanno trovato nemmeno un minuto per parlare, dichiarare, twettare … insomma per battere un colpo e occuparsi di Taranto. LORO RESTANO MUTI. Muti difronte al proprio fallimento.
Gli artefici della vendita nulla hanno da dire. Eppure hanno profuso ogni loro sforzo per convincere tutti che quella era l’unica soluzione possibile. Una soluzione che si sta rivelando un suicidio. Sono anni che noi continuiamo a ripeterlo inascoltati. Sono anni che sosteniamo che l’unica soluzione utile a tutti sarebbe stata la nazionalizzazione e ci spiace che questa ipotesi non sia stata sostenuta anche dai maggiori sindacati colpevolmente convinti o forse rassegnati all’idea che l’unica soluzione potesse essere il mercato.