di Fosco Giannini
La questione dell’immigrazione oggi, in Italia e nell’Ue, è di non facile interpretazione, a partire dal suo stesso peso sociale e politico specifico: essa è davvero il grande problema di fase, così come le destre reazionarie e populiste affermano, o tale questione è mediaticamente gonfiata ad arte da queste stesse forze (e forse anche da altre forze esterne all’Ue) al fine di organizzare vasti consensi di massa? Rispetto a tale, iniziale, quesito, dobbiamo subito affermare che, specie in Italia, l’immigrazione non è un’invasione e che dunque essa è utilizzata dalle destre per vincere. Ma, sempre all’interno della questione immigrazione, le forze della sinistra tendono invece, al contrario esatto delle destre, a sottovalutare forse il problema immigratorio?
Propongo, per iniziare ad affrontare la questione, di mettere a fuoco alcuni punti, di natura essenziale:
-il ruolo che l’imperialismo -innanzitutto USA – ha avuto, dai primi anni ‘90 del secolo scorso, nella “produzione”, nelle aree che vanno dal Golfo Persico sino al nord e al Centro Africa, dell’immenso popolo dell’immigrazione che punta a salvarsi fuggendo anche verso l’Italia e l’Ue;
- la natura ideologica e politica del “salvinismo” in Italia;
- la natura delle ONG (le organizzazioni non governative) che operano soprattutto nel Mediterraneo;
-le responsabilità e i compiti dei comunisti e della sinistra di fronte alla questione dell’immigrazione.
Primo punto, dunque, l’imperialismo e la “produzione” del popolo dell’immigrazione:
-la Prima Guerra del Golfo, fortemente voluta dagli USA e dalla NATO, che piegano l’ONU e l’Ue alla linea del conflitto e coinvolgono nell’attacco all’Iraq 35 Stati, inizia, con la scusa dell’attacco iracheno al Kuwait (attacco che era stato sollecitato dagli stessi USA, che dunque tendono una trappola a Saddam Hussein) il 2 agosto del 1990 per finire il 28 febbraio 1991. La Seconda Guerra del Golfo inizia, sempre con gli USA e la NATO alla testa, il 20 marzo del 2003 per finire il 18 dicembre del 2011. Come se il mare di sangue versato, per responsabilità imperialista – e dell’imperialismo italiano – non fosse bastato, nella terribile situazione irachena postbellica si apre anche la Guerra Civile del 2014. Il computo esatto delle vittime irachene, militari e civili, e il computo esatto dei dispersi, in questo ventennio di guerra imperialista ininterrotta ( USA- NATO- Ue) è particolarmente difficile, ma l’insieme dei dati che ci forniscono i diversi enti internazionali, ci portano a dire che verosimili sono le seguenti e terribili cifre: le due guerre del Golfo, più la Guerra Civile, ci parlano di circa 1 milione di morti iracheni e 4 milioni di dispersi e profughi iracheni, un fiume di umana disperazione che ha poi contribuito in modo significativo alla costruzione dell’intero popolo dell’immigrazione verso l’Italia e l’Ue ( non verso gli USA, primi artefici militari e politici dell’immensa diaspora irachena);
- la Guerra contro la Libia, da tempo “pensata” dalla Francia, dalla Gran Bretagna e dagli USA e diretta fondamentalmente a distruggere quell’asse in progress Gheddafi-Mandela volto alla delineazione di un’Africa indipendente dagli USA e dal dollaro, inizia il 19 marzo del 2011 per finire il 31 ottobre del 2011. L’aggressione imperialista si apre con il fuoco dei Mirage francesi a cui seguono immediatamente i bombardamenti britannici e nordamericani. Il 25 marzo la vastissima flotta imperialista internazionale passa sotto il comando unificato della NATO, nell’operazione “Unified Protector”. Il 25 marzo iniziano gli attacchi dei Tornado italiani. L’intervento militare italiano, supportato da una forte presenza di navi militari italiane di fronte alle coste libiche, complessivamente, sarà il seguente: 1.900 “missioni” ( bombardamenti sul suolo libico) per un totale di 7.300 ore di voli di guerra, utilizzando Eurofighter, Tornado, AMX, Predator, KC-130 e KC-767, più la messa a disposizione, per i bombardamenti dell’intera coalizione NATO, di 7 basi aeree. Quanta morte, quanto sangue, quanta distruzione e disperazione avranno disseminato, solo “le missioni” italiane, tra i libici, tra lo stesso popolo libico, in quei 1.900 bombardamenti? Forse è troppo “umanistico” dirlo, ma certamente molto ma molto più dolore di quello che porterebbero ora tra il popolo italiano, secondo la vulgata dei nuovi razzisti del nostro Paese, gli immigrati libici tra noi.
Dopo la guerra del 2011 le forze imperialiste avrebbero portato altri attacchi contro la Libia e soprattutto, in quel Paese che era stato unito da Gheddafi, si apre e prosegue sino ad ora una carneficina (guidata dalle varie forze imperialiste) chiamata impropriamente Guerra Civile. La guerra imperialista e la “Guerra Civile” producono in Libia circa 600 mila morti e circa 2 milioni di profughi, che andranno anch’essi ad ingrossare l’intero popolo dell’immigrazione verso l’Italia e l’Ue;
-nel marzo del 2011 si apre anche la crisi siriana. Francia, Gran Bretagna e USA innanzitutto investono economicamente, militarmente e politicamente su di una sorta di movimento arancione siriano filo USA e filo Ue volto alla caduta di Assad. Contro Assad, gli USA e la NATO sostengono sul campo siriano anche le organizzazioni militari filo Al Qaeda, il Fronte Al-Nusra. “L’esercito libero” siriano anti Assad, sostenuto economicamente dagli USA ed organizzato militarmente dalla NATO, dai servizi segreti britannici e dal Mossad israeliano, assieme all’entrata in campo del Fronte Al-Nusra, sconvolgono la Siria, aprendo di fatto quella guerra imperialista contro Assad che i media occidentali chiamano poi, ipocritamente, Guerra Civile siriana. Assad, al contrario di Saddam Hussein e di Gheddafi, resiste, anche grazie all’aiuto russo, ma l’attacco militare imperialista distrugge il Paese e provoca circa 300 mila morti siriani e circa 800 mila profughi, che entrano anch’essi nel popolo dell’immigrazione verso l’Italia e l’Ue.
Da un computo approssimativo ma non inverosimile si deduce dunque che dalle guerre scatenate dall’imperialismo dai primi anni ‘90 nel Golfo e nel nord Africa sono poco meno di 7 milioni le persone costrette a fuggire dalle loro terre, dalle loro città, dalle loro case, cercando vie di fuga verso il Centro Africa e verso l’Europa. Da ciò una questione forte e determinante va affermata: prima degli anni ’90 e degli anni del 2.000, prima da queste recenti guerre imperialiste, il fenomeno dell’immigrazione di massa dai Paesi del Golfo e dai Paesi del nord Africa verso l’Europa era inesistente. D’altra parte, la stessa condizione dei campi profughi in Libia parla chiaro: sembra siano circa 10 mila gli immigrati clandestini, fuggiti chissà da quale orrore bellico imperialista, ad essere chiusi come bestie in quei lager e centinaia di migliaia i clandestini ( che strana parola nel caos infernale successivo alle bombe dell’occidente!) che vagano ancora in Libia in cerca di un destino. E alle guerre imperialiste contro l’Iraq, la Libia e la Siria, non possiamo non aggiungere le guerre e le crisi che gli USA e i Paesi dell’Ue hanno scatenato e sorretto in questi anni nello Yemen, nel Sudan, in Costa d’Avorio, tutte aree dalle quali sono poi partiti forti flussi di immigrazione verso l’Ue ( mai verso gli USA, e non solo per la questione della distanza geografica, ma per una politica USA scientemente rivolta alla propria salvaguardia e all’attacco contro un nuovo rivale storico: il neo imperialismo dell’Ue). Dallo stesso Afghanistan martoriato dal lunghissimo intervento militare USA e NATO e da alcuni Paesi dell’America Latina che hanno vissuto la controrivoluzione imperialista di questi anni, sono provenuti flussi immigratori significativi verso l’Ue. Per non parlare dell’immigrazione che proviene dai Paesi ex socialisti dell’Europa dell’Est, dove gli USA e l’Ue hanno imposto regimi iper liberisti dai quali sono fuggiti e ancora fuggono verso l’Italia e verso l’Ue centinaia di migliaia di nuovi poveri.
Secondo punto: la natura del “salvinismo”.
Da tutto ciò che è scritto sopra una questione, centrale: se sono state, essenzialmente, negli ultimi decenni, le guerre imperialiste a guida USA e NATO a determinare i flussi immigratori verso l’Italia e l’Ue, che posizione assume la Lega nei confronti dell’imperialismo e cioè della causa prima del fenomeno contro il quale Salvini si scaglia e con il quale organizza il proprio consenso di massa?
Non c’è dubbio alcuno: la Lega si schiera totalmente sul fronte imperialista e su quello della NATO e per ribadire ciò non c’era nemmeno bisogno del viaggio che Salvini ha fatto, nello scorso giugno 2019, negli USA, dove, negli incontri con importanti rappresentanti dell’Amministrazione Trump, ha voluto far propria, enfaticamente e di fronte al mondo, l’intera politica “trumpiana”, dalle spese militari al rafforzamento della NATO ( compreso il riconoscimento dell’assoluta necessità per l’Italia degli F-35) con l’Italia sposa “legista” speciale della stessa NATO; dalle politiche doganali anti cinesi alle politiche razziste e reazionarie contro i migranti e contro i diritti sociali e politici. Peraltro, è la stessa, vera, politica verso l’Ue a determinare la natura filo imperialista del “salvinismo”: al di là dell’ululare alla luna, infatti, ogni volta che l’Ue, nei momenti economici italiani topici, chiede al governo giallo-verde di genuflettersi all’ordine di Maastricht e alla Commissione europea, il governo Conte è già inchinato, con il beneplacito di Salvini.
La politica anti immigrazione di Salvini, dunque, svuotata dall’ antimperialismo, dalla consapevolezza che la pressione di un intero popolo di immigrati che dalle coste dell’Africa del Nord preme verso il Mediterranei e l’Ue provenga dalle guerre imperialiste, rimane solo una politica razzista e dai caratteri fascisti.
D’altra parte è del tutto evidente, come in ogni altra esperienza fascista, che il razzismo di Salvini è l’epifenomeno di un intero sistema di pensiero reazionario. La Lega di Salvini è al servizio delle forze imperialiste, degli USA, della NATO, del grande, medio e piccolo capitale italiano. Lo è chiaramente nel momento in cui rifiuta a priori ogni vera politica della redistribuzione del reddito; ogni politica volta alla tassazione sul capitale, scegliendo l’opposto ad essa, la flax-tax; lo è quando rifiuta ogni politica dei rialzo dei salari; quando, attraverso la stretta giuridica contro le ONG, vara in verità anche le leggi contro le lotte del movimento operaio complessivo, quando recupera, attraverso il progetto delle autonomie regionali, il disegno di Bossi volto a premiare il capitale del nord rispetto al Mezzogiorno d’Italia; quando, attraverso una lotta volgare contro i diritti sociali e politici, trenta di organizzare il consenso peloso di massa che oggi la fase gli concede.
Quest’analisi sulla Lega va fatta in modo puntuale anche in virtù delle occhiate favorevoli che sul “salvinismo” hanno stranamente gettato anche componenti, seppur minoritarie, della sinistra italiana, persino comunista.
Questa analisi sulla Lega dovrebbe soprattutto pesare sul M5S, che rimane ancora prigioniero di un governo giallo-verde sempre più reazionario e sempre più distante dall’afflato originario della maggioranza del movimento. Come lo stesso Manlio Di Stefano, esponente del M5S e sottosegretario agli Esteri nel governo Conte, coraggiosamente ma ancora invano va denunciando.
Terzo punto: la questione delle ONG
Salvini sviluppa una critica forte sulle ONG e attraverso questa critica organizza consenso di massa. Al contrario, sia il PD che diverse forze della sinistra italiana, delle ONG tendono a tessere solo gli elogi. Come affrontare la questione? Intanto, non subordinarsi ciecamente a nessuna delle due impostazioni, entrambe enfatiche. Abbiamo già liquidato l’intera politica “salviniana” come politica reazionaria e persino neo fascista. Come affrontare, invece, il modo col quale il fronte liberal-democratico e di sinistra giudica le ONG? Occorrerebbe, intanto, studiare la storia delle ONG, sul piano generale, e la stessa storia di molta “cooperazione internazionale”: ciò ci porterebbe a capire che non sempre queste storie sono state limpide e di carattere internazionalista, anticolonialista e rivoluzionario. Anzi…Ma potremmo soffermarci almeno su di un punto, per poter leggere la questione delle ONG attraverso un prisma razionale e non solo pregiudizialmente, enfaticamente positivo. La questione è la seguente: non c’è dubbio che l’esperienza delle ONG è inseribile nel vasto quadro dell’attuale privatizzazione di massa dei servizi, che segna di sé l’intero occidente liberista. Le ONG rappresentano la privatizzazione dei soccorsi in mare. Domanda: esiste una cooperativa privata (dalle pulizie negli ospedali pubblici alla gestione di certe strutture delle ferrovie statali, ad esempio) che agisca solo per spirito solidale? O, legittimamente, tali cooperative sono in campo, oltre che per spirito solidale, anche per il profitto? Indubbiamente, comprese le ONG, esse sono in campo anche ( e spesso soprattutto) per il profitto. E’una legge ferrea della liberalizzazione, della privatizzazione dei servizi. Una legge che, oggettivamente, può aprire spazi di ambiguità (o grandi spazi di ambiguità) nella gestione e nella pratica delle cooperative private e anche delle ONG. Ciò non credo sia confutabile. Ma qual è allora il punto centrale? Tale punto è il seguente: come per la sanità, per la scuola, per i trasporti, i comunisti sono per il pubblico, non per il privato. E sono per la gestione pubblica anche del soccorso in mare, unica strada che toglierebbe di mezzo l’ambiguità del profitto privato nel soccorso solidale. Certo, rimane una questione non da poco: occorre una politica nazionale solidale e se nella storia capita un Salvini che tenta (tenta solamente, peraltro) di chiudere i porti e negare il soccorso in mare, è chiaro che si presenta un problema. Un grande problema. Ma, per la sinistra e per i comunisti, la scorciatoia non può essere quella di mitizzare (legittimandone ogni aspetto) l’esperienza delle ONG, la privatizzazione del soccorso in mare, poiché tale legittimazione, inevitabilmente apre le porte all’ambiguità del profitto privato. A meno che non si creda ad una totale angelizzazione dei soccorritori privati. La questione non è di facile soluzione, ma la sinistra italiana, che per molti versi, sul piano ideologico ha già ceduto a molte pressioni liberiste, non può risolvere il problema solo attraverso la santificazione del soccorso privato. Perché così rischia di allontanarsi troppo (avanguardismo e non avanguardia) dal senso comune di massa. Persino dalla realtà delle cose.
In tutta la questione dell’immigrazione, peraltro, c’è una questione che non può essere liquidata con facilità. Una delle interpretazioni dell’immigrazione di massa verso l’Ue afferma che tale disegno sia scientemente sostenuto dall’imperialismo USA, che uno dei protagonisti di questo disegno sarebbe Soros, nel quadro più generale di un attacco destrutturante all’Ue (immigrazione, crisi delle sinistre e crescita dei populismi “trumpiani”). Ora, bisogna stabilire innanzitutto un punto: qualora tale lavorio USA fosse vero, ciò non dovrebbe comunque e giocoforza sospingerci a fianco dell’Ue, sceglierla come nostro riferimento, come in molti fanno. Sarebbe solamente il segno della lotta inter imperialistica che già si va aprendo tra l’imperialismo USA e il neo imperialismo dell’Ue. Ma per stare al punto: è verosimile l’analisi di chi sostiene che “il fatto immigratorio”, partito dalle guerre imperialiste (e su ciò non ci piove) sia ora ancor più sospinto dagli USA per mettere in crisi l’Ue? Se pure non fosse possibile accertare la verosimiglianza di una tale ipotesi, mai dobbiamo dimenticarci quanto i servizi segreti Usa hanno saputo lavorare per piegare la storia agli interessi americani…
Quarto punto, la questione dell’immigrazione e i compiti dei comunisti e della sinistra.
Indubbiamente, la prima battaglia che spetta ai comunisti e alla sinistra è quella di smascherare il progetto di costruzione di un consenso di massa dai caratteri reazionari e fascisti che si nasconde attraverso l’utilizzo del razzismo, da parte di Salvini e delle forze della destra.
Tuttavia, sarebbe un errore, da parte dei comunisti e della sinistra, non affrontare in modo razionale la questione dell’immigrazione, sarebbe un suicidio politico non saper legare tra loro i diritti del movimento operaio complessivo italiano, del popolo italiano, con i diritti degli immigrati. La strada, da questo punto di vista, non è quella, dunque, dell’ospitalità aprioristica, totale e parolaia, senza pensieri, dell’intero mondo dell’immigrazione. La strada è quella di una lotta contro la meschinità dell’Ue che chiude ogni frontiera, che approfitta della collocazione geografica dell’Italia ( della Grecia) per evitare ogni proprio sforzo, è quella della lotta contro le regole di Dublino ( non lasciando alle destre questo compito e questa responsabilità, morale e politica) ed è quella di una “ospitalità possibile”, regolata ed umana, segnata dal diritto al lavoro, dalla lotta contro la costruzione dell’esercito industriale di riserva da regalare al capitale, per il diritto possibile e concreto ( quindi non numericamente infinito) alla casa, al welfare. Dobbiamo dire tutto ciò, che ci sembra tanto razionale, di fronte al romanticismo irresponsabile di certa sinistra, che per paura della verità promette ad ognuno mari e monti, rompendo così sia con le lotte concrete degli immigrati che con il movimento operaio nazionale.