VENEZUELA: RISPOSTA AD UN NOSTRO LETTORE

Di Fosco Giannini *

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*segreteria nazionale PCI, responsabile Dipartimento Esteri

Si firma Kocis e ci fa l’onore di scrivere al nostro Partito, il PCI, postando una sua riflessione politica sul nostro sito. Dopo averlo ringraziato per l’attenzione che ci ha mostrato, non possiamo certo soprassedere al contenuto della sua riflessione, che riportiamo: “Com’è che voi sostenete a spada tratta una dittatura come quella in atto da quasi 18 anni in Venezuela?  Sarà perché è rossa?  Chi scrive, vive lì, non nella bambagia italiana, e quando stava in Italia era un attivista del PCI prima e del  PdCI dopo… Saludos”.

Sappiamo bene che in poche frasi può addensarsi un intero mondo politico e ideologico, com’è nel caso di questo breve atto di accusa verso la rivoluzione bolivariana venezuelana che ci scaglia contro il signor Kocis.

Nelle sue poche parole, infatti, egli, attraverso la sua breve ma irsuta tessitura semantica, rimanda all’idea che il “chavismo” venezuelano sia stata (e sia) un’oscura dittatura; che lo sia perché “rossa”; che in Italia si viva nella bambagia (dovrebbe dirlo ai 3 milioni di poveri; al 49% dei giovani senza lavoro; ai milioni di lavoratori precarizzati; ai milioni di pensionati al minimo vitale, ai giovani senza più futuro del jobs act, e potremmo proseguire…); che lui era un attivista del PCI e poi del PdCI: e questo lo troviamo davvero strano.

Per il rispetto che si deve ai nostri interlocutori ( ma anche perché ci si offre l’occasione per parlare di una questione così importante, nel quadro mondiale attuale come la rivoluzione venezuelana), rispondiamo al signor Kocis, affrontando la “questione Venezuela” attraverso quattro passaggi, tra loro in connessione: primo, cos’era il Venezuela prima della rivoluzione “chavista”; secondo, le vittorie e le lotte di Hugo Chavez; terzo, i concreti effetti sociali e politici della rivoluzione; quarto, i rapporti internazionali della rivoluzione e alcuni suoi contenuti politici e teorici.

Prima questione: il Venezuela (o meglio, dopo la rivoluzione, la Repubblica Bolivariana del Venezuela) ha circa 33 milioni di abitanti ed è uno dei paesi più ricchi di petrolio al mondo (il governo rivoluzionario preventivava, per il 2012, una produzione di circa 6 milioni di barili al giorno di petrolio, di cui 300 mila da destinare alla Cina). Per questa ricchezza di “oro nero” il Venezuela ha vissuto una propria, grande, contraddizione storica: da una parte è stato il primo Paese di tutta l’America Latina a liberarsi dalla Corona spagnola (nel 1811, grazie all’alleanza insurrezionale tra Francisco de Miranda e Simon Bolivar), ma, d’altra parte, ha sempre subito, sino alla liberazione “chavista”, il duro potere reale degli USA, delle sue totali politiche spoliatrici, soprattutto volte , sin dalla prima metà degli anni ’30, a saccheggiare petrolio. Dagli anni ’30 in poi l’intera storia venezuelana è riassumibile in una dialettica politico-sociale di questo tipo: egemonia interna di natura conservatrice, antipopolare e filo americana interrotta per brevi periodi da timidi tentativi di natura progressista subito soffocati da “golpe” militari, quasi sempre (non sempre) al servizio della reazione e del potere imperialista nord americano.

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 Dagli anni ’70 a tutti gli anni ’80 si contendono il potere i due partiti venezuelani  storici : Accìon Demòcratica, di stampo “socialdemocratico”, e il COPEI, che noi potremmo definire di tipo “democristiano”. Alla fine degli anni ’80 la situazione sociale venezuelana è drammatica: la disoccupazione è dilagante, l’analfabetismo è di massa, la povertà segna di sé oltre il 50% della popolazione, la povertà assoluta  circa il 20%. Un quadro sociale terribile, nonostante la potenziale ricchezza data dal petrolio e nonostante il fatto che, negli anni ’70, per il grande livello d’estrazione e di alti prezzi sul mercato dell’ “oro nero”, il Paese avesse preso il nome di “Venezuela Saudita”. Ma, evidentemente, c’era il problema – che sovraordinava ogni cosa – di una mancata redistribuzione della ricchezza e il problema del saccheggio imperialista, questioni alle quali si aggiungeva la profonda corruzione dei governi venezuelani, dei quali l’ultimo prima di Chavez, il governo di Carlos Andrès Pèrez, toccava, in termini di ruberie, aggiotaggi e corruzione, il massimo storico. E ciò, nonostante il fatto che lo stesso Pèrez, vice presidente dell’Internazionale Socialista, avesse promosso, nel suo precedente periodo presidenziale (1974-1979), politiche nazionalizzatrici e keynesiane ( grandi opere pubbliche) e programmi sociali. Ma nella sua seconda presidenza, iniziata nel febbraio 1989, non aveva più resistito agli ordini del Fondo Monetario Internazionale e la sua politica si era totalmente inchinata ai precetti iper liberisti.

Ciò che accadde in Venezuela alla fine degli anni ’80 ricorda in modo impressionante ciò che è accaduto alla Grecia di Tsipras in questi nostri anni: come l’Unione europea con Atene, così il FMI elargiva prestiti a Caracas che erano, in verità, veri e propri nodi scorsoi: si prende il prestito per questioni di default e si tenta di pagarlo attraverso restrizioni sociali così grandi da soffocare l’economia nazionale; allora si cerca un altro prestito (FMI, Ue) per far ripartire l’economia pagandolo con altri profondi tagli sociali, che uccidono l’economia e allargano la miseria sociale.

Questa fu la politica del “socialista” Pèrez, alla fine degli anni ’80, una politica che trasformava il “Venezuela Saudita” degli anni ’70 nel Venezuela dei debiti, dipendente dalle istituzioni economiche capitalistiche mondiali e grande produttore di immenso disagio sociale interno. Tra le misure  imposte dal FMI,  Pèrez fa partire immediatamente quelle relative ad un aumento del 30% dei prezzi dei trasporti pubblici ed un aumento del 30% del prezzo della benzina. E ciò proprio nel Venezuela del “todo petroleo”…

Nel febbraio del 1989 monta la rabbia sociale e si infiamma “ El Caracazo”, un moto insurrezionale di popolo (occorrerebbe chiedere al nostro interlocutore, il signor Kocis, se, vivendo a Caracas, ricorda questi giorni del “Caracazo”) iniziato a Guarenas, vicino a Caracas e poi esploso nella capitale. Decine di migliaia di poveri, di disoccupati, di donne, di giovani si riversarono nelle piazze e nelle strade in cerca di cibo e merci per la sopravvivenza, attaccando negozi e supermercati ma lasciando intatti – etica proletaria e rivoluzionaria – ospedali, farmacie, scuole.

La risposta del governo del vice presidente dell’Internazionale Socialista, Pèrez, fu quella dettata dal FMI: repressione militare durissima, sospensione delle garanzie costituzionali, introduzione della legge marziale e assassinio di massa del popolo insorto. La carneficina imperialista fu così vasta che persino il governo fu costretto ad ufficializzarla, parlando di 267 morti; in verità i morti, sul fronte del popolo insorto, furono almeno 3 mila.

Seconda questione : è in questo contesto socialmente drammatico che trova le basi materiali l’ascesa al potere di Hugo Chavez, che nel 1992, con un gruppo di ufficiali progressisti e di sinistra,  tenta un colpo di stato, che aveva l’obiettivo dichiarato  di “riconsegnare il petrolio e la  ricchezza al popolo, di rendere libero, autonomo e democratico il Venezuela”. Sconfitto, Chavez si consegna pubblicamente. Ma il suo tentativo e le sue proposte politiche avanzate gli danno una vastissima popolarità. Chávez esce dal carcere nel 1994 e la sua popolarità è sempre più estesa; nel 1997 fonda il Movimiento Quinta República (MQR), che nelle elezioni del novembre del 1998 diviene il secondo partito del Venezuela, a pochi voti dall’AD, il partito di Pèrez. Ma il tradizionale quadro politico venezuelano è ormai sconvolto per sempre e nelle successive elezioni di dicembre ’98 il MQR di Chavez ottiene il 56,2% di voti, vincendo le elezioni. Da quel momento, per il movimento “chiavista” ogni elezione è un bagno di consenso popolare, e la rivoluzione avanza. Il referendum del 25 aprile del 1999, per decidere di eleggere un’Assemblea Costituente, è approvato col 92,4% dei voti. Il 25 luglio dello stesso anno, alle elezioni per l’Assemblea Costituente, il Polo Patriottico ( la coalizione “chavista”) ottiene 121 seggi su 131. Il 15 dicembre referendum per approvare la Costituzione redatta dall’Assemblea Costituente e 72% di si, per una Costituzione segnata integralmente dai diritti sociali, dall’eguaglianza sociale, da una politica di pace e solidarietà tra i popoli e dal progetto di integrazione dei popoli dell’America Latina, in senso rivoluzionario e bolivarista, una Costituzione che cambia infatti  nome al Venezuela chiamandolo “Repubblica Bolivariana del Venezuela”.

Le politiche sociali concrete della rivoluzione  hanno un carattere antimperialista e popolare, sino al  punto che, dalla prima vittoria elettorale di Chavez e per tutti gli anni successivi, sino ad oggi, gli USA e le forze venezuelane della reazione non smettono mai di pensare ad un “golpe” che possa mettere fine al “chavismo” e non smettono mai di pensare ad assassinare lo stesso Hugo Chavez ( e anche la sua morte, avvenuta il 5 marzo del 2013, a detta di molti osservatori e giornalisti, è avvolta nel mistero). Già l’11 aprile del 2002 ci fu, plateale, il primo tentativo di colpo di stato militare contro Chavez condotto dalla forze reazionarie venezuelane col beneplacito e l’appoggio della CIA. Chavez, imprigionato, fu liberato dal popolo, che lo trasse letteralmente fuori di prigione, occupando poi tutta Caracas in opposizione al governo golpista, subito insediatosi, di Pedro Carmona, non casualmente presidente della “Confindustria” venezuelana. Da allora, sino al 2012, per Chavez non vi furono che vittorie elettorali, spesso piene, come segno della base di massa della rivoluzione “chavista”.

Terza questione, le conquiste sociali della rivoluzione: esse sono molte, vaste, tangibili. Le politiche economiche dei governi “chavisti” hanno, innanzitutto, quasi dimezzato il numero dei poveri ( dal 50% dei tempi di Pèrez agli attuali 27%, abbattendo, tramite misure sociali di forte impatto, il numero dei poveri assoluti, che passano da circa il 20% dell’ultimo governo Pèrez agli attuali 8% ( fonti dello stesso FMI). Dimezzata è anche la disoccupazione, passata dal 15% del 1999 all’8% attuale. Nel 1999 erano 450 mila i venezuelani che godevano di una pensione: ora sono più di 2 milioni. Le campagne di massa contro l’analfabetismo e l’allargamento della scolarizzazione hanno dato tra i frutti più importanti: centinaia di migliaia sono i nuovi alfabetizzati e i nuovi scolarizzati. Notevolmente rafforzata è stata la sanità pubblica, piaga sociale precedente, e oggi, ad esempio, è quasi dimezzata la mortalità infantile, che era di venti bambini ogni mille nati.

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Come è stato già scritto da importanti osservatori politici del Venezuela : “Significative, per rendere il senso della politica sociale “chavista”, sono le cosiddette  missioni sociali, rette e dirette dal popolo stesso: la Mision Barrio Adentro (letteralmente “dentro il quartiere”), dedicata all’assistenza sanitaria gratuita, specie nei quartieri popolari, ove sono stati istituiti consultori famigliari, centri diagnostici integrati e centri ospedalieri specializzati. Il tutto grazie anche alla consulenza ed all’intervento di medici cubani. Vi è poi la Mision Robinson, dedicata all’alfabetizzazione, che ha portato ad imparare a leggere e a scrivere un milione e mezzo di persone; la Mision Ribas, dedicata al completamento degli studi secondari superiori; la Mision Sucre, dedicata al sostegno degli studenti di livello universitario. E altre missioni sociali istituite dal governo Chavez, quali la Mision Negra Hipolita, dedicata al recupero delle persone emarginate e la Mision Sonrisa, che mira a dotare di protesi dentarie le persone che non se le possono permettere economicamente.

L’Unesco ha dichiarato il Venezuela, nel 2005, Paese libero dall’analfabetismo, oltre che essere stato premiato dalla Fao quale esempio per il mondo nella lotta alla fame e alla povertà.

Chavez, non a caso, ha sempre sostenuto che occorre dare potere ai poveri, affinché essi si liberino dalla povertà. In termini sanitari, poi, sono state salvate 10 mila vite da un solo ospedale cardiologico istituito nel 2006. Si tenga conto che il governo bolivariano ha investito, in sedici anni, ovvero dal 1999 al 2015, ben 732 miliardi di dollari in ambito sociale, pari al 64% delle entrate totali del Paese. Tutto ciò ha diminuito del 57% la denutrizione, la fame si è ridotta dal 21% al 5%, il salario minimo dei lavoratori è aumentato di 30 volte.

In tutto ciò è innegabile il fatto che gli interessi geopolitici che condizionano il sistema dei prezzi all’interno dell’OPEC ha portato ad una forte diminuzione del prezzo del petrolio, principale fonte di guadagno del Venezuela, e ciò ha rallentato di molto i successi ottenuti dal “chavismo”.

Pur tuttavia, come dichiarato dall’attuale presidente “chavista” del Venezuela, Nicolas Maduro, e come già previsto da Chavez nel suo “Plan de la Patria”, l’obiettivo è quello di abbandonare progressivamente l’attività estrattivista ed investire maggiormente in agricoltura ed energie rinnovabili”.

Naturalmente, dal punto di vista politico e sociale, di primaria importanza vanno considerate le nazionalizzazioni operate da Chavez, nei settori strategici dell’energia, delle telecomunicazioni, nel settore bancario, dell’estrazione mineraria e naturalmente, in quella del petrolio.

 

Quarta questione, i rapporti internazionali della rivoluzione e alcuni suoi contenuti politici e teorici: la rivoluzione venezuelana ha dato, innanzitutto, un contributo decisivo alla sconfitta dell’idea della “fine della storia” che l’imperialismo voleva ratificare dopo la caduta dell’URSS. Assieme ai paesi del BRICS, il Venezuela rivoluzionario ha contribuito notevolmente a spuntare le unghie all’imperialismo, USA e mondiale, schierandosi sempre col fronte dei paesi antimperialisti e con la lotta contro il neocolonialismo. Di grande importanza, poi, è stato il ruolo che la Repubblica Bolivariana ha dato al processo di integrazione, di natura bolivarista, dei paesi dell’America Latina, in senso  nettamente antimperialista e contro le ingerenze statunitensi.

Nel 2004 Venezuela e Cuba fondano l’ALBA ( l’Alleanza Bolivariana per le Americhe), ALBA che si dimostrerà decisiva nel fallimento dell’ALCA, ad egemonia statunitense. E il 2 dicembre del 2011, a Caracas, sotto la spinta essenziale del Venezuela e di Cuba, è nata la CELAC ( Comunità dell’America Latina e dei Caraibi) comprendente bel 33 stati di America Latina e Caraibi.

 

Sul piano più prettamente teorico, l’esperienza “chavista” – ancora giovane e, dunque, in divenire-  è, per ora, caratterizzata da un originale impasto, storicamente inedito, tra nazionalismo anticolonialista di sinistra, antimperialismo, marxismo, bolivarismo, centralità del popolo nelle scelte politiche generali e una forte impulso gramsciano che ha spinto, ad esempio, il bolivarismo venezuelano a cercare di costruire, nei territori, nelle città, nei quartieri, nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro e di studio, una sorta di  “società dei consigli”, una sorta di “società dei soviet” volta alla costruzione di un socialismo sostenuto da una fitta rete di democrazia popolare, dei lavoratori e degli intellettuali.

 

Con tutte queste prerogative antimperialiste e rivoluzionarie sono molto chiari i motivi della continua offensiva congiunta USA-forze capitaliste e reazionarie venezuelane volta all’abbattimento della Repubblica Bolivariana del Venezuela. Offensiva reazionaria che si conferma nell’attuale disegno USA di sconfiggere Maduro. In tutti i modi.

 

Per ultimo, anche per deluderlo definitivamente,  ci piace ricordare al signor Kocis, il signore ed ex compagno comunista che ci scrive e ci critica, che il Partito Comunista Venezuelano ha appoggiato pienamente Chavez sin dal 1988, partecipando attivamente alla rivoluzione bolivariana. E più che mai oggi è a fianco della rivoluzione, trovando unità d’intenti sulle questioni più dirimenti col Partito Socialista Unitario del Venezuela (il partito di Chavez) e fa blocco unico col Polo Patriottico, la coalizione unitaria che oggi  sostiene Maduro, come prima sosteneva Chavez, e il processo rivoluzionario “chavista”.

12 Comments

  1. Massi

    Caro Fosco,
    forse sarebbe stata più appropriato approfondire maggiormente la situazione degli ultimi 4-5 anni, dalla repentina malattia e morte di Chavez ai difficili anni del nuovo governo Maduro, segnati prima dalle guarimbas e poi in particolar modo dall’aggravarsi della situazione economica (si dovrebbe riflettere molto seriamente su tematiche come la cosiddetta “guerra economica”, segnata dallo sviluppo del mercato nero, la penuria generalizzata di beni e merci e il loro contrabbando oltre confine in Colombia, la criminalità e il narcotraffico, specie l’infiltrazione sempre più pervasiva in territorio venezuelano di paramilitari colombiani, l’inflazione fuori controllo e il cambio illegale bolivar-dollaro fissato da Dolar Today, etc.). Ad oggi prevale da ambo le parti (chavisti e anti-chavisti) una visione ideologica alla situazione in Venezuela: se non mi aspetto nulla dalla destra o dalla presunta sinistra social-liberale, dovremmo come sinistra avanzare una riflessione molto approfondita sulle cause della probabile prossima sconfitta del socialismo bolivariano, questione ormai di un paio di anni (il tempo di andare alle elezioni presidenziali dopo la debacle pesantissima delle legislative) o forse solo mesi (in caso di referendum o golpe), escludendo l’opzione peggiore, ossia lo scoppiare di una guerra civile. Per questa analisi servirà il contributo di tutti i compagni italiani: ho detto poc’anzi sinistra perchè non solo il PCI, o altre formazioni comuniste, ma tutti coloro che riconoscono nel socialismo e nell’emancipazione dell’umanità il proprio fine politico dovrebbero interessarsi di cosa oggi accade in Venezuela. Per analizzare seriamente cosa sta succedendo oggi in Venezuela è necessario prima di tutto avere un contatto diretto con coloro che lì ci vivono e lottano: oltre alla giornalista Gerladina Colotti, ritengo molto interessante il parere dei compagni venezuelani che collaborano alla rivista Aporrea, che forniscono quotidianamente un quadro molto più serio e critico della realtà del paese rispetto alla retorica ufficiale del PSUV. Da ultimo mi aspetto che le varie iniziative di solidarietà con il socialismo bolivariano che periodicamente vengono realizzate non si esauriscano in qualche sporadica manifestazione di sostegno dai toni trionfalistici (dato il momento completamente fuori luogo) ma diano il modo di tessere vere e salde relazioni con la parte di più combattiva e avanzata della società venezuelana, specie ora che il socialismo del XXI secolo sta affrontando nell’intero continente americano il suo momento più duro. Segnalo a questo proposito a tutti i lettori e iscritti che la Rete di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana (https://caracaschiama.noblogs.org/) sembra del tutto inattiva da oltre un anno, mentre invece è sempre ben aggiornato il sito Alba Informazione (https://albainformazione.com/).

    1. kocis

      Bello scritto, peccato che i “compagni” e leggi pure la risposta di Giannini al mio breve scritto e al quale ringrazio per aver concesso ad un umile “ex compagno” un po’ del suo prezioso tempo, pero’ vorrei farti osservare che coloro che sostengono questa dittatura rossa, per ora non ho altri termini come definirla, non faranno mai un esame di coscienza vero!!!

      1. Massi

        non ho voglia nè tempo di rispondere alle tue parole, nè lo reputo in alcun modo utile
        cordialmente

        1. kocis

          Grazie lo stesso e w stalin

  2. kocis

    Egregio sig. Giannini, quando avro’ un po’ piu’ di tempo le rispondero’, comunque grazie per avermi dedicato qualche minuto del suo prezioso tempo… Saludos da un “come lei ha scritto ex compagno”

  3. kocis

    ” che lui era un attivista del PCI e poi del PdCI: e questo lo troviamo davvero strano.”
    Perche’ strano? Ah gia’, dimenticavo… anche Lei non ammette un pensiero differente…come nell’estinto pcus o come nel pcc

  4. kocis

    “una produzione di circa 6 milioni di barili al giorno di petrolio, di cui 300 mila da destinare alla Cina).” Tutto falso, caro amigo, le cifre gonfiate prima o poi torneranno a terra…
    la produzione del petrolio era, prima del 2002 e con 40000 addetti di circa 3,5 milioni di barili al giorno, e dal 2003 e con 120000 addetti e’ scesa a 3000000 al massimo… ajtro che 6 milioni… sparate piu’ basso per favore

  5. kocis

    “il governo di Carlos Andrès Pèrez, toccava, in termini di ruberie, aggiotaggi e corruzione, il massimo storico.” Certo questo fu il motivo per il quale una gran massa di venezuelani votarono per chavez nel ’98, oggi pero’ le Ruberie, gli Agiotaggi e la Corruzione della cupola chavista l’ha largamente superata

  6. kocis

    “Venezuela dei debiti,” verissimo… chiedete al vostro esimio “presidente” quanti Debiti ha contratto con i vari paesi e senza l’approvazione della assemblea nazionale e senza, cosa peggiore, rendere noti i termini di quei contratti, che ora sono quasi proprietari del venezuela e dove sono finiti gran parte di quei soldi

  7. kocis

    “ El Caracazo” La risposta del governo del vice presidente dell’Internazionale Socialista, Pèrez, fu quella dettata dal FMI: repressione militare durissima, sospensione delle garanzie costituzionali, introduzione della legge marziale e assassinio di massa del popolo insorto.”
    la stessa risposta del governo Sucialista Roboluzionario contro gli studenti nel 2014… e che continua oggi

  8. kocis

    Sig. giannini, davvero per lei e’ strano che un ex militante del PCI sia contrario alla dittatura nazifascista rossa? Non ho mai appoggiato le idee bolsceviche, e del pensiero unico, sig, giannini

  9. kocis

    i tipi che prendono per oro colato quello che dicono i dittatori non mi deludono per niente anche se indossano la maglietta del pci odierno

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