MARCHE: Manovre militari imperialiste in Libia

Di Giorgio Raccichini, Coordinamento regionale PCI – Marche

Gli Stati Uniti hanno intrapreso bombardamenti in Libia e i governanti italiani, come sempre subalterni all’imperialismo a stelle e strisce, si mostrano favorevoli. Per combattere Daesh – dice qualcuno – bisogna sporcarsi le mani. Come sempre, le mire imperialiste vengono travestite da giustificazioni che possano essere accettate dall’opinione pubblica.

Chi è che non vuole che lo Stato islamico venga debellato? Come si fa ad essere critici se non si è in qualche modo vicini al terrorismo? L’intervento non è legittimo visto che è stato richiesto del cosiddetto “governo di unità nazionale” libico? Queste sono solo alcune delle tante domande che un osservatore esterno, come il sottoscritto, si potrebbe porre. Sono interrogativi comprensibili che tuttavia ignorano alcuni fatti che non sono proprio quisquilie trascurabili.

Il caos libico e la presenza di forze affiliate allo Stato islamico non sono il frutto di una crisi interna al Paese nordafricano, o almeno non solo, ma sono soprattutto i prodotti avvelenati di un’aggressione imperialista voluta dagli Stati Uniti e dalle principali potenze europee, compresa l’Italia, contro la Libia gheddafiana, la quale rappresentava uno degli Stati africani più indipendenti rispetto alle logiche neocoloniali dell’Occidente. In poco tempo quella Libia che aveva il più alto Indice di Sviluppo Umano di tutta l’Africa e garantiva vari diritti sociali alla sua popolazione venne annientata dalle potenze neocoloniali intenzionate a spartirsi l’appetitoso bottino petrolifero e i profitti della ricostruzione, ad eliminare un Paese scomodo e un po’ troppo indipendente e infine ad assicurarsi una base strategica nell’area mediterranea, nordafricana e sahariana.

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Interessati all’eliminazione della Libia di Gheddafi erano anche l’Arabia Saudita e gli altri Paesi del Golfo Persico, forti alleati dell’Occidente, intenzionati ad estendere il proprio imperialismo nel mondo islamico attraverso l’espansione dell’islamismo wahabita, il più retrogrado e sanguinario. Durante questa vile aggressione si rafforzarono le milizie del terrorismo islamico che poterono poi ulteriormente formarsi nelle guerre scatenate dalla Francia nella zona sahariana e nella destabilizzazione dell’Iraq e soprattutto della Siria.

Pertanto, essendo proprio le potenze dell’Europa occidentale e gli USA ad aver dato una mano alla nascita e al rafforzamento di Daesh con la partecipazione decisiva dei loro alleati mediorientali, come è possibile dare ad esse il ruolo egemone nella lotta militare allo Stato islamico?  Lo spauracchio dello Stato islamico libico rappresenta in realtà per queste potenze imperialiste il pretesto per avviare una nuova fase della colonizzazione della Libia.

E veniamo così alla terza domanda che sopra ponevo. La frammentazione della Libia emersa in questi anni poteva essere superata dagli imperialisti esclusivamente attraverso l’instaurazione di un governo quisling, cioè di un fantoccio che avrebbe dovuto immediatamente richiedere l’intervento militare statunitense con il pretesto di colpire il “terrorismo”. Metto tra le virgolette la parola terrorismo, perché in simili contesti ogni forma di opposizione al governo filoimperialista può essere facilmente etichettata come “terrorista” o “jihadista”.

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Il sedicente “governo di unità nazionale” è stato imposto dall’esterno e potrà affermare la sua autorità su tutta la Libia solo attraverso la corruzione e i bombardamenti degli USA. Adesso è cominciata l’offenisva americana; in cambio, logicamente, il sedicente governo libico sarà pronto ad elargire ai suoi sostenitori internazionali il controllo sulle risorse della Libia.

Già questo dovrebbe far capire la differrenza tra l’intervento statunitense in Libia e quello russo in Siria. I russi sono intervenuti su richiesta di un governo legittimo, sostenuto dalla maggioranza del popolo siriano, contro terroristi appoggiati dagli USA e dai loro alleati mediorientali, mentre gli Stati Uniti intervengono per rafforzare un governo da essi stessi imposto per facilitare un ulteriore intervento militare.

Gentiloni, il Ministro della guerra italiano, ha rivolto apprezzamenti ai suoi signori statunitensi e ha assicurato l’appoggio dell’Italia. Insomma l’Italia rimette l’elmetto di guerra, contando sulla disponibilità del suo padrone americano ad elargire ricompense sottoforma di contratti petroliferi e per la ricostruzione della Libia.

Gli italiani sono proprio sicuri di voler approvare una riforma costituzionale che, unita alla legge elettorale ipermaggioritaria, darà ad un solo partito, il PD secondo l’intenzione di Renzi e company, la possibilità di decidere su una questione così cruciale per gli italiani com’è quella per la pace e per la guerra? È questo ciò che viene definito rinnovamento del testo costituzionale, cioè velocizzare la capacità di mobilitazione economica e militare dell’Italia per assecondare le decisioni belliche  e strategiche della NATO e del suo comando statunitense?

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