IL TERREMOTO COME STRUMENTO DI DOMINIO

di Lamberto Lombardi, coordnamento regionale Lombardia, Comitato Centrale PCI

lamberto

Terremoto, crolli, vittime. E’ la corruzione, si dice, cosa tanto vera quanto, mi scuseranno tanti analisti impegnati, banale. Perché abbiamo bisogno di capire se davvero questa è solo corruzione o anche altro, altrimenti la denuncia rimane esercizio canonico come la bontà, la solidarietà, la cronaca giornalistica, le promesse, le doglianze e le ricostruzioni. E non si diventa più onesti parlando di corruzione come non si diventa santi parlando di peccati. Noi non crediamo che sia solo una questione di etica minima, quella del geometra, dell’ingegnere o del muratore che costruiscono male o tolgono cemento e armature dai muri per risparmiare. Non crediamo che sia solo pigrizia di sindaci o consiglieri regionali e deputati e partiti e ministri che non approntano fondi e progetti adeguati di ristrutturazione. Come non crediamo che sia solo il cinico calcolo di chi sa di poter speculare sui crolli molto più che sulle costruzioni in sicurezza.

Dal terremoto in Irpinia del 1980 sono passati più di trentacinque anni e da quello dell’Aquila una manciata, cos’è che ha portato centinaia di migliaia di persone ad accettare di vivere a pochi chilometri da lì, nelle stesse condizioni abitative tali che avrebbero prodotto gli stessi morti alla prossima scossa già annunciata? Non c’erano laureati, lettori di giornali o semplici alfabetizzati che potessero capire, sollevare il problema, ribellarsi, proporre? Ora sappiamo che sono stati rassicurati da un attivismo amministrativo che si è dimostrato ingannevole e criminale. Perché quel processo di ammodernamento edilizio che li doveva vedere protagonisti li ha visti prima come strumenti di altri nel mantenimento del potere e poi vittime predestinate e predestinati abitatori di anonime baraccopoli.

Stiamo parlando di qualcosa di non tanto differente dall degrado urbano, dalle frane da alluvione che spazzano via le case lungo gli argini dei fiumi e nemmeno diverso dai disastri della sottoccupazione che lascia migliaia di vittime tra emigrati, morti sul lavoro ed emarginati.

Stiamo parlando di popolazioni in ostaggio degli interessi di altri, interessi che in questo caso sono interessi edilizi.

E sono questi, divenute eterne le contingenze, temi storici.

Nel 1970 Valentino Parlato analizzava proprio il “blocco edilizio”, termine che non stava a significare elementi in cemento ma un ben preciso blocco sociale che ancora oggi tiene uniti, con diverse gradazioni di interesse e sfruttamento, il grande capitale, i salariati del settore, i piccoli e i grandi proprietari. Un blocco la cui rilevanza politica già si era intuita ai tempi del primo governo Leone (1964), di centro sinistra, quando una innovativa legge sul riordino del territorio ( la legge Sullo, da Fiorentino Sullo, democristiano, ministro dei Lavori Pubblici e padre del primo piano regolatore di Roma) venne osteggiata con tutti i mezzi, al grido ‘salviamo la proprietà privata’, non escluso il tentativo di colpo di Stato di quegli anni, il famigerato Piano Solo. Quella legge non vide mai la luce, nessuno mai più ci mise mano e lo scempio, così come l’abbandono, del territorio che conosciamo ne sono la diretta conseguenza. Altro che riforme.

E quando oggi emerge che quasi la metà di quei fondi destinati alle ricostruzioni o all’adeguamento strutturale degli edifici per resistere ai terremoti sono stati usati per ‘consulenze’ ci viene spontaneo domandarci se quel blocco sociale storico non si sia irrobustito con precisi settori dell’ex-amministrazione pubblica ormai esternalizzata e dilatatasi a dismisura. Gli studi di consulenza sono divenuti ricoveri sicuri per i mai sazi rampolli delle élite così come i consigli di amministrazione il ben retribuito cimitero degli elefanti della casta.

Ecco che tutto questo complesso sistema di competenze ha funzionato alla perfezione, gli studi sono stati fatti, le opere sono state eseguite, i denari sono stati distribuiti tanto che davanti alle case crollate non si sa nemmeno chi prendere a pietrate. Il sisma ha persino cancellato le tracce distruggendo l’archivio amministrativo di qualche comune contenente gli atti relativi alle recenti ristrutturazioni antisismiche. Siamo oltre il parassitismo della borghesia, siamo oltre il sistema mafioso, siamo ad un sistema di dominio. E il terremoto e la casa son divenuti gli organici strumenti di prevaricazione che lo nutrono e non calamità naturale e diritto che aprano ad un definitivo progresso delle popolazioni e dei territori. Ma per questo ci vogliono progetti a lungo termine, ci vuole la Politica di una classe che voglia essere dirigente e non semplicemente dominante, ci vuole l’essere consapevoli di doversi sottrarre al ruolo di vittime predestinate perchè questo saremo delegando a costoro. Ci vuole una società diversa non costruita sullo sfruttamento.

 

 

 

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