IL SENSO DEL PARTITO

di Nuccio Marotta – Comitato Centrale PCI

PCI

Abbiamo ricostruito il PCI e riconnesso i comunisti e le comuniste che  alla cultura e alla storia del socialismo scientifico fanno riferimento in modo  omogeneo. Bene, non era affatto scontato alla luce delle condizioni storiche date contrassegnate dall’egemonia ideologica-culturale di un capitalismo vincente e pervasivo, dalla disillusione e/o dalla passività di massa, dalla disgregazione della solidarietà sociale.
Adesso su di noi grava la responsabilità, direi storica, di farne lo strumento idoneo per perseguire l’unica finalità che possa giustificare tale scelta e l’impegno fino ad ora profuso: il rilancio ideologico della questione comunista, la riproposizione in ogni frangente dell’opzione culturale comunista  come visione del mondo, in ogni suo ambito.
E’ un tema che si intreccia con quello della stessa sopravvivenza del pianeta, e che per la costruzione del consenso assume una rilevanza determinate.
Perché se è reale, e lo è, l’interesse che l’operazione sta suscitando, come ogni giorno possiamo verificare, è, allo stesso tempo, facile scorgere spesso  negli interlocutori uno sguardo interrogante: sarà finalmente un nuovo avvio, legato alla realtà e con una prospettiva reale di trasformazione a cui riaffidare o affidare per la prima volta le proprie speranze? o la stanca riproposizione di un contenitore autoreferenziale ininfluente? o, ancor peggio, la ricerca di riposizionamento di un ceto politico in affanno?
Le nostre energie materiali ed intellettuali vanno indirizzate a dirimere radicalmente tale dubbio e non ad altro. Il contrario sarebbe uno scempio imperdonabile.
C’è un dogma di base che pesa come un macigno e che va assolutamente rimosso dal circuito mentale delle masse: il capitalismo, piaccia o no, è, oggi come non mai, l’unico sistema praticabile per la creazione di posti di lavoro.
É allora assolutamente necessario che il partito si caratterizzi e si attrezzi da subito per un recupero di centralità della ricerca teorica-culturale.
Un progetto politico come il nostro che ha l’ambizione di riaprire la battaglia per l’egemonia, pur avendo chiare le enormi difficoltà che si incontreranno nella prima fase,  non può nascere  prescindendo dall’obbligo di reimmettere nell’immaginario di massa quel che è il suo bagaglio teorico-culturale-scientifico.
Ma tematiche come “ proprietà e  controllo sociale della produzione”, rapporto tra “proprietà sociale e proprietà privata”, tra “programmazione e autogestione”, tra “individuo e società”, la “questione dello stato”, per essere riproposte, vanno consapevolmente riprese in mano e nel caso rimodulate ed attualizzate. Non si può dare tutto per acquisito.
Una strategia della trasformazione adeguata al ventunesimo secolo esige, per non  apparire velleitaria, una nuova stagione di studio e di riflessione,  per rielaborare un piano di conoscenza e cercare di arrivare ai nuovi soggetti e alle nuove generazioni con un approccio di tipo pedagogico.
Oltretutto il lavoro nella società, nei territori, le lotte, l’elaborazione di posizioni concrete sulle singole tematiche (la prassi dunque), senza un impianto teorico-strategico di riferimento, scientificamente comunista, finirebbero per essere disomogenee, estemporanee, vertenziali, retoriche e, culturalmente, facilmente subalterne. E di questo nel recente passato ne abbiamo desolatamente avuto le prove.
La costituzione, nel merito, di quel Comitato scientifico di cui si parla nelle tesi, aperto, come è politicamente auspicabile, al coinvolgimento  di quelle soggettività sociali ed intellettuali che dall’esterno guardano al progetto in atto con attenzione ed interesse, non può essere per nulla  sottovalutata o differita sine die, tutt’altro, il momento è adesso.
Va da sé che tutto ciò sarebbe vano se un partito chiamato a mostrare la sua contemporaneità non  riuscisse ad emanciparsi, con un lucido sforzo comune, da culture e pratiche politiche residuali.
A cosa e a chi servirebbe?

One Comment

  1. Ugo Boggero

    Sono d’accordo. Bisognerebbe chiamare a dare una mano in questo compito imprescindibile quella vasta intellettualità di sinistra che in questi anni si è ripiegata su se stessa…bisogna avere l’umiltà di dire: ” il partito ha bisogno di voi, abbiamo bisogno di uno sforzo culturale collettivo.” Sarebbe un’impresa degna di essere avviata

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