Scuola, il governo minaccia il sostegno

di Dina A. Balsamo, Dipartimento Scuola PCI

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A 95 giorni dalla data in cui dovrebbe essere approvata la Delega di riforma del sostegno nella scuola, ancora non se ne conoscono nemmeno le linee guida, se non attraverso qualche anticipazione giornalistica, come ha denunciato recentemente un documento di 34 associazioni.

Come si ricorderà, la Legge 107, in vigore dal 16 luglio 2015, all’ art. 180 riconosce facoltà al Governo ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della Legge, uno o più decreti legislativi “al fine di provvedere al riordino, alla semplificazione e alla codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione”.L’art. 181, comma c, specifica inoltre che una di queste Deleghe riguarda, da un lato, la ridefinizione del ruolo e della formazione del personale docente di sostegno e dell’obbligo di formazione iniziale e in servizio per i dirigenti scolastici e per i docenti sugli aspetti pedagogico-didattici e organizzativi dell’integrazione scolastica e, dall’altro, la revisione delle modalità e dei criteri relativi alla certificazione degli alunni disabili. Bene, ad oggi le uniche proposte note relative alla modifica del ruolo degli insegnanti di sostegno, sono le proposte di legge presentate, prima della L.107, da due associazioni di genitori di persone disabili, la FAND e la FISH.In particolare la “Proposta di legge per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica” presentata dalla FISH e sottoscritta anche dal sottosegretario Faraone, mira a separare l’accesso ai ruoli e la carriera degli insegnanti di sostegno da quelli delle materie curricolari. Il sottosegretario Faraone ha più volte affermato di ritenere che il sostegno venga spesso usato come una scorciatoia per entrare in ruolo e poi passare alla propria materia e si è detto favorevole ad una separazione netta delle carriere attraverso l’istituzione di una classe di concorso specifica. L’unico segnale di attività pervenuto dal MIUR è contenuto in una sola riga all’interno del documento “Piano per la formazione dei docenti 2016-2019”, nel quale, al paragrafo 4.5 “Inclusione e disabilità”, tra gli esempi di destinatari cita espressamente i “Docenti di sostegno (nel triennio va assicurato un modulo specifico di approfondimento per tipologie di disabilità)” e i docenti di classe.Se, da un lato, appare anche qui come si voglia tornare all’idea ottocentesca dell’insegnante specializzato sulla disabilità, dall’altro non si possono dimenticare le parole di Faraone che afferma: “E’ probabile che in questo modo l’espansione incontrollata degli organici di sostegno – oggi a quota 124mila docenti – cesserà, perché ad alcuni alunni verrà assegnato soltanto uno o più assistenti e i docenti curricolari verranno formati anche sul sostegno.” E forse è proprio questa la vera motivazione della “riforma” del sostegno: tagliare il numero dei docenti di sostegno e affidare i disabili ad assistenti alla persona non qualificati sotto il profilo didattico. Insomma, ancora una volta si vuole fare una riforma facendo cassa sulle spalle dei più deboli! Che delle criticità esistano nella scuola italiana riguardo l’inclusione degli alunni diversamente abili è cosa nota da anni e denunciata, puntualmente, all’inizio di ogni anno scolastico.

Le cause sono molteplici ma essenzialmente imputabili all’eccessivo numero di alunni per classe, all’esiguità delle ore di sostegno concesse, alle difficoltà di dialogo tra scuola e famiglia, tra docenti ed esperti dei servizi, tra le famiglie e i servizi. Nella scuola secondaria di II grado, poi, entrano in gioco anche una confusione tra integrazione e inclusione e il semplice inserimento degli alunni disabili nelle classi, facendo sì che questi e gli insegnanti specializzati siano sganciati dalle attività didattiche ordinarie, con il rischio della riproduzione di ghetti nelle classi e fuori dalle classi e la mancanza di cooperazione pedagogica e progettuale tra l’insegnante della disciplina e il docente specializzato, nel convincimento che quest’ultimo sia l’insegnante del disabile e non di tutta la classe e che l’alunno sia, prima di tutto, un disabile e solo in un secondo momento un alunno.

Leggendo le proposte delle Associazioni, si nota un’insistenza sul voler formare degli insegnanti specialisti sul piano tecnico-metodologico anzichè degli esperti delle problematiche educative e pedagogiche. Si ha insomma l’impressione che si vogliano, da un lato, dei docenti iperspecializzati in senso diagnostico-clinico e, dall’altro, delle figure che dovrebbero prendersi cura del bambino disabile sotto ogni aspetto, una sorta di badanti insomma, il tutto a scapito di una reale integrazione che non può che passare attraverso buone pratiche sostenute da un valido modello pedagogico.

Sicuramente occorre rivedere alcuni aspetti della formazione iniziale di tutti gli insegnanti, prevedendo una robusta formazione pedagogica per i docenti di tutti i livelli di istruzione; ma occorre anche ri-pensare alla scuola come comunità educante ed inclusiva dove l’insegnante specializzato di sostegno non sia uno specialista delle varie tipologie di disabilità ma un tecnico della mediazione e dei percorsi indiretti e che sa individuare, come affermava Lev Vygostkij, la zona di sviluppo prossimale di ogni alunno e la zone di sviluppo potenziale di ogni contesto socio-culturale dove avviene l’esperienza educativa.

Sicuramente importante è la conoscenza della varie tipologie di disabilità ma ancor più importante è la capacità di fornire risposte pedagogiche adeguate, andare a caccia di capacità e potenzialità e non di sintomi, incapacità o ‘comportamenti problema’, a meno di non voler ritornare alla “pedagogia del ghetto” delle vecchie Scuole Speciali.

Come si può facilmente intuire da quanto qui brevemente accennato, il dibattito che avrebbe dovuto svilupparsi su un tema così complesso e delicato come la riforma del sostegno, sarebbe dovuto partire all’indomani dall’approvazione della Legge 107, si sarebbero dovuti convocare subito dei tavoli di lavoro facendo partecipare i migliori specialisti in ambito pedagogico e della didattica speciale, le associazioni dei docenti specializzati ed avviare un confronto serio con le associazioni dei genitori degli studenti disabili e invece, ancora oggi,….il NULLA!

Dopo aver dato ampia prova dell’incapacità a gestire l’inizio dell’anno scolastico, con intere province ancora senza docenti in cattedra e tribunali di tutta Italia intasati dai ricorsi dei docenti, questo Governo si appresta a creare un altro mostro che precluderà definitivamente l’accesso all’istruzione della categoria più debole in assoluto: i bambini diversamente abili.

 

 

 

 

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