Selene Prodi, PCI, Segretaria Regionale Emilia Romagna
Ciò che è successo a Gorino non dovrebbe sorprenderci. È lo specchio di ciò che è diventata una parte della nostra società dopo anni di volute mancanze.
La vergognosa reazione dei cittadini nei confronti dell’accoglienza di 20 immigrati, dovrebbe indignarci molto più, non per la reazione in sé, ma per quello che significa.
Significa che anni di sistematico e consapevole impoverimento, non solo economico, ma ancora più sociale e culturale, hanno prodotto questi risultati: paura, violenza e abbrutimento.
Il welfare inadeguato, l’abbattimento della coscienza critica e l’ignoranza conducono necessariamente al timore dell’altro, del diverso e a vedere come minaccia chiunque e qualunque cosa. In un clima di “guerra tra poveri” non stupisce che ci siano cittadini che rifiutano anche con gesti plateali e violenti, la sola presenza di 20 persone. Poco importa che siano donne e bambini, il problema sono “loro”.
A tutto questo dobbiamo aggiungere un dato fondamentale: la pessima gestione dell’accoglienza e dell’integrazione da parte delle istituzioni.
Il Prefetto e i Sindaci di Goro e Ferrara non hanno avuto la capacità, o la volontà, di trovare soluzioni alternative alla requisizione di un ostello, atto prevedibilmente controverso. L’accoglienza non è solo trovare un alloggio e organizzare un servizio.
L’accoglienza passa attraverso l’accettazione e la buona comunicazione. Avrebbero potuto fare di meglio? Certamente si. Il valore politico si misura su queste cose, non su chi urla meglio lo slogan di turno. Siamo pieni di queste “istituzioni” che si limitano all’obbedienza e alla mera esecuzione di una procedura. È questa la Politica che vogliamo?
Sono passati tre giorni dagli eventi di Gorino e già non se ne parla più. Gli eventi accadono, si fa a gara a chi si vergogna di più, e, con buona pace di tutti, si chiude la vicenda con un “dimostreremo di essere diversi”.
Ma non si risolve tutto così, con una dichiarazione.
La società capitalistica è di per sé conflittuale, porta a diseguaglianze sociali in nome del profitto e dello sviluppo (attenzione, non “progresso”). La demolizione lenta e sistematica della scuola e della sanità, che viene giustificata dai costi e dalla semplificazione, l’abbattimento dei diritti del lavoro, in quanto ostacoli alla produttività, cosa hanno prodotto? Hanno prodotto una folla di persone che teme per la propria sopravvivenza, che vede come “concorrenti sleali” nell’acquisizione dei propri diritti altri esseri umani, e che spinta dall’ignoranza innalza barricate. Questo produce il capitalismo: una crisi profonda della società, della cultura e delle istituzioni.