di Francesco Valerio Della Croce, Segretario Nazionale FGCI
Oggi celebriamo il 99° anniversario della Rivoluzione socialista d’Ottobre, il 7 novembre 1917, il giorno in cui l’Incrociatore Aurora sparò il colpo di cannone più famoso dei “dieci giorni che sconvolsero il mondo” come lì definì nel titolo di un famoso volume John Reed. Un evento straordinario che scandì per sempre indelebilmente un cambiamento assoluto della storia dell’umanità.
I rivoluzionari guidati da Vladimir Ilic Ulianov – più noto come Lenin – dimostrarono all’umanità che i rapporti sociali di produzione non sono naturali, che la soggettività rivoluzionaria era in grado di rompere il dogmatismo per il quale la rivoluzione proletaria sarebbe potuta scoppiare solo nei Paesi fortemente industrializzati nell’ambito del capitalismo più avanzato. Con la teoria dell’anello debole, cioè della conquista del potere rivoluzionario nei Paesi costituenti i “punti deboli” del capitalismo internazionale, in particolare nella Russia zarista imperniata su un feudalesimo rigido, e con la rivoluzione che portò alla costruzione del socialismo sovietico, Lenin ha dimostrato quanto la teoria rivoluzionaria e la pratica rivoluzionaria siano due momenti inscindibili e irrinunciabili.
Da quell’evento prese corpo l’edificazione dell’URSS, l’Unione Sovietica, che segnò per decenni una fase storica caratterizzata da uno scontro forte tra mondi opposti, una lunga e decennale vicenda storica in cui il socialismo realizzato fu protagonista di tornanti storici essenziali: dalla vittoria sul nazifascismo, alla lotta di liberazione dei popoli del mondo contro l’imperialismo, passando per la lunga fase della guerra fredda, in cui il movimento comunista in Europa conobbe una fase di espansione fortissima e la conquista di diritti sociali e civili senza precedenti. Tutto ciò accadde in un periodo storico di appena pochi decenni, uno sviluppo delle libertà tali mai si è conosciuto nei secoli precedenti.
L’edificazione della società socialista, la prima esperienza di costruzione di un modello sociale libero dalle contraddizioni di fondo del capitalismo e volto alla realizzazione di una società in cui la proprietà dei mezzi essenziali di produzione non fosse appannaggio di classi dominanti ma di tutto il popolo, ha contrassegnato la storia dell’umanità e la storia del movimento comunista e rivoluzionario mondiale.
L’insieme dei partiti e delle esperienze comuniste più significative oggi nel mondo convergono su una riflessione dialettica, non liquidatoria, del cosiddetto “socialismo realizzato”. Al netto di errori e fenomeni di degenerazione (come definiti da Palmiro Togliatti), processi storicamente determinati anzitutto dalla unicità della rivoluzione e delle condizioni concrete da cui è scaturita la nascita della società sovietica, la Rivoluzione d’Ottobre resta rimane un fatto centrale, tanto della storia del novecento, quanto della nostra contemporanea. Essa non ha esaurito la sua spinta propulsiva ed anche le società e le esperienze politiche sorte da quell’evento continuano ad essere un punto di riferimento per la costruzione della società socialista nel XXI secolo. La definizione migliore che possiamo adottare per definire la rivoluzione e le esperienze storiche da essere direttamente o indirettamente scaturite è sicuramente quella elaborata dal prof. Domenico Losurdo nel definire tutto questo processo storico un grande “processo di apprendimento”.
Una lezione ben presente oggi nelle fila delle organizzazioni comuniste: se i partiti e movimenti che hanno animato la lotta antimperialista ucraina e la separazione del Donbass si richiamano direttamente nel nome e nella loro politica al socialismo sovietico deve esserci una ragione. Se la memoria del comunismo e delle sue esperienze realizzate nel Novecento produce fenomeni di “nostalgia”, così definiti dai media poichè marcatamente riscontrati nelle società della ex DDR, della Romania, della ex Jugoslavia, nelle ex Repubblica sovietiche, ecc. deve esserci una ragione.
Se ad animare la resistenza antimperialista e la lotta al terrorismo islamico in questi anni è stata la Siria, storia alleata dell’URSS prima e della Russia attuale, guidata dal presidente Assad che non rinnega il socialismo e anzi ne sostiene il progetto seppur nella sua precisa connotazione storica araba, la questione interroga seriamente non solo sull’attualità ma anche sulla imprescindibilità nella situazione attuale di esperienze storiche che si richiamano al socialismo.
In ultimo, ma evidentemente non per importanza, se è la Repubblica Popolare Cinese, guidata dal più grande Partito Comunista che la storia ricordi – che conta circa 80 milioni di membri – a contendere (e in più settori fondamentali dell’economia a superare) il primato storico degli USA come nazione mondiale egemone, siamo in presenza di un capovolgimento della narrazione dominante che, dopo la caduta del muro di Berlino, aveva imposta la fine della storia e dell’eresia comunista del novecento a fondamento di una nuova era del neoliberismo e dei rapporti di produzione capitalistici.
Oggi dalla Cina socialista, da suoi alleati racchiusi nell’acronimo BRICS, può sorgere una nuova prospettiva rivoluzionaria e storica, direttamente incidente a livello globale. Ciascuno di questi Paesi è caratterizzato da condizioni oggettive e soggettive interessanti per i comunisti (con diversa intensità a seconda dello Stato che si prende ad esempio): dalla forte presenza dello Stato in economia (le lezioni contenute in “Stato e Rivoluzione” di Lenin sul capitalismo di Stato è bene non dimenticarle mai), l’antagonismo nei confronti dell’imperialismo e della guerra globale perseguita dall’Occidente capitalista, la presenza di grandi partiti comunisti (seppur in posizioni e con influenze diverse nei confronti del potere politico in ciascuno di questi Stati). Alcuni di essi, pur non essendo Paesi socialisti, richiamano la nostra attenzione per le dinamiche specifiche che si stanno rapidamente generando nelle loro società: si pensi alla Russia, che stretta in una politica di “contenimento” operata dagli USA e dalla NATO, attraversa una fase di transizione in cui il richiamo al passato sovietico si manifesta con evidenza e crescente diventa il rapporto politico strategico con la Cina popolare; oppure – esempio ancora più diverso – si pensi all’India, definibile forse come l’anello debole del fronte dei BRICS a causa di una inclinazione che si fa sempre più pendente verso la cooperazione economico-militare con gli Stati Uniti, che vede operare nei suoi confini due forti partiti comunisti e un grande movimento sindacale che in questi anni e in queste settimane hanno portato in piazza milioni e milioni di lavoratori su parole d’ordine avanzate, dimostrando capacità di mobilitazione e organizzazione di masse sterminate. Due esempi di cosa possa significare la nostra “attenzione” nei confronti di due Paesi diversi e con dinamiche nazionali differenti, ma espressione di una fase di transizione interessante.
Le condizioni che caratterizzano questi Paesi devono catturare l’interesse dei comunisti, che non devono cadere mai nell’idolatria o nella confusione storica di esperienze diverse e tantomeno nel liquidazionismo o nel dogmatismo. Ad essi è richiesta una cosa semplice – ovviamente difficile a farsi – cioè quella di essere marxisti.
La cooperazione ricercata tra i Paesi socialista – dalla Cina, a Cuba, passando per il Vietnam e per i Paesi latino americani che perseguono vie originali e nazionali a socialismo, e altri – è un fatto significativo. La stesso identità d dibattito politico su un tema delicato come quello del “mercato socialista” e del rapporto tra pianificazione state e mercato privato (dibattito che animava, eccome, anche le fila dei bolscevichi che avevano conquistato dopo l’Ottobre il potere politico), è un segno dei tempi e di quel processo storico di apprendimento dal Novecento citato sopra. Così come la volontà emergente dai compagni cinesi di costruire maggiori convergenze e strutture permanenti (una nuova Internazionale, è il termine che viene espressamente utilizzato, ad esempio, in una delle schede allegate al documento politico congressuale del PCI) ci dice che è in atto un processo positivo e senza precedenti negli anni recenti. Tutti fattori che incoraggiano pur non facendoci dimenticare la situazione difficile attraversata a causa della restaurazione capitalista e imperialista in corso con ogni mezzo nel mondo.
La presenza dei comunisti nel mondo è un fatto storico inconfutabile, la presenza di Stati socialisti non è trascurabile, anzi. La Rivoluzione d’Ottobre continua a segnare di sè i nostri giorni, sarà compito nostro essere in grado di agevolare lo sprigionamento del suo richiamo, della sua forza, dei suoi insegnamenti. Gramsci scrisse che non erano tanti i rivoluzionari dell’Ottobre, erano alcune migliaia ma essi avevano idee chiare e avevano grande omogeneità e affinità teoriche e politiche. A noi il compito di non dimenticare mai questa lezione, per diventare di più ed essere protagonisti, anche in Italia, degli sconvolgimenti che sicuramente avverranno a livello mondiale nei prossimi mesi. Forse, persino nei prossimi giorni.