di Giorgio Langella, direzione nazionale PCI
Difficile trovare notizie sul processo d’appello della Marlane-Marzotto in corso a Catanzaro.
Una sola, riportata nel sito “miocomune.it” con il titolo inequivocabile “Processo Marlane: la Corte d’Appello rigetta la rinnovazione della perizia” spiega brevemente cosa è successo all’ultima udienza.”
Questo è il testo dell’articolo: “PRAIA A MARE – 26 nov. – Cade un tassello importante per l’accusa al processo in Appello sulla ex fabbrica tessile Marlane di Praia a Mare. La Corte d’Appello ha rigettato la richiesta di rinnovazione della perizia. Una serie di atti ritenuti importanti perché in primo grado le Parti civili avevano sostenuto che il campo relativo alla perizia tecnica si fosse ridotto. Con la rinnovazione, richiesta dall’accusa, si volevano esplorare nuovamente dei campi ritenuti importanti dalle Parti civili e dall’accusa. La perizia si basa anche sui prelievi del materiale.
Un’attività che è stata “cristallizzata” nel corso delle prime indagini effettuate nell’area dell’ex fabbrica tessile che poi è rimasta sotto sequestro per diversi anni. Il materiale è stato recuperato nei terreni della struttura.
La perizia, era stata presentata al Tribunale di Paola lo scorso 4 luglio 2014. Numerosi, in primo grado di giudizio, erano stati i rinvii prima della consegna degli atti richiesti, tant’è che la vicenda aveva fatto discutere e la Parte civile aveva contestato il documento in quanto i tecnici avrebbero limitato il “campo” a pochi lavoratori deceduti per tumore. I periti nominati dal Tribunale di Paola, i professori Comba, Betta, Triassi, e Paludi nella perizia avevano ribadito che potevano tenere presente, ai fini del nesso di causalità tra l’attività lavorativa e le patologie tumorali dei lavoratori, soltanto i casi di tumore al polmone, restringendo, quindi il settore.”
Non ci sarà né verità né giustizia per le oltre cento vittime, (che su poco più di mille lavoratori è una percentuale spaventosa) che, così, continuano a morire. Continuano a morire a causa dell’indifferenza dei grandi organi di informazione, dell’ignoranza dell’opinione pubblica, della volontà di girarsi dall’altra parte e di chiudere gli occhi. Muoiono infinite volte a causa delle decisioni di una “giustizia” che, grazie a tecnicismi, rinvii, impedimenti e cavilli di vario genere, evita di ricercare la verità. Una “giustizia” che, evidentemente, non è fatta per chi vive del proprio lavoro.
Siamo costretti a vivere in un sistema dove la disuguaglianza è diventata una normalità alla quale non ci si può più opporre. La nostra società assomiglia sempre di più alle aziende che descriveva con sarcastica ironia (e, brutale realismo) Paolo Villaggio quando ci faceva sorridere con le “avventure” del ragionier Ugo Fantozzi. Una società/azienda dove esistono “superiori” e “inferiori”. Dove i primi possono arrogarsi il privilegio di fare qualsiasi cosa, mentre i secondi devono subire passivamente il loro tragico e servile ruolo di sudditi. E lo accettano perché vinti e rassegnati.
Una società cattiva e spaventosa che viene resa più solida grazie a “riforme” che limiteranno ancora di più i diritti di chi vive del proprio lavoro. È una società senza futuro, irriformabile che può e deve essere cambiata dalle radici.
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