UNA VITTORIA DEL POPOLO, UN MESSAGGIO PER LA SINISTRA.

di Norberto Natali, Comitato Centrale PCI.

no-referendum

Il 59,1% ai NO (senza il voto estero sarebbe il 60%) è lo stesso risultato che ottenne il NO nel primo referendum della storia della Repubblica, quello del 1974 contro il divorzio. Sono anche altre le similitudini tra quella consultazione e l’attuale, benché prevalgano le differenze.

Si possono già ricavare alcuni significati di questo voto, cominciando a leggerlo al suo interno in attesa che un’analisi più approfondita possa eventualmente fornirci valutazioni più precise.

Perché è stata una vittoria del popolo?

Nell’esito hanno certamente contato l’orientamento e l’azione delle forze politiche, dei loro apparati, tuttavia fare una trasposizione automatica tra percentuali ottenute in questi anni dai partiti del NO e l’esito del referendum, significa non capire quello che è successo. Una simile interpretazione avrebbe, forse, avuto più senso se l’affluenza fosse stata un po’ al di sotto del 50%.

Gli attuali partiti non sono in grado di portare tanta gente al voto, in una consultazione simile e non hanno la capacità di ottenere tanti voti senza il “traino” delle clientele e del carrierismo personale di tanti candidati, tipico di consultazioni amministrative o politiche. Piuttosto è vero quel concetto espresso dal compagno Berlinguer e ricordato, proprio in campagna elettorale, da Sabrina Ferilli: nei referendum il popolo italiano è più libero (dalla corruzione, dai ricatti, dal peso di mafie e meschini interessi) ed esprime di più il proprio vero volto.

Si aggiunga che la eterogeneità del fronte del NO (“l’accozzaglia”), di per sé non negativa, comunque non è -obiettivamente- un elemento che ha favorito il voto per il NO. Lo sappiamo bene noi che abbiamo dovuto combattere (con qualche successo, sembra) la tendenza (comprensibile ma non condivisibile) di molti progressisti e compagni della sinistra ad astenersi, non certo perché indecisi nei confronti di Renzi e della sua aggressione alla Costituzione.

Infine, sul piano mediatico, non c’è stata certo la stessa proporzione che -sulla carta- avevano le forze in campo: lo squilibrio a favore del SI è stato sempre evidente e con un crescendo vergognoso.

Si consideri poi la sostanziale assenza, dalla contesa referendaria, di forze che hanno generalmente grandi capacità di mobilitazione come il mondo cattolico. Molti conoscono, poi, l’orientamento per il SI di tanti simpatizzanti (a volte anche di esponenti) di partiti di destra ed in casi limitati, purtroppo, anche di sinistra.

Peraltro, la sinistra è stata discriminata dal sistema di disinformazione, soprattutto in queste ore dopo la diffusione dei risultati. Il referendum è stato presentato, per mesi, come una contesa tra Renzi e Salvini o (quando “conveniva”) tra Renzi e Grillo; l’ANPI veniva nominata solo per far credere che andasse a braccetto con Casapound (ma qualcuno ha visto mai un impegno effettivo, di gruppi fascisti di questo tipo, nella campagna referendaria?). Oggi sembra che i vincitori siano solo Berlusconi, Salvini, Grillo, Bersani ma non è così.

I partiti parlamentari contrari alla “deforma” costituzionale hanno certamente contribuito al risultato ma questo non basta a portare il 68,5% degli italiani al voto e il 60% a dire NO. C’è stata evidentemente una mobilitazione popolare e di base, uno slancio di coscienza spontaneo e capillare che spiega questo straordinario successo. Sembra che tutte le partigiane e i partigiani ci abbiano guidato, “protetto” e spinto alla vittoria. Molti avrebbero votato (e fatto votare) in difesa della Costituzione a prescindere dagli schieramenti politici favorevoli o contrari. Suggestivamente, si potrebbe dire che il vento del 25 aprile si è fatto sentire ancora.

Chi scrive, sfidando la propria salute, è riuscito a fare alcuni volantinaggi ed è stato impressionante l’entusiasmo e la convinzione di quanti, per strada, chiaramente non politicizzati, dichiaravano di essere già per il NO: non era un pretesto per rifiutare il volantino ma il motivo per chiederne altri, da portare in famiglia e tra i conoscenti. E’ stata una vittoria popolare perché la prepotenza mediatica di Renzi e dei suoi ha avuto un effetto contrario a quello voluto: la gente si è ribellata all’invadenza ed anche al tentativo di prenderla un po’ per “fessa” con promesse e dichiarazioni da venditore di pentolame.

Inoltre, è stata una vittoria del popolo perché i ricchi e i potenti (nostrani e stranieri, fino ad Obama) erano chiaramente per il SI, mentre i primi dati dimostrano che il NO ha stravinto tra i ceti meno abbienti. Prendiamo l’influenza del SI sul totale del corpo elettorale e facciamo una graduatoria, tra le regioni italiane, dalla più alta alla più bassa: più o meno riflette la graduatoria del PIL procapite. Più le regioni sono ricche, meglio va il SI.

Qualche accenno sulla distribuzione del voto all’interno delle singole regioni è ancor più chiarificatore. Nella città di Milano, per esempio, il SI vince ma nella media di tutti i comuni della sua provincia (escluso il capoluogo) perde ed ottiene una percentuale significativamente inferiore a quella media della regione.

A Roma città (l’affluenza è praticamente pari a quella nazionale ed il NO è un po’ al di sotto) il SI vince nei municipi dell’aristocrazia e della media e alta borghesia (I° e II°: centro, Vaticano, Parioli) dove l’affluenza è anche più alta, e nel XV° municipio, Ponte Milvio e quartieri della periferia nord, mentre il NO dilaga, per esempio, nel IV° e VI° municipio, ossia la zona operaia della Tiburtina e le borgate raccolte intorno alla nota Tor Bella Monaca.

NATURA E CONSEGUENZE DEL VOTO. In definitiva, già possiamo ipotizzare che il voto e la scelta popolare si siano dislocati su tre piani, variamente intrecciati tra di loro: favorevoli a Renzi/contrari al governo; cambiamento della Costituzione/sua difesa; ricchi e potenti/lavoratori e masse impoverite. Il responso, soprattutto considerando l’affluenza (e quindi quasi 20 milioni di persone reali che hanno votato NO) è chiarissimo.

Anche per questo Renzi è scappato subito. Tuttavia il suo è un gesto che getta un’ombra vagamente eversiva sul suo governo e su questo anno (quasi) segnato dalla scadenza referendaria. Un esecutivo deve rispondere dei programmi e degli impegni che ha assunto in Parlamento (su cui ha chiesto e ottenuto la fiducia) e delle responsabilità assegnate ad esso dal nostro ordinamento costituzionale. Proprio perciò ha poco a che vedere con i cambiamenti istituzionali e le modifiche alla Costituzione.

Tuttavia passi che le proponga e si impegni a sostenerle, ma che sostituisca (o anteponga) queste ai suoi compiti istituzionali e alle sue competenze è troppo. Già si è impegnato nella campagna elettorale anziché dirigere il governo, ma che se ne vada ora, come ha deciso, ha un segno di ritorsione, di omissione e sabotaggio che dovrebbero essere indagati.

Qual’era allora il suo vero scopo e a chi rispondeva veramente? La domanda è anche geografica e sottende: quali potentati stranieri interferiscono troppo sulla nostra democrazia?

In ogni caso, è probabile che qualcun altro ora governerà, forse anche un nuovo “Nazareno”, speriamo (anzi lottiamo) non escano fuori altre “ruote di scorta” di sinistra a sostegno dei renziani.

E’ anche possibile ritrovare al governo, in seguito ad elezioni anticipate, il M5S o la destra. E’ bene chiarire subito: non è colpa della Costituzione antifascista se Renzi ha spaccato il paese per abbatterla, generando questa situazione e neanche se la sinistra -dopo due decenni di errori- è ridotta ad un ruolo marginale e gode di scarso credito tra le grandi masse popolari.

Chiunque vada al governo dovrà fare i conti con un pronunciamento (tanto massiccio da divenire “ingombrante”) del popolo a favore della Costituzione: come potranno fare nuovi tentativi di cambiarla? Condurranno la loro politica reazionaria o demagogica ma per un bel pezzo non potranno toccare, almeno formalmente, la lettera della Costituzione.

Noi comunisti vigileremo e lotteremo anche per questo.

IL MESSAGGIO PER LA SINISTRA. Il ruolo e il rilancio della sinistra, nella stagione che si apre oggi, parte proprio dalla lotta PER L’ATTUAZIONE della Costituzione.

Molti daranno il significato che vogliono al NO, per noi è un programma conseguente: democrazia, lavoro, sovranità popolare (in questo senso anche nazionale), piena uguaglianza dei cittadini, tutela dello sviluppo creativo della personalità umana, ripudio della guerra, retribuzioni (compresa previdenza ed altro) proporzionate al lavoro e idonee ad una vita libera e dignitosa, controllo e limitazione della grande proprietà, sua eventuale espropriazione con gestione affidata a lavoratori e utenti, ecc.

Questa lotta dovrà ispirare la nostra strategia unitaria sul piano elettorale, politico e del movimento di massa.

Certo, spiegare la vittoria del NO solo come successo del proletariato contro il governo borghese che voleva toccare la Costituzione sarebbe un’esagerazione, ma lo sarebbe ancor di più negare il dato di classe e progressivo di questo risultato. In fondo, un fenomeno il quale, per certi versi, molti collegano ai voti in Austria, negli USA, in Gran Bretagna, da noi non avviene inseguendo nazismo e odiosi miliardari. Il malcontento di larghe masse e la loro ansia di cambiamento si esprime a difesa della Costituzione antifascista nata dalla Resistenza.

Gli italiani non sono dei populisti irrecuperabili, idioti plagiati da Salvini o Grillo (secondo il mantra del PD ma, anche, purtroppo, di certa sinistra).

Fa riflettere il risultato di Goro: 72,5% al NO (assai superiore alla media della provincia di Ferrara nella quale, peraltro, il NO ha vinto a differenza dell’intera Emilia Romagna). Questo risultato dimostra che la sinistra deve abbandonare, laddove ci sono, posizioni minoritarie e snobbistiche e contendere invece alla destra il consenso di larghe masse popolari: può farlo e può riuscirci. Soprattutto con la lotta, come già detto, per la piena applicazione della Costituzione.

In questo modo, dobbiamo porci anche l’obiettivo di contendere ai renziani (diciamo così) il consenso e il sostegno di milioni di italiani che hanno votato per il SI (ma non tutti) illudendosi di esprimere così la loro opposizione allo stato di cose presenti. La nostra vittoria sarà ancor più completa se porteremo tanti che hanno votato SI sul piano della lotta del rinnovamento della società tramite l’attuazione della Costituzione anziché il suo cambiamento.

Infine, dobbiamo contendere al M5S la titolarità di punto di riferimento delle più radicali e popolari speranze di cambiamento e trasformazione della società. Non potremmo farlo se -magari involontariamente- la sinistra rischia di fare eco al PD nelle sue polemiche contro i grillini. Riconquisteremo il consenso di ampie fasce di popolo che votano per loro misurandoci con il M5S su tre terreni.

  1. La lotta contro la guerra e sul piano della strategia internazionale (antimperialista).
  2. Un programma di contenuti e rivendicazioni di classe esteso alla partecipazione proletaria, organizzata, alle scelte politiche ed amministrative.
  3. Il riconoscimento che il capitalismo non è risanabile, non può essere corretto e che la soluzione ampia e duratura dei gravi problemi delle famiglie lavoratrici e della gioventù è in un’alternativa credibile al suo sistema.

Abbiamo ascoltato delle note stonate nella campagna del NO.

Travaglio, per esempio, in una trasmissione di ottobre pronosticò la vittoria del SI: perché di fronte alla prevedibile tattica renziana di fare promesse e dare dei contentini, disse che gli italiani sono sempre pronti a vendersi per quattro soldi, quindi vincerà Renzi. Ieri pomeriggio ho sentito vari esponenti della sinistra (non del PCI, beninteso) accogliere come malaugurante l’alta affluenza al voto: riecheggiavano un po’ i pregiudizi di Travaglio, se vanno a votare in tanti significa che andrà male, perché il “popolino” è ignorante e servile.

Anche per questo genere di sinistra, è chiaro il messaggio del referendum, anzi è un avvertimento.

Tuttavia, non ci potrà essere rilancio e rinnovamento della sinistra senza un forte PCI. I primi insegnamenti che derivano da questo voto sono che si può e si deve perseguire una rapida (in termini storici) e vasta espansione del suo consenso di massa e del suo radicamento di classe. Mi sembra sia stata questa, in sintesi, la linea adottata dalla prima riunione del Comitato Centrale e lì proposta dal Segretario del Partito.

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