di Fosco Giannini – segreteria nazionale PCI, responsabile dipartimento esteri
La notizia evoca nuovi orizzonti mondiali e probabilmente è anche evocatrice di nuovi processi storici: dalla fase che va dall’ultima campagna elettorale, negli USA, per eleggere il nuovo Presidente, sino al primo atto ufficiale di Donald Trump – la firma del ritiro degli USA dal Trans Pacific Partnerschip (TPP) – 25 nuovi Paesi del mondo hanno annunciato l’iscrizione all’Asian Infrastructure Investement Bank ( AiiB), la Banca mondiale fondata nell’ottobre 2014 a Pechino su proposta e progetto della Repubblica Popolare Cinese e del Partito Comunista Cinese.
Il motivo di questa nuova e numerosa iscrizione all’AiiB trova le sue ragioni nella nuova politica isolazionista americana, che proprio nell’atto ufficiale del ritiro degli USA dal TTP manifesta un suo, primo, punto alto.
L’Amministrazione Obama aveva concepito il TTP come un ulteriore e forte strumento economico per riaffermare, da una parte, la leaderschip USA in Asia e, d’altra parte, per irrobustire la linea volta all’emarginazione della Cina, che era (ed è) fuori del TTP. Erano 12 i grandi Paesi, infatti, che dovevano formare il TTP : Usa, Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Vietnam ( e attenzione a questa presenza vietnamita, che è simbolo di un quadro internazionale particolarmente contraddittorio e non così facile da decodificare).
Con il primo atto ufficiale della presidenza Trump ( l’uscita degli USA dal TTP) il quadro economico asiatico cambia radicalmente e questo cambiamento è talmente forte da poter segnare l’intero quadro economico mondiale, e dunque anche quello politico mondiale.
L’AiiB ( la Banca mondiale fondata a Pechino) nasce col chiaro intento di offrire una poderosa sponda economica ai Paesi che vogliono liberarsi dal dominio del Fondo Monetario Internazionale (dominio esteso su scala mondiale) e dal dominio economico dell’Asian Development Bank ( che ha un progetto di dominio su scala continentale).
Dal marzo 2015 è lo stesso Presidente cinese, Xi Jinping, ad essere il promotore dell’AiiB, che sin dall’inizio registra un enorme successo in termini di adesioni internazionali e di capitale raccolto: rispetto ad un preventivato capitale di prima entrata di 50 miliardi di dollari, si registra subito un’entrata di 100 miliardi di dollari ( poco meno del 30% di provenienza cinese) e, sotto la spinta dell’adesione alla nuova banca progressista mondiale dei Paesi BRICS ( Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) entrano nell’AiiB 57 Paesi, tra i quali Germania, Gran Bretagna, Francia, Svizzera, Australia e Italia. Fuori dall’AiiB, naturalmente, gli USA, il Canada, il Giappone e Taiwan, a rimarcare la presenza, nel quadro mondiale, della titanica lotta politico-economica tra vertici imperialisti e i BRICS.
Due fatti hanno preso contemporaneamente e immediatamente corpo attraverso la scelta di Trump di far uscire gli USA dal TTP per “proteggere” l’economia americana : primo, la dottrina Obama, volta all’emarginazione ( o quantomeno al contenimento) dell’ economia cinese in Asia attraverso lo sviluppo dello stesso TTP, è miseramente e totalmente crollata sugli stessi colpi protezionistici della nuova Amministrazione USA; secondo, l’uscita degli USA dal TTP ( che segna, in prospettiva non lontana, la fine dello stesso TTP) apre spazi di manovra economica e politica immensi all’AiiB e, dunque, alla Cina e ai Pesi BRICS.
E’ stato proprio ieri (lunedi 24 gennaio) che il Presidente della banca del fronte progressista mondiale, ( Jin Liqun), ha annunciato l’ iscrizione all’AiiB dei nuovi 25 Paesi, tra i quali Canada, Irlanda, Etiopia. Jin Liqun ha chiaramente affermato che “nel nuovo quadro mondiale che si sta determinando, anche dopo la vittoria di Trump e l’avvio di politiche economiche protezioniste, Pechino e l’Aiib hanno nuove responsabilità mondiali”. A dire, cioè, che sarà la Cina e i suoi alleati a prendersi sulle spalle l’onere di un nuovo sviluppo economico mondiale – negato dalle nuove chiusure protezionistiche – non basato sul profitto della speculazione finanziaria e imperialista.
L’AiiB ( come testimonia chiaramente il suo stesso nome) è diretta a finanziarie le grandi opere infrastrutturali del mondo e dunque essa è, in potenza, un titanico strumento di costruzione di nuove relazioni – ponti economici e politici – tra Paesi e Paesi a livello mondiale: in qualche modo l’anticipazione stessa di un nuovo ordine mondiale, di natura non più imperialista ma dai caratteri solidali.
L’ AiiB è pronta a finanziare enormi opere infrastrutturali in Asia, Europa e Africa, lungo la Nuova Via della Seta ( Una Cintura, Una Strada, come viene anche chiamata dai cinesi). Xi – Jinping, il Presidente della Cina, ha annunciato, tra l’altro, nel recente summit a Davos, che a maggio si terrà a Pechino un vertice dei Paesi mondiali disponibili ad aderire alla Nuova Via della Seta, che come si sa vuole estendersi, attraverso nuove e gigantesche vie di comunicazione, terrestri e marittime, lungo uno sterminato territorio che va dall’Eurasia all’Africa, attraversando tutta l’Asia Centrale, congiungendo Pechino e Madrid, costeggiando tutta l’Asia Orientale e Meridionale, arrivando al Mar Mediterraneo attraverso il canale di Suez.
Il nuovo quadro mondiale che si va determinando dopo la vittoria di Trump dovrà essere letto con attenzione, lenti profonde e cautela. Appaiono, però, i primi segni: assieme al nuovo e positivo rapporto che Trump vuole costruire con la Russia di Putin emerge, nella politica del nuovo Presidente USA, una forte intenzione conflittuale diretta contro la Cina ( a partire dal non riconoscimento dell’ “Unica Cina”). Ma il punto contraddittorio è che, anche attraverso quelle stesse politiche protezionistiche che hanno garantito la sua vittoria elettorale, Trump assegna oggettivamente alla Cina un ruolo mondiale ancora più esteso e centrale di quello che oggi la Cina svolge. Che porterebbe la Cina ad un ulteriore rafforzamento su scala internazionale, con conseguente rafforzamento dei BRICS e dei Paesi che intendono liberarsi dal giogo imperialista. Con la conseguente acutizzazione dell’avversione di Trump e degli USA in toto contro la Cina…Un quadro che certo non depone a favore della certezza della pace mondiale.
Peraltro, è stata rivolta proprio da Pechino, in questa fase, una domanda drammatica a Trump, nella fase in cui il nuovo Presidente USA provocava deliberatamente la Cina telefonando alla Presidente di Taiwan,Tsai Ing-Wen ( recuperando, cioè, un rapporto con Taiwan sospeso dagli USA dal 1979, in segno di un riconoscimento dell’unicità della Cina). Pechino ( anche di fronte al fatto che le telefonate di Trump non erano di certo delle gaffe, ma il frutto di un lungo lavorio sotterraneo volto alla costruzione della relazione Trump – Tsai Ing – Wen, condotto dal senatore texano Bob Dole, oggi uomo di Trump) ha lanciato chiaramente l’allarme, dicendo agli USA : “ Volete la guerra?”.
E forse è proprio ciò che lo stesso Trump, in questo caso erede degno di Hillary Clinton, potrebbe, strategicamente, progettare, mentre nel breve periodo tenta di dividere la Russia dalla Cina, di dividere il fronte dei BRICS.