di Mauro Alboresi, Segretario Nazionale PCI
Il 67% dei lavoratori di ALITALIA, chiamati ad esprimersi in merito all’ipotesi di accordo definita tra il Governo e gran parte delle Organizzazioni Sindacali relativamente al futuro della compagnia aerea, ha detto no.
Un no, chiaro ed inequivocabile, alla drastica riduzione degli organici, ad un ridimensionamento delle condizioni economiche e normative sancite dal contratto di lavoro, proposte come unica condizione per la ricapitalizzazione della compagnia, da parte di Etihad e di altri investitori, per il suo rilancio.
Dai sostenitori dell’intesa è partita, come al solito, l’accusa di irresponsabilità nei confronti dei lavoratori che rifiutano la logica di un progressivo peggioramento delle loro condizioni, di lavoro e di vita, quale unica soluzione per il salvataggio di quella che dovrebbe essere la compagnia di bandiera, e già si danno per scontato il commissariamento e la liquidazione della stessa.
Noi stiamo con chi ha detto no.
La storia recente del nostro Paese è piena di esempi, basta pensare a ciò che era e non è più la FIAT, che dimostrano che la scelta dei sacrifici non paga, che dietro ad essa si nasconde l’interesse di pochi, ossia di coloro che la propugnano, a discapito dei molti, ossia di coloro che la subiscono.
La vicenda ALITALIA è emblematica dell’incapacità del managment che si è avvicendato alla sua guida e che, ancora una volta, non pagherà dazio, nonché dei Governi chiamati nel tempo ad affrontarla.
Dove sono finiti i “capitani coraggiosi”, ossia quel pugno di imprenditori italiani che, per il solo fatto di essere l’una e l’altra cosa, avrebbero garantito il futuro della compagnia di bandiera lo si è visto, così come in cosa si è risolta l’azione dei Governi in questi oltre otto anni di conclamata crisi di ALITALIA.
No, non siamo di fronte al corporativismo dei lavoratori, come più d’uno, abituato a chiedere agli altri di sacrificarsi, sottolinea.
Siamo di fronte, ancora una volta, al fallimento delle politiche imposte all’insegna della centralità del mercato, dell’impresa, alla quale troppo è stato sacrificato nel corso di questi anni, e che ancora una volta viene proposta come l’unica soluzione possibile.
La realtà può essere un’altra, come dimostrano le esperienze di tanti paesi europei, ossia l’assunzione della centralità del sistema dei trasporti in capo allo Stato e, quindi, l’impegno diretto dello Stato nella proprietà, nella gestione di ALITALIA che, giova ricordarlo, sino al 2008 era pubblica.
Una scelta che il Governo Gentiloni rifiuta, non perché non sia praticabile, sono i fatti a dimostrare il contrario, ma perché lo stesso, al pari di quelli che l’hanno preceduto, spinge in direzione opposta, ossia in direzione della privatizzazione di tutto ciò che è ancora pubblico, anche solo in parte, come dimostrano le scelte compiute o preannunciate a proposito di FF-SS, di POSTE ITALIANE e così via.
Ce lo chiede l’Europa, dicevano, diranno.
La cultura politica all’insegna del liberismo continua ad imperare, ma il no all’intesa prospettata ai lavoratori di ALITALIA, sotto forma di ricatto, è anche un no ad essa, oltre ad essere la sottolineatura della convinzione che si debba e si possa uscire diversamente dalla crisi nella quale l’hanno condotta coloro che oggi ne propongono in tal modo l’uscita.
Noi, i comunisti, in questo caso stiamo con chi dice no!
Roma, 25 Aprile 2017
[…] C’è chi dice no! […]