“ I COMUNISTI E L’ UNIONE EUROPEA”: altri interventi e conclusioni

di Ufficio Stampa

Concludiamo la pubblicazione degli interventi al Convegno organizzato dal PCI a Roma il 25 febbraio scorso sul tema : “I COMUNISTI E L’UNIONE EUROPEA”.

Presentiamo in quest’ultima tornata il saluto al Convegno del segretario generale del Partito Comunista di Lugansk (Donbass), Maksim Cialenko; l’intervento della responsabile esteri dello stesso PC di Lugansk, Veronica Yukhina; dell’esponente del PC Portoghese Agostino Lopes, membro del Comitato Centrale. E le conclusioni dell’ampio dibattito svolte dal segretario nazionale del PCI, Mauro Alboresi.

A conclusione, riproponiamo il link della cronaca politica del Convegno (ad opera di Alexander Hobel), che riporta anche un’ampia sintesi degli interventi dei quattro economisti italiani intervenuti ( Domenico Moro, Luciano Vasapollo, Sergio Cesaratto ed Emiliano Brancaccio) oltre la sintesi dell’intervento di Rosa Rinaldi, dirigente nazionale del PRC.

MAKSIM CIALENKO, Segretario Generale del PC di LUGANSK (DONBASS): SALUTO AL CONVEGNO

Cari compagni,

a voi tutti i saluti dei comunisti della Repubblica popolare di Lugansk.

Vi siamo grati per averci dato la possibilità di partecipare ai vostri lavori e parlarvi del nostro lavoro nel Donbass.

L’attualità dei temi all’ordine del giorno della conferenza e la composizione dei partecipanti ne fanno un iniziativa importante non solo per la vita politica in Italia e nell’Europa, ma anche per noi, comunisti e cittadini del Donbass.

Una piattaforma di libera espressione delle proprie posizioni, di scambio di opinioni, esperienze, l’elaborazione di idee comuni, la pianificazione del lavoro futuro sono molto importanti per tutte le forze di sinistra dell’Europa e parte della comune lotta contro il capitalismo per un futuro più giusto, per il socialismo.

Ci uniscono sfide comuni, problemi comuni e comuni obbiettivi finali. E, proprio così, ciò significa che nel sostegno reciproco fraterno noi riusciremo a superare tutte le difficoltà e raggiungere la vittoria.

Siamo profondamente convinti che la conferenza contribuirà al rafforzamento della cooperazione internazionale ed i suoi risultati troveranno la propria realizzazione nella prassi quotidiana.

A tutti i partecipanti auguriamo un fruttuoso lavoro.

PER IL PARTITO COMUNISTA DI LUGANSK (DONBASS), VERONIKA YUKHINA , RESPONSABILE ESTERI

Cari compagni, buongiorno,

Sono arrivata dal Donbass per portare ai compagni italiani e a quelli giunti a Roma da altri paesi, il nostro saluto internazionalista. Il saluto dei comunisti della Repubblica Popolare di Lugansk!

Oggi noi siamo sulla linea del fronte della lotta contro il fascismo ucraino, creato e sostenuto dalle forze capitaliste dell’Occidente.

In Donbass c’è ancora la guerra e nonostante gli accordi di Minsk ogni giorno muoiono delle persone. Dal 2014 il nostro territorio è costantemente sotto il tiro dell’artiglieria dell’esercito di Kiev. Le cifre sono terribili: più di 10000 morti di cui più di cento sono bambini. Anche ora mentre siamo qui in questa sala qualcuno sta morendo, sia esso un soldato o un civile.

La regione continua a soffrire per la catastrofe umanitaria. Il Donbass era un area industriale, circa 50% dell’industria pesante ucraina si concentrava qui. La produzione di macchinari, tubi, laminati, vagoni ferroviari, turbine, l’industria chimica. Ora quasi tutto è fermo, tante imprese sono rimaste distrutte dai bombardamenti, altre sono state danneggiate, ma la ripresa delle attività produttive è in forte dubbio.

Buona parte della popolazione ha perso il lavoro, quei fortunati che ancora ce l’hanno guadagnano 60-80 euro al mese, mentre le pensioni sono di circa 30 euro. Mille persone sono rimaste senza tetto e molti di loro non avendo dove andare vivono negli scantinati. É difficile, e per molti impossibile, spostarsi o cercare lavoro altrove: tutti gli atti amministrativi come il rilascio di documenti, o certificati non sono riconosciuti da nessun paese al mondo (tranne che dalla Russia che con un decreto di una settimana fa ha ratificato la validità di questi documenti sul territorio russo). Dal 2014 l’Ucraina ha interrotto al Donbass la fornitura di qualsiasi merce, compresi i medicinali, quindi da noi si muore anche per non riuscire a trovare l’insulina per curare il diabete. Siamo di fronte ad un genocidio del popolo ucraino fatto dal governo ucraino.

Viviamo in isolamento economico, giuridico e umanitario. Per ciò, cari compagni, il supporto internazionale per noi è vitale.

Questo supporto c’è stato da parte di molti compagni a cui siamo particolarmente grati. Soprattutto i compagni italiani si sono distinti nell’offrire sostegno: comitati di solidarietà, giornalisti, singoli attivisti. La loro mobilitazione è servita a dare sostegno concreto e a portare la voce della verità aldilà dei confini. Spiegando al popolo d’Europa quale sia la vera anima dell’EuroMaidan, non quella che viene riportata dai media mainstream.

Siamo grati ai comunisti d’Italia, d’Europa e del resto del mondo per il sostegno da loro offertoci. Questo è particolarmente apprezzato anche perché i nostri compagni ucraini che si trovano nei territori controllati dalla Junta di Kiev ci negano il loro supporto, a tutt’oggi non riusciamo a farci una ragione di ciò.

Noi capiamo che la guerra e la crisi in Ucraina non è un episodio casuale ma una conseguenza prevedibile della crisi del sistema capitalistico mondiale, sistema con a capo l’EU e gli USA. Capiamo inoltre che la soluzione ottimale per questa crisi e in particolare per la crisi ucraina e nel Donbass, è la vittoria della sinistra europea nella lotta contro il l’eurocapitalismo e la NATO.

I comunisti di Lugansk hanno già dato un loro piccolo contributo in questa lotta. Due anni fa, nel maggio 2015, abbiamo organizzato con l’aiuto di alcuni compagni italiani un forum internazionale che si chiamava AIS: Antifasism, Internazionalism, Solidarity. Delegati da 17 paesi vi hanno preso parte. Questo forum ha dato il via ad una campagna internazionale di solidarietà con il popolo del Donbass in lotta contro il fascismo. Si è costruito un ponte tra la nostra lotta e quella di tutti i compagni che qui in Europa lottano contro la politica imperialistica della UE e della NATO.

Nella prima edizione ci siamo conosciuti e siamo diventati amici, abbiamo discusso di possibili vie di interazione. Quest’anno vorremo realizzare una nuova edizione del forum, dedicandolo al centenario della Rivoluzione d’Ottobre. Prevediamo di realizzarlo Ottobre-Novembre, la data è da definire. Invitiamo tutti a partecipare all’organizzazione. Siamo sicuri che il prossimo forum aiuterà a consolidare le nostre forze nella lotta contro il capitalismo in tutto il mondo.

PER IL PARTITO COMUNISTA PORTOGHESE, AGOSTINO LOPES, COMITATO CENTRALE DEL PC PORTOGHESE: “Portogallo, l’Unione Europea e l’Euro “

1) Il governo PS del Portogallo

Le elezioni del 4 ottobre del 2015 comportarono e imposero la fine del governo  PSD/CDS-PP confermarono il valore della lotta e posero fine alla mistificazione elettorale di decenni, che trasformava un atto destinato ad eleggere deputati e a definire la composizione del Parlamento in una elezione per il primo ministro e che sempre fece vincere le elezioni al PS e al PSD.

La soluzione politica che ne conseguì si espresse nella convergenza raggiunta tra il PCP e il PS iscritta nella ” Posizione congiunta  del PS e del PCP  sulla soluzione politica “.

Non c’è un governo di sinistra ma un governo minoritario del PS con un suo proprio programma.

Non esiste una maggioranza di sinistra nel Parlamento, ma una relazione tra forze , con PSD e CDS/PP in minoranza e la possibilità che i gruppi parlamentari del PCP e PEV condizionino decisioni. Il PCP non ha deciso di sostenere un governo attraverso un accordo che incideva a livello parlamentare : il  PCP, assumendo la sua indipendenza e identità , programma e progetto , intervenne nel concretizzarsi della rottura della politica di destra  e difesa di una politica  patriottica e di sinistra.

La nuova fase della politica nazionale mostra un quadro contraddittorio di possibilità e limitazioni. Da un lato la concretizzazione di progressi , anche se limitati , espressi nei bilanci di stato del 2016 e 2017 , e la restituzione di diritti e risorse . Dall’altro lato ,limitazioni risultanti da opzioni del governo PS, come succede nella risoluzione relativa alle banche, nella legislazione del lavoro, restrizioni di Bilancio  per investimenti e servizi  di salute e educazione .

2) Vincoli e Impossibilità

Il PCP non ignora la complessità e le esigenze della fase attuale della vita politica nazionale e dell’avverso contesto internazionale . Conosciamo distintamente le opzioni programmatiche del PS  e il suo percorso. La sua sottomissione alla UE e la sua volontà di non combattere il capitale monopolistico . Ossia gli elementi strutturanti  della politica di destra  continuano a caratterizzare l’azione  governativa . Pertanto la questione fondamentale e’ non solo di evitare che PSD / CDS ritornino al potere , ma anche di impedire che la loro politica possa continuare attraverso il PS .

E’ oggi evidente il carattere inconciliabile tra le imposizioni dell’unione europea e dell’Euro e le necessità del Paese.

La rottura con la politica di destra esige di rompere con il potere del capitale monopolista e con le limitazioni e i vincoli provenienti dall’integrazione capitalistica della UE e dell’Euro.

La situazione del paese si è degradata in maniera accentuata negli ultimi anni. Soggetto al doppio soffocamento del Deficit e del Debito Pubblico, e alla mancanza di strumenti di politica monetaria, di Cambio e Bilancio , il Portogallo dall’adesione all’Euro ha avuto un lungo periodo di stagnazione economica .

La Liberazione dalla sottomissione all’Euro è necessaria ed è possibile e il Paese la deve preparare , poiché è essenziale garantire il pieno  utilizzo dei vantaggi  di una uscita dall’Euro e la minimizzazione dei suoi costi in un processo che è eminentemente politico.

I debito pubblico portoghese di 132% del PIL è espressione inseparabile della politica di destra e specialmente della adesione all’Euro . Toglie allo Stato  8000 milioni di Euro  per anno  solo in interessi , valore prossimo a quello che spendiamo per la salute. E non si prevede una riduzione . Il Debito pubblico in gran parte illegittimo , e’ insostenibile , riproducendosi di anno in anno. Tra il 2010 e il 2014 è aumentato di più di 50000 milioni di Euro .

Il PCP propone una rinegoziazione con i creditori , per quanto riguarda i tempi, gli interessi e i montanti.

La privatizzazione delle banche ha costituito uno dei maggiori trasferimenti di denaro pubblico verso mani private e ha riattivato la costituzione di gruppi monopolistici. Dopo due decenni in cui gli azionisti privati hanno accumulato migliaia di milioni di Euro di profitti , il settore ebbe dal 2011 , migliaia di milioni di Euro di risultati negativi e di perdite . Perdite che sono arrivate tra il 2008 e il 2014 a circa 40000 milioni di Euro , favorendo la concentrazione bancaria e un sempre piu’ forte controllo da parte di gruppi stranieri con il grande contributo della unione bancaria . La sovranità sul sistema finanziario e ‘ posta in causa.

La liberazione della subordinazione all’Euro, la rinegoziazione del Debito, il recupero del controllo pubblico delle banche sono condizioni per un Portogallo sovrano. L a rimozione di questi tre principali vincoli profondamente articolati costituisce un obiettivo improrogabile per il  Paese  . E sono elementi strutturanti della politica patriottica  e di sinistra in cui si integrano anche: La valorizzazione del lavoro e dei lavoratori , la difesa della produzione nazionale  e , come per la banca , il recupero per il settore pubblico di altri settori di base e strategici per l’economia , l’appoggio per le micro ,piccole e medie imprese, al settore cooperativo , la garanzia di una amministrazione e servizi pubblici di qualità ( servizio nazionale di salute , scuola pubblica , sicurezza sociale pubblica e cultura ) , una politica di Giustizia Fiscale, di difesa del regime democratico  e di adempimento della Costituzione della Repubblica Portoghese

3)La salvezza non verrà dall’Unione Europea

Sappiamo che c’è chi giudica possibile riformare la UE . Si parla di ” Riforme democratiche ” , “Letture intelligenti dei trattati  relativi al Bilancio ” , ” Riconfigurazione della architettura istituzionale dell’Euro “, ” Un parlamento  della zona  Euro” etc…Ma la crisi  nell’Europa e dall’Europa  dimostra che mutamenti di fondo  non è possibile averli nel quadro di una riforma  della UE . I suoi pilastri costituiscono  una inamovibile matrice politica e ideologica. Non esiste spazio per una “Rifondazione ” che ponga in causa  la natura di classe e l’orientamento dell’UE .

Come il PCP ha scritto da molto tempo nelle risoluzioni politiche dei suoi Congressi, la UE non si riforma ne’ e’ riformabile. Essa fu creata( con le sue evoluzioni e salti istituzionali , politici , economici di sicurezza  e difesa , senza soluzione di continuità) dal Capitale e alcune grandi potenze Europee, per servire il grande Capitale e un Direttorio di grandi potenze europee

Alcuni decenni addietro si poteva avere l’illusione , l’aspettativa , anche dubbiosa,  che un approfondimento del processo federale ( in direzione di un Super Stato con Costituzione ) poteva permettere di vincere le tare , le disfunzioni e lucri a danno di altri del nuovo edificio in  costruzione e poteva nascere una UE di Stati-Membri , sovrani e uguali nei Diritti , promovendo conformemente ai trattati la convergenza economica economica e sociale  dei popoli e dei Paesi. Oggi questa illusione non è più possibile  né ammissibile . Perché essa rappresenterebbe  (e rappresenta)  la complicità  consapevole e attiva , con i disastrosi e drammatici sviluppi in corso.

Perché stiamo di fronte a ingerenze  inaudite , perfino in questioni che sono di competenza del foro nucleare , della sovranità di Stati e popoli , come l’organizzazione del sistema di giustizia, della divisione amministrativa di un paese.

Perché stiamo di fronte a ricatti su governi sovrani e sovrane decisioni  democratiche  dei popoli espresse in elezioni e referendum.

Perché siamo di fronte a imposizioni e discriminazioni imperiali e colonialiste, di regole e ordini a Stati sovrani , fino al margine dei trattati .

Ogni volta che Schouble o il capo attuale ( e pare anche futuro ) dello Eurogruppo ( dove sta la formulazione nei testi comunitari di questa “cosa” ?  parla del Portogallo , il tasso di interesse del debito pubblico  portoghese sale . A chi chiederà   il popolo portoghese un’ indennizzo ?

Fanno parte dell’uguaglianza tra Stati membri  iscritta nei trattati le dichiarazione esplicite  di organi  ( Juncher, Moscovici etc…)

che giustificano comportamenti diversi nel trattamento dei conti pubblici , favorendo grandi potenze  e discriminando Paesi  come

il Portogallo ? Come è accaduto  con ” La Francia  è la Francia ” o ” Il peso dell’Italia nella economia  comunitaria ” o esigendo dal Portogallo la rapida approvazione di un Bilancio  e “dimenticandosi ” del bilancio spagnolo , o  trattando in maniera differente , nel quadro della detta Unione Bancaria , le risoluzioni bancarie , a seconda delle dimensioni dei  Paesi .

E’ accettabile la chiara cospirazione di organi comunitari , con forze e partiti nazionali, con l’obiettivo di screditare , sovvertire e liquidare soluzioni politiche che non sono gradite ai poteri dominanti in questi organi come è accaduto in Portogallo ?

No, ciò non si può sanare !

Il cammino che favorisce il Federalismo ( e correlativamente il neoliberismo e il militarismo ) potrà solo aggravare le imposizioni dittatoriali degli interessi del capitale del Business Europe e del direttorio tedesco e CIA  !

Anche aspetterà per le scarpe del defunto chi ancora spera in una “solidarietà espressa nel trasferimento di risorse di Bilancio dai Paesi che ne hanno  in eccesso , con la Germania in testa , verso i Paesi deficitari, i paesi del Sud .

Non sarà il Rapporto dei 5 Presidenti , con l’esplicito obiettivo di favorire il federalismo che può rispondere o risponderà’  alla situazione di disaggregazione , estenuazione, conflitti in cui si trova la  UE .

Contrariamente alla propaganda ufficiale, più integrazione, più Federalismo, più Unione Europea, non significano più Europa . Ma il contrario . Salvare l’Europa significa sconfiggere l’Unione Europea e gli interessi che essa tutela .

Il PCP propone la costruzione di nuove forme di cooperazione in Europa . Siamo consapevoli che i processi  di integrazione non sono neutri dal punto di vista di classe . Vogliamo che producano rotture democratiche  e progressiste , sul piano nazionale e internazionale . Lottiamo per un nuovo quadro politico , istituzionale ,di cooperazione economica , di solidarietà tra i popoli e Stati Sovrani  e uguali nei Diritti.

4) Percorsi per una alternativa di sinistra patriottica e internazionalista .

Il PCP ha una profonda fiducia nella lotta dei lavoratori e dei popoli . Considera inalienabile il diritto del popolo portoghese  di decidere del suo destino . Il diritto a lottare per uno sviluppo sovrano . Diritto che nessuna integrazione , per quanto sia avanzato il suo grado di sviluppo , può espropriare.

Ed è , simultaneamente , nell’esercizio della lotta per questo diritto in Portogallo che si collocherà il suo contributo internazionalista , fondamentale per le lotte dei  lavoratori e dei popoli dell’Europa e del Mondo.

Senza la persistente e conseguente lotta dei lavoratori e del popolo portoghese , le conseguenze della offensiva sarebbero state di dimensioni  ancora piu’ disastrose . La lotta di massa si conferma come elemento centrale  di resistenza e si conferma come fattore decisivo per la costruzione  di alternativa politica  e di trasformazione sociale .

La lotta per l’alternativa politica si costituisce  come la questione di maggiore attualità e centralità.

La nuova fase della vita politica nazionale sta lì a dare maggiore visibilità e ragione a ciò che il PCP ha affermato  in relazione

ad una improrogabile rottura con  la direzione imposta al Paese negli ultimi 40 anni . Rottura che esige  la determinazione e l’azione delle forze politiche che gli vogliono dar corpo  e ha come condizione essenziale  l’allargamento del fronte sociale  di lotta, il coinvolgimento decisivo  della classe operaia e dei lavoratori  e la partecipazione massiccia di tutte  le classi , gli strati e settori  antimonopolisti, di tutti coloro che sono colpiti dalla politica di destra , di quelli che sono veramente  e genuinamente  interessati a invertire gli orientamenti della politica nazionale .

Rottura con la politica di destra che richiede anche un approfondimento del dialogo con democratici e patrioti non iscritti al partito .

Un dialogo con propositi chiari, con tutti coloro che siano sinceramente impegnati nella concretizzazione del progetto alternativo

avente come punto di riferimento la Costituzione della repubblica portoghese che implica il rispetto  per le naturali differenze , il superamento di preconcetti, ambizioni egemoniche e il rifiuto di marginalizzazioni.

Rottura che richiede l’indispensabile rinforzo della influenza politica, sociale, ideologica e elettorale del PCP.

L’alternativa politica non si farà solo con il PCP ma non sarà possibile senza, o contro, il PCP.

Tutto ciò comporta che il compito centrale per i comunisti portoghesi debba essere il loro rinforzo organico, politico, ideologico.

Questo è stato il principale obiettivo del ventesimo congresso del PCP, realizzato in Dicembre, in cui si riafferma il PCP con le caratteristiche essenziali della sua identità comunista.

5) Solidarietà internazionale in un mondo pericoloso.

L’Europa dei lavoratori e dei popoli esige la sconfitta del processo di integrazione capitalistica. Ciò può nascere solo dall’evolversi della lotta dei lavoratori e dei popoli; da alterazione della correlazione di forze negli stati membri dell’unione europea, da una articolazione e cooperazione di forze progressiste e di sinistra, soprattutto comuniste, in una chiara posizione di rottura con il processo di integrazione capitalistica europea.

E’ in questo senso che il PCP continuerà a intervenire specificamente nel Parlamento Europeo ed è in questo senso che pensiamo che le forze sociali e politiche, progressiste, di sinistra, comuniste possano affermare e aprire percorsi senza cedere a ricatti e illusioni, ad una Europa di cooperazione, per un mondo di pace e di sviluppo, nel rispetto per tutti i popoli e gli stati.

Viviamo una congiuntura internazionale, politica, sociale, culturale, economica e finanziaria pericolosa.

Sono reali i rischi di manipolazione di sentimenti nazionali, di sentimenti di insicurezza, di proselitismi religiose particolarmente di estrema miseria e disuguaglianza a cui le potenze capitaliste hanno condotto il mondo. In maniera specifica dopo l’implosione dell’URSS e del blocco socialista.

Sono reali i rischi del populismo di estrema destra.

Sono reali i rischi di dettami imperiali sopra i popoli e gli stati.

Sono reali i rischi di allargamento dei conflitti bellici.

L’estrema destra e’ pericolosa, ma non è perché dichiara e , in mezzo ad una demagogia sfrenata e un reazionarismo cavernicolo, anche addolcito, che vuole uscire dall’euro, combattere la sovversione e degradazione della democrazia e sovranità degli Stati membri della Unione Europea, opporsi al detto “commercio libero” e i suoi prodotti (CETA, TTP, TTIP)difendere l’industria e la produzione nazionale, proteggere i posti di lavoro e il salario dei lavoratori o esaltare il patriottismo!

L’estrema destra e’ pericolosa e non deve essere sottostimata, ma simultaneamente dobbiamo ripudiare e denunciare che ,a proposito di questi giusti obiettivi si riproduca la tanto vecchia e maleodorante miscela di due estremi che si toccano.

La cantilena con cui socialdemocratici, conservatori e molta altra “buona” gente inveisce contro i comunisti e altre forze di sinistra per le loro posizioni coerenti e sostanziali sulla unione europea e l’euro.

La confusione in malafede tra chi sostiene il superamento del capitalismo e coloro che sostengono il sistema capitalista, con le sue piaghe e disuguaglianze, e in esso vedono conformata la società dei loro sogni, ossia gli autori delle politiche del capitalismo neoliberale e del consenso di Washington; del federalismo imperiale della unione europea, comandata da Berlino, di sovversione della democrazia e dei diritti sovrani dei popoli; del militarismo e dell’intervento imperialista senza vergogna.

Il maggiore, il vero rischio e pericolo nella congiuntura è che guidano le paure e il fragore intorno all’estrema destra, le nostre vecchie conoscenze dei partiti di destra, di larghe frange della socialdemocrazia (come il super capo dell’Euro gruppo), con tutto l’appoggio del capitale multinazionale, cavalchino il federalismo, il neoliberismo e il militarismo per rinforzare la dittatura reazionaria, finanziaria, e dei padroni sui lavoratori e i popoli, assediando ancora di più la indipendenza e la sovranità degli stati più fragili, si mostri sotto panni pseudo democratici di un federalismo rinforzato, come ci propone il rapporto dei cinque presidenti.

Il maggiore, il vero rischio e pericolo è quando questi settori politici della politica di destra e del grande capitale davanti alle contraddizioni e impasse della crisi del capitalismo e della unione europea che le loro politiche non risolvono, possano con leggerezza cedere e addirittura allearsi alla estrema destra, in nome della salvaguardia dei suoi (intangibili) patrimoni e lucri. Di ciò narra la Storia e molto ci può raccontare. Come mostra il film che vediamo in diretta negli Stati Uniti, avendo come attore principale Trump.

E’ una situazione mondiale di rischio e di pericolo, che esige dai comunisti, dai democratici e progressisti discernimento politico e fiducia nella lotta dei lavoratori e dei popoli. Fiducia nei loro progetti anti capitalisti, contro lo sfruttamento e l’oppressione. Fiducia nella forza della loro unità, intervento chiaro e solidarietà internazionalista.

CONCLUSIONI di MAURO ALBORESI – segretario nazionale PCI

Credo si possa esprimere piena soddisfazione per la riuscita di questo convegno.

Alle compagne ed ai compagni del PCI, ai relatori ed ai rappresentanti dei diversi partiti comunisti intervenuti, che l’hanno resa possibile, un sentito grazie.

Il titolo che abbiamo inteso dare all’odierna iniziativa “I comunisti e l’Unione Europea. Per una critica radicale alle politiche liberiste e per l’unità sovranazionale delle lotte dei comunisti”non è casuale.

Esso sottolinea quella che per noi è una esigenza: rompere con questa Europa per affermarne un’altra, promuovere a tal fine un confronto, una relazione sempre più ampia tra i diversi partiti comunisti, dare alle loro lotte il necessario carattere sovranazionale.

Siamo convinti che oggi più che mai occorre mettere in campo una capacità di analisi, di proposta, d’azione comune, in grado di contrastare efficacemente le politiche, l’idea stessa di Europa che il grande capitale transnazionale è riuscito ad affermare, e di prospettare un’alternativa possibile, oltre che necessaria.

Tra un mese esatto ricorrerà il 60°anniversario di quelli che vengono definiti i “ trattati di Roma”. Con essi, come noto, si istituì la Comunità Economica Europea e la Comunità Europea dell’Energia Atomica.

Tali trattati, unitamente all’accordo del 1951 che istituì la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, rappresentano il momento costitutivo della Comunità Europea.

Una Comunità Europea che, con i successivi trattati di Maastricht del 1992 e di Lisbona del 2009, ha via via assunto, con il nome di Unione Europea, il carattere che conosciamo.

E’ difficile pensare che i preannunciati festeggiamenti si ripeteranno nella forma enfatica che ha caratterizzato quelli tenutisi nei diversi paesi europei in occasione del 50° anniversario di tali trattati.

Tanto, troppo è accaduto in questi dieci anni.

Potremmo affermare che “il re è nudo”.

L’Unione Europea è in crisi, una crisi che deriva da ciò che per tanti doveva essere ( basterebbe riferirsi al riguardo al pensiero di diversi suoi padri fondatori, ad Altiero Spinelli, al Manifesto di Ventotene) e non è stata, da ciò che essa è, da ciò che rappresenta, anche e soprattutto per i popoli europei, che in larga parte, anche riferendosi alla storia recente del continente, ne avevano salutato con ottimismo la progressiva affermazione.

La relazione, le comunicazioni, hanno evidenziato, con dovizia di particolari, come ci si trovi di fronte al fallimento del progetto dichiarato di Unione Europea.

Essa è essenzialmente finanziaria, assai poco economica, per nulla sociale.

Non siamo di fronte, come è stato sottolineato, ad “una comunità progressiva e socialmente solidale”.

Quelli che si sono affermati sono gli interessi del grande capitale finanziario, gli interessi di pochi a discapito dei molti che, quindi, non vivono più l’Unione Europea come una risorsa, bensì come un problema e cercano una risposta (anche questo significa la Brexit).

Quanto accade non è casuale.

Le ragioni di ciò vanno ricondotte ai trattati che ne sono alla base, Maastricht e Lisbona innanzitutto, alle politiche che si sono progressivamente affermate a partire da essi, e che hanno evidenziato una crescente divaricazione tra paesi del nord e del sud Europa, in primo luogo sul piano finanziario ed economico: altro che integrazione!

Un processo, questo, reso ancora più evidente dall’entrata in vigore della moneta unica, l’Euro, che è oggi più che mai il collante di questa Unione Europea e che, come tale, non può essere disgiunto da essa.

Unione Europea ed Euro sono facce della stessa medaglia, una sorta di gabbia con la quale fare i conti, entro la quale per i comunisti, ma anche per la sinistra, non vi è futuro.

Dobbiamo rompere con questa gabbia, per questo diciamo no a questa Europa, all’Euro.

Tanto vi è in questo processo di Unione Europea, nella sua affermazione, di ciò che è accaduto da oltre un quarto di secolo, dalla caduta del muro, con tutto il suo carico simbolico, dalla caduta dell’URSS, del cosiddetto “blocco sovietico”( le cui motivazioni abbiamo più volte analizzato).

A fronte di ciò, infatti, il capitalismo ha potuto presentarsi come trionfante, affermare appieno le proprie politiche, operare senza un reale contrasto, senza una reale alternativa in campo, in altre parole all’insegna del pensiero unico, ossia della assunzione della neutralità dei problemi, delle compatibilità, della obbligatorietà delle scelte, delle riforme condivise; anche così si spiegano i governi tecnici, le grandi coalizioni, etc.

A tale pensiero unico si sono uniformate tante delle diverse articolazioni della sinistra europea, sancendone la crisi, che è politica e culturale assieme, resa evidente dal fatto che tutti i provvedimenti assunti a livello europeo in questa lunga fase hanno avuto il voto favorevole dei gruppi parlamentari europei liberale, popolare, socialista.

Oggi l’Unione Europea, che manifesta appieno la propria natura, è chiamata a misurarsi con la crisi strutturale che ha colpito il sistema capitalista.

Contrariamente a quello che vorrebbero farci credere quest’ultima non è, non può essere, un sorta di alibi per le sue condizioni, per le sue politiche.

La filosofia liberista, che è per tanta parte alla base della crisi, continua ad ispirare le politiche dell’Unione Europea, e la crisi è usata per farne pagare il prezzo ai ceti popolari.

Lo andiamo dicendo da tempo: l’Unione Europea è irriformabile alla luce dei trattati, delle politiche che ne discendono, delle volontà in campo.

E’ irrealistica la rinegoziazione dei trattati, e tanto dice al riguardo la vicenda della Grecia.

Non serve più Europa, come in tanti continuano a sostenere, proponendo ad esempio una riduzione ulteriore dell’autonomia degli Stati membri a favore della Commissione Europea o del Parlamento Europeo, né tanto meno un esercito europeo, la cui funzione, in un contesto come l’attuale, profondamente segnato da politiche neo coloniali, neo imperialiste, dall’espansionismo della NATO, sempre più espressione di un blocco euro atlantico a guida statunitense,  è facilmente immaginabile.

Non serve una chiusura nazionalista quale quella invocata, perseguita dalla destra, in tanta parte d’Europa, e che ha mostrato, mostra il proprio volto, rappresentando una rilevante incognita per il  futuro democratico dei Paesi interessati, dell’Europa stessa.

Xenofobia, razzismo sono infatti sempre più evidenti, diffusi, e sempre più spesso si assiste a manifestazioni di chiaro stampo fascista, neo nazista.

Quella che si è innescata è una “guerra tra poveri” e la destra la cavalca, semplificando come sempre il proprio messaggio, ed oggi, con le elezioni alle porte in diversi Paesi dell’Unione Europea, viene proposta l’equazione immigrazione uguale insicurezza.

Oggi si parla molto di Stato, di Nazione, di “sovranismo” e, come evidenziato da Vasapollo nella sua relazione, le declinazioni al riguardo sono molteplici.

Noi, molto più semplicemente, diciamo che siamo indisponibili ad una ulteriore cessione dei livelli di tutela acquisiti nel nostro Paese, ad esempio relativamente al Welfare, in nome dell’Europa.

La nostra Costituzione, i suoi valori fondanti, sono stati ripetutamente messi in discussione dalle politiche europee, noi diciamo basta: dalla Costituzione vogliamo ripartire!

Non serve neppure un’Europa a due velocità, come proposto in ultimo da alcuni paesi europei, innanzitutto dalla Germania, poiché consoliderebbe in negativo lo status quo, le differenze tra nord e sud, tra i diversi paesi, favorendone alcuni a scapito degli altri.

Serve un’altra Europa: dall’Atlantico agli Urali; un’Europa che ha in una dimensione sociale avanzata, tutelante, la propria ragion d’essere, un’Europa volta alla pace, alla collaborazione, alla solidarietà con il mondo.

Dalla crisi nella quale oggi essa versa si può, si deve uscire da sinistra.

Non aspettiamo una sorta di ora x.

Tanta parte della sinistra europea di alternativa, dei partiti comunisti europei, è chiamata a misurarsi concretamente, oggi, con questa sfida.

Serve un confronto, il più ampio possibile, tra i diversi soggetti interessati, tra i partiti comunisti, serve un approccio sovra nazionale.

In quest’ottica, per questo obbiettivo, abbiamo promosso questa importante iniziativa, e credo si possa affermare che con oggi si è compiuto un passo importante in tale direzione.

Stringere sempre più e meglio il rapporto tra partiti comunisti è quindi decisivo.

Non è più tempo di paesi guida, di partiti guida.

E’ tempo di ridare corpo alla nozione di internazionalismo, è tempo di rimettere al centro, con forza, la questione di una soggettività comunista capace di tenere assieme una precisa dimensione ideale, ideologica ( siamo e restiamo per una alternativa di sistema, siamo per la prospettiva storica del socialismo, del comunismo, non ci basta una pur importante alternativa di governo) con la capacità di misurarsi quotidianamente con i bisogni del blocco sociale, a partire dal mondo del lavoro, che essa vuole, può  rappresentare, dandovi quella voce, quella  speranza che non c’è, non può esserci nell’Europa, nella società impostasi.

Il convegno odierno, nelle nostre intenzioni, rappresenta un primo passo in tale direzione, riteniamo necessario darvi continuità.

Pensiamo sia importante per noi comunisti, per tutti coloro che non si rassegnano a ciò che l’Europa è, che si propone di essere.

In ultimo riportiamo li link, al quale è possibile trovare la cronaca politica del Convegno (ad opera di Alexander Hobel):  

https://www.ilpartitocomunistaitaliano.it/2017/03/06/i-comunisti-e-lu…i-lotta-politica/

 

 

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