di Alexander Höbel, Segreteria Nazionale PCI, responsabile Cultura
Ci ha lasciato Giovanni Franzoni, straordinaria figura di teologo, pensatore e attivista politico. Eletto abate dell’abbazia di San Paolo fuori le mura a Roma nel 1964, dom Franzoni è stato uno dei protagonisti della grande stagione del dissenso cattolico, che per molti trovò una sponda decisiva nel Concilio Vaticano II, al quale egli stesso fu il più giovane dei partecipanti. Erano gli anni dei preti operai, dei cattolici del dissenso, di comunità di base come quella dell’Isolotto. Accanto all’abbazia Franzoni diede vita alla Comunità cristiana di base di San Paolo, in cui la lettura dei Vangeli si coniugava a una forte attenzione ai problemi sociali più vivi del tempo; ne derivava, quasi naturalmente, quell’incontro col marxismo che si rafforzerà a seguito della lotta contro la guerra del Vietnam e dell’autunno caldo.
Impegnato nella difesa degli spazi di discussione più aperti all’interno del mondo cattolico, ma anche in battaglie civili e politiche come la difesa della legge sul divorzio, nel 1972 dom Franzoni fu allontanato dal Pontificio ateneo salesiano di Roma, il che però non lo indusse certo ad attenuare il suo impegno e la sua radicalità. Seguì la sospensione a divinis nel 1974 e due anni dopo, a seguito del dichiarato appoggio al Pci alle elezioni politiche, Franzoni fu dimesso dallo stato clericale.
Da laico, rimase un protagonista del dialogo tra cristiani e marxisti, sostenendo con forza i movimenti di liberazione, dall’America latina alla Palestina, le lotte per la pace, contro le guerre che dagli anni Novanta hanno preso a moltiplicarsi in giro per il mondo, promuovendo la solidarietà verso i popoli del Medio Oriente. Questa impostazione lo portò tra l’altro a collaborare con la rivista “Giano. Pace ambiente problemi globali”; e nelle rare occasioni in cui partecipava alle riunioni della redazione, il suo carisma, la sua forza e la profonda serenità interiore erano davvero palpabili.
Negli anni Duemila Franzoni si avvicinò al Partito dei comunisti italiani, del quale per una certa fase prese anche la tessera. Trasferitosi nel Rietino, frequentava la sede del Pdci, dove molti compagni hanno avuto la possibilità di conoscerlo e apprezzarne le qualità intellettuali e lo spessore umano.
Proprio in queste ore il compagno Luca Battisti ha ricordato quello che un giorno Franzoni gli disse: “Quando morirò non vorrei che mi si dicesse riposi in pace”. E in effetti è sicuro che il suo spirito battagliero, di militante instancabile per la giustizia e la pace, continuerà a essere vivo, nella Comunità di San Paolo che è tuttora un punto di riferimento molto importante e in tutti coloro i quali hanno avuto la fortuna di conoscerlo.
[…] Addio al compagno “dom” Franzoni, “l’abate rosso” […]