di Luca Cangemi, Segreteria Nazionale PCI, responsabile Scuola, Università e Ricerca
In Italia nei prossimi anni mancheranno decine di migliaia di medici, con conseguenze disastrose per la salute dei cittadini ma anche sul piano sociale economico. Complessivamente quello che si chiama, con abusata espressione, sistema paese verrà fortemente indebolito da questa carenza (e da quella più generale nelle professioni sanitarie). Carenza è appena il caso di rilevarlo che convive, in maniera apparentemente contradditoria con alti tassi di disoccupazione giovanile e con crescenti flussi di emigrazione intellettuale verso l’estero.
Di fronte a questa situazione non si può rimanere inerti rispetto all’irresponsabile perseveranza con il governo continua ad imporre scelte che restringono la formazione ed il lavoro nelle professioni sanitarie.
In particolare, mentre tra qualche giorno verrà riproposto il barbaro rito delle selezioni (un rito dal carattere violentemente di classe) per accedere ai corsi di laurea di medicina sbarrati dal numero chiuso, ministero della salute e ministero dell’istruzione e dell’Università (entrambi nomi usurpati e paradossali) programmano numeri assolutamente insufficienti dei posti per le scuole di specializzazione mediche.
Siamo di fronte a un esempio clamoroso di come una politica di tagli e restrizioni nel settore della formazione, sia non solo ingiusta qui ed ora, ledendo diritti e aspettative di giovani che vogliono costruire liberamente il proprio futuro ma sia soprattutto dannosa per l’avvenire stesso del paese. Una politica che ha la stessa ispirazione e gli stessi ispiratori (nazionali ed europei) delle politiche di smantellamento della sanità pubblica come di altre essenziali funzioni statali.
Denunciare questa politica ed i suoi effetti, costruire una forte e prolungata mobilitazione per chiedere un radicale cambio di rotta è oggi il nostro compito.