a cura del Dipartimento Esteri del PCI
Lisbona, 2 settembre. La delegazione del PCI incontra il compagno Marc Botenga, del Dipartimento Esteri del Partito del Lavoro del Belgio e responsabile dei rapporti con l’Europa. Al di là del nome, il Partito del Lavoro del Belgio (Parti du Travail de Belgique, PTB) è un partito chiaramente marxista e comunista. Il compagno Fosco Giannini riferisce al compagno Marc Botenga il processo di costruzione del PCI, le sue posizioni antimperialiste e internazionaliste, la critica radicale all’UE e la battaglia per l’uscita dell’Italia dalla NATO. E illustra al compagno Botenga le posizioni del PCI volte ad un’alternativa al PD in Italia.
Marc Botenga inzia la sua discussione ricordando il grande salto in avanti che il PTB (il cui segretario generale è il compagno Peter Mertens) ha fatto dalle elezioni del 24 maggio 2014. Prima di questa tornata elettorale il PTB non aveva presenze nei parlamenti federali, regionali ed europei. Nelle elezioni del 2014 (che hanno visto vincere la destra del Partito nazionalista fiammingo – N-VA – con più del 33% dei voti e perdere il Partito Socialista del Belgio, con l’11,3% dei consensi) il PTB (con la sigla PTB-go!) conquista due parlamentari ( Raoul Hedebouw a Liegi e Marco Van Hesse ad Hainaut) al Parlamento Federale, due al parlamento regionale della Vallonia e ben quattro al parlamento regionale di Bruxelles. In Vallonia il PTB-go! ottiene il 5,81% dei voti (8,30% a Liegi), il 3,8% a Bruxelles e circa il 9% nella città di Anversa. Risultati enormi per un partito comunista in Belgio, che da 25 anni non entrava più nelle istituzioni. Anche per il parlamento europeo il PTB-go! ottiene un grande risultato: il 5,49%, che non basta tuttavia per conquistare un deputato, essendo molto alto in Belgio lo sbarramento per il Parlamento europeo.
“La grande avanzata elettorale – continua il compagno Botenga – è accompagnata anche da una importante crescita del Partito, che raggiunge oggi gli 11 mila iscritti (erano 2 mila nel 2008). I sondaggi odierni per le prossime tornate elettorali ci danno in ulteriore crescita. In Vallonia i sondaggi ci accreditano del 25% dei voti, nelle Fiandre del 7,5% e a Bruxelles del 15%. Sono solo sondaggi, ma il Partito sente nelle città e nella società la verità della propria crescita”.
“Il punto di svolta del nostro partito – afferma il compagno Botenga – è sicuramente dato dal Congresso del 2008, il Congresso del nostro Rinnovamento. In questo Congresso si è affermata una nuova linea, volta soprattutto a costruire un Partito con una linea di massa, diretta ad organizzare il consenso popolare non solo attraverso “la linea ideologica giusta”, ma attraverso le lotte sociali rappresentative dei problemi dei lavoratori e del popolo. Non è cambiata la nostra essenza politico-teorica marxista: si è invece rafforzata la nostra battaglia sociale e il nostro legame di massa. Cerchiamo di costruire e proporre un “Socialismo 2.0″, adatto al XXI° Secolo. Ed avanziamo una proposta politica con tutte le forze disposte a rompere con i Trattati Europei, con l’Austerità”.
Il compagno Giannini chiede a Marc Botenga chi potrebbero essere i partner politici del PTB per una politica di governo d’alternativa. “Le forze politiche – risponde il compagno del PTB – che scelgono una linea di rottura con le politiche liberiste dell’UE. Certo, per ora non sembra affatto il caso, allo stato delle cose non esistono i presupposti per un’alleanza. Sahra Wagenknecht, della Die Linke, diceva che “una buona opposizione è sempre migliore di una cattiva politica di governo”. Infatti, sono sempre state le lotte sociali a permettere la conquista dei diritti da parte del movimento operaio. Si tratta quindi di costruire, innanzitutto, nuovi rapporti di forza sociali e politici. I sondaggi ci danno, come ho già detto, in grande crescita. Il nostro compito, ora, è costruire un rapporto di verità tra i sondaggi e la lotta del Partito, la sua tattica e la sua strategia”.
Il compagno Giannini chiede poi al compagno Botenga di illustrare al PCI l’analisi del PTB sul piano internazionale.
“Sul piano planetario è del tutto evidente il ruolo che svolgono oggi l’imperialismo USA e la NATO: attentatori primari della pace mondiale e aggressori primari dei popoli. E’ la lotta antimperialista – di conseguenza – il compito centrale per le forze comuniste e rivoluzionarie. La crisi di questi giorni – la crisi USA /Corea del Nord – va letta anch’essa come il prodotto di un piano strategico contro la Cina. Nel mondo i rapporti di forza stanno cambiando a favore dei popoli e a sfavore delle forze imperialiste. I BRICS (pur con tutte le loro contraddizioni interne) svolgono un ruolo positivo e il fattore nuovo di questa fase storica è certamente quello rappresentato dalla Cina. Ed è per questo che Trump – pur puntando apparentemente ad altri obiettivi – punta essenzialmente alla lotta contro la Repubblica Popolare Cinese. Sull’attuale sviluppo cinese noi affermiamo questo: esso, pur dotando la Cina di un ruolo fondamentale per potenziali cambiamenti positivi nel mondo, non è certo privo di contraddizioni, come gli stessi compagni cinesi riconoscono. Dal Belgio non possiamo né vogliamo assolutamente dare lezioni a nessuno. Quindi, sul quel titanico sviluppo, evitiamo giudizi semplicistici e definitivi. Ovviamente, ci auguriamo che attraverso quello sviluppo non si arrivi ad una restaurazione totale del capitalismo. Qui, nel nostro continente, dove sviluppiamo la nostra lotta, l’Unione Europea è di certo un problema essenziale. E’ il liberismo antipopolare e antioperaio dell’UE il nostro maggiore nemico. Per una battaglia più incisiva contro questa UE occorre chiaramente una più alta unità del movimento sovranazionale dei lavoratori e delle forze comuniste e di sinistra. L’UE non è riformabile. Ciò che è necessario è un cambio totale dei suoi Trattati e della sua ispirazione di fondo. Occorre un’Europa non più liberista ma volta alla trasformazione sociale in senso socialista. Tuttavia non siamo, oggi, per un’uscita secca dall’UE e dall’Euro. Il capitale europeo è molto più unito oggi della classe operaia europea. Secondo noi, dobbiamo opporre l’unità dei lavoratori e dei movimenti sociali a quella del capitale anche a livello europeo. Crediamo quindi che sia più popolare e agibile una linea che chieda una rifondazione totale dei Trattati, piuttosto che un’uscita unilaterale dall’UE”.