IL PCI SULLA QUESTIONE DEL REFERENDUM IN CATALOGNA

di Fosco Giannini, Segreteria nazionale PCI, responsabile dipartimento esteri

Il PCI, in relazione all’ipotizzato referendum del 1° ottobre in Catalogna e ai fatti cruenti di questi giorni a Barcellona, stigmatizza severamente, innanzitutto, le modalità violente e repressive messe in campo, attraverso l’esercito e le forze dell’ordine, dal governo spagnolo e a partire da questa sua posizione sente di poter far totalmente proprie le parole di un’importante nota politica dello scorso 19 settembre emessa dal Partito Comunista di Spagna (PCE) a firma del suo Segretario Generale, compagno José Luis Centella Gomez : “La dichiarazione del Gruppo di Unidos Podemos, è un tentativo riuscito di rompere con la dinamica attuale causata dalla risposta autoritaria con cui il Governo del PP-C’s ( Partido Popular e Ciudadanos) cerca di affrontare la via unilaterale intrapresa dal Governo di Puigdemont e che ci sta praticamente portando a vivere una situazione di eccezione, in cui la libertà d’espressione comincia ad essere gravemente limitata e che può provocare una risposta violenta all’attuale crisi, causando una frattura istituzionale e sociale con conseguenze imprevedibili. Lo fa da una posizione federalista e repubblicana, che ha criticato il processo unilaterale che promuove il Governo di Catalogna e che non condivide il Referendum del 1º ottobre, dato che non include tutte le proposte e non si è sviluppato in modo minimamente democratico, ma allo stesso tempo ha criticato il comportamento del Governo del PP, autoritario e incapace di dialogare ed accordare una soluzione politica a questo conflitto”.

 L’analisi del PCI sui fatti catalani coincide con le due posizioni assunte dal PCE e dal Gruppo di Unidos Podemos: da una parte la critica radicale dei comportamenti di carattere reazionario del governo spagnolo e dalle forze militari e, d’altra parte, la critica ad una richiesta referendaria del governo di Catalogna che verte solamente sulla richiesta della separazione secca della Catalogna dall’intera Spagna, escludendo a priori la via dell’autonomia federativa e del dialogo costruttivo.

Il PCI individua nella reazione violenta del governo di destra Raioy una riedizione della politica franchista volta a negare ogni diritto alle autonomie e alle popolazioni, come individua nell’odierno governo catalano Puigdemont/MAS e nella sua proposta referendaria, un rischio neonazionalista che esclude già in sé lo sviluppo di un’autonomia catalana dal carattere democratico, solidale e popolare.

Il PCI riporta, anche nelle odierne contraddizioni che vanno aprendosi in Spagna e in Catalogna, il punto di vista di classe, popolare e di massa, un punto di vista volto all’affermazione degli interessi dei lavoratori, delle lavoratrici e della pace. Ed è a partire da questo punto di vista, essenziale per le forze comuniste e della sinistra anticapitalista, che il PCI mette al centro, ancor più ora, nella fase storica data e nei Paesi dell’Unione Europea, l’esigenza dell’unità del movimento operaio complessivo sovranazionale europeo, come esigenza primaria della lotta contro la già avvenuta unità del grande capitale transnazionale europeo, che da decenni già egemonizza in senso ultra liberista tutta l’Unione Europea.

L’esigenza dell’unità del movimento operaio complessivo dell’UE, in senso antimperialista e anticapitalista, esclude a priori ogni deriva nazionalista, che dividerebbe ancor più i movimenti operai e i popoli dell’UE, rafforzando conseguentemente il già solido potere economico e politico del grande capitale transnazionale europeo.

Il PCI rimarca che non è un caso che l’UE, con la Germania in testa, escluda a priori un sistema fiscale centralizzato per tutti Paesi UE, un sistema che obbligherebbe ad un’equa e solidale redistribuzione del reddito tra Paesi ricchi e Paesi poveri, uno sbocco che, a partire dalla Germania, ogni Paese ricco dell’UE esclude a priori.

La via della giusta autonomia della Catalogna non può passare, dunque, da un referendum di tipo nazionalistico (che prevede anche la fine del contributo fiscale catalano alla Spagna, ma anche all’intero popolo e movimento operaio spagnolo) da svolgersi sotto il segno dell’egoismo di un soggetto più ricco a sfavore di popolazioni più povere; ciò porterebbe solamente alla divisione nefasta dell’intero popolo e dell’intero movimento operaio spagnolo-catalano.

Il PCI, sulla scorta della stessa nota del PCE del 19 settembre, crede sia profondamente giusto riconsegnare al popolo catalano la possibilità di esprimersi attraverso il referendum – cancellando così l’orrore post franchista delle violenze e degli arresti – come crede sia giusto si concretizzi la proposta in campo del Gruppo di Unidos Podemos, sostenuta dallo stesso PCE e volta a giungere ad un largo coinvolgimento di forze sociali, politiche, intellettuali, del lavoro – da Madrid a Barcellona – dirette ad uscire dall’attuale contraddizione attraverso una proposta comune e solidale in grado di riformulare la richiesta referendaria sulla scorta di una visione progettuale catalana  autonoma, federativa e solidale e non secessionista e nazionalista.

 

 

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