DAL 18 OTTOBRE IL 19° CONGRESSO DEL PARTITO COMUNISTA CINESE

Di Ufficio Stampa.I dirigenti del PC Cinese hanno chiesto al PCI di inviare alcune “considerazioni” politiche sul loro Congresso. Di seguito, il documento che il PCI ha inviato a Pechino.

 

Sin dal 18° Congresso celebrato nel 2012, il Partito Comunista Cinese sta fronteggiando una nuova ed inedita situazione sia sul piano internazionale che su quello interno e, per meglio comprendere le sfide e le condizioni che rappresentano il contesto nel quale si verrà ad officiare il 19° Congresso, riteniamo essenziale inserire l’assise del Partito Comunista Cinese lungo lo sviluppo storico del paese e del Partito, a partire almeno dalla Fondazione della Repubblica Popolare.

Nel 1949 infatti il paese era stato appena unificato e liberato dalle colonie dei principali paesi imperialisti, che avevano ridotto la sovranità territoriale e devastato il paese per oltre un secolo con interventi stranieri e guerre. Quando il PCC sotto la guida di Mao Zedong prende il potere, la Cina era uno dei paesi più poveri al mondo. Pertanto in una prima fase di sviluppo della nuova Cina si sono poste la basi sia per la costruzione del sistema politico ed industriale che dello sviluppo della produzione agricola e sono stati costruiti per la prima volta un sistema di educazione e sanitario universale in tutto il paese. In questa fase sono stati raggiunti risultati fondamentali come l’aumento della speranza di vita della popolazione di oltre trent’anni. Tuttavia, in una fase internazionale segnata da una grande crescita economica, la Cina alla fine degli anni ’70 era ancora un paese a “basso reddito”. La risalita a paese a “medio reddito” nelle classifiche internazionali, lo si deve alle politiche di Riforma ed Apertura attuate in una seconda fase della storia cinese, successiva al 1978, quando importanti cambiamenti sono stati introdotti sul piano economico e su quello politico, dando vita al “socialismo con caratteristiche cinesi” che oggi tutti conoscono: una straordinaria innovazione teorica e pratica del marxismo, che persegue la strada inedita della costruzione di un socialismo in un paese a lungo arretrato, che punta ad unire le caratteristiche del sistema socialista con lo sviluppo dell’economia di mercato socialista ed unire la riforma della struttura economica con la sovrastruttura politica.

La fase che il 18° Comitato Centrale del PCC, con Xi Jinping come Segretario, ha dovuto affrontare è stata prevalentemente segnata da un drastico rallentamento della crescita economica nei paesi a capitalismo maturo. Se precedentemente la Cina ha potuto giovarsi dell’espansione economica globale ora le economie occidentali hanno offerto livelli di crescita paragonabili a quelli della Grande Depressione del 1929 e ciò ha imposto alla leadership cinese un forte cambio anche del proprio modello economico, così da permettere ugualmente il raggiungimento dei due “obbiettivi centenari”, ossia il conseguimento di una società moderatamente prospera entro il 2021 (centenario della fondazione del PCC) e la realizzazione di un’economia prospera ed avanzata entro il 2049 (centenario della fondazione della RPC).

Vanno in questa direzione le scelte affrontate dai veri Plenum del 18° Comitato Centrale, a partire dalla riforma che affida al settore pubblico il “ruolo primario nella fornitura dei beni e servizi ed al mercato il ruolo decisivo nell’allocazione delle risorse” (novembre 2013, terzo Plenum), lo sviluppo del “governo della legge con caratteristiche cinesi” ed il “potenziamento dell’attività decisionale del governo” (ottobre 2014, quarto Plenum), come pure il varo del 13° Piano quinquennale 2016-2020 (novembre 2015, quinto Plenum) basato su un cambio di modello economico da un sistema basato sull’alta intensità di lavoro ad un altro ad alta intensità tecnologica, innovando profondamente il sistema produttivo e rendendolo più efficiente e competitivo, al fine di scongiurare la cosiddetta trappola del reddito medio.

Tra gli obiettivi di lavoro del Partito Comunista Cinese c’è quello di lavorare per sradicare l’ultima sacca di povertà in Cina, ossia i 70 milioni che vivono sotto la soglia dei 355 dollari l’anno, un obiettivo mastodontico che va coniugato con uno sviluppo sostenuto, stabile e sano dell’economia nazionale e che si aggiunge allo straordinario risultato del PCC che ha già ridotto la povertà nel proprio paese da circa il 30% all’1,5%.

Le sfide sul piano internazionale non sono state meno importanti di quelle affrontate sul piano interno. Negli ultimi cinque anni il mondo è stato segnato da minacce di guerra globale e da escalation militari in diverse aree. Il ruolo della Cina, di concerto con altri grandi paesi all’interno delle assise internazionali, è stato determinante per evitare i conflitti ed i rischi di intensificazione delle minacce di guerra. La stessa strategia statunitense denominata “pivot to Asia” e l’aumento della presenza militare americana nell’Asia-Pacifico, come pure le ingerenze straniere nelle dispute territoriali e marittime della Cina con i paesi confinanti e l’influenza occidentale nelle proteste scoppiate ad Hong Kong, mostrano come il vostro paese sia al centro di un vasto progetto di accerchiamento economico, politico e militare per impedirne l’ascesa ed una maggiore proiezione sulla scena internazionale. Guardiamo con preoccupazione a tali evoluzioni del quadro internazionale e denunciamo la politica imperialista delle potenze occidentali che lavorano per un clima internazionale segnato dall’uso della forza militare e distante dalle richieste del vostro paese di costruzione di una “comunità dal destino comune”.

Di converso, riteniamo pregna di significato strategico la vostra proposta dell’iniziativa del Belt and Road e della riedizione delle nuove Vie della Seta in grado di unire l’Asia e l’Europa e ci auguriamo che il nostro Paese sappia cogliere le straordinarie novità ed opportunità che questo progetto porta con sé, ritornando ad occupare il ruolo di porto d’arrivo della Via della Seta marittima, come è stato nel corso dei secoli passati.

Il mantenimento della pace e della cooperazione tra paesi e popoli di tutto il mondo è legato alla capacità del movimento operaio e pacifista nei paesi a capitalismo maturo di sviluppare una larga mobilitazione e pressione per sconfiggere le frazioni più belliciste e pericolose delle classi dominanti dei propri paesi, insieme alla capacità dei paesi non imperialisti, dei paesi in transizione al socialismo, del blocco dei paesi dei BRICS e dei paesi della SCO (Shanghai Cooperation Organization) di costruire un ampio fronte e convergenze unitarie capaci di far avanzare le ragioni di un mondo multipolare, democratico e pacifico. In questo contesto, il ruolo che dovrà assumere la Cina ed il 19° Comitato Centrale che sarà eletto nel prossimo Congresso, sarà decisivo.

Nell’anno in cui festeggiamo il centenario della grandiosa Rivoluzione d’Ottobre ed in cui analizziamo le grandi conquiste, i successi ed i traguardi del movimento comunista internazionale, assieme alle sue sconfitte, difficoltà ed errori, vogliamo ribadire che il Novecento non passerà alla storia come il secolo della sconfitta del movimento comunista. Al contrario: è il secolo nel quale il movimento comunista è nato ed ha mosso i primi passi e che la sconfitta dell’esperienza sovietica non rappresenta affatto la fine di quell’esperienza che ha dato vita ad una pagina inedita ed epica nella storia dell’umanità. Lo sviluppo del movimento operaio, le grandi conquiste dell’esperienza sovietica, i successi dei movimenti di liberazione dei paesi coloniali e la transizione al socialismo di diversi paesi nel mondo, sono il segno del fatto che la storia non si è fermata e che il socialismo cinese rappresenta ancora oggi un grosso contributo a questo processo storico, che ha una grande storia alle spalle ed un grande futuro ancora tutto da scrivere.

 

A nome del Comitato Centrale del Partito Comunista Italiano

Mauro Alboresi, Segretario Nazionale PCI;

Fosco Giannini, Segreteria Nazionale PCI e Responsabile Dipartimento Esteri

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