COREA DEL NORD E COREA DEL SUD:I MOTIVI DI UN DIALOGO PER LA PACE

di Fosco Giannini, Segreteria nazionale PCI, responsabile dipartimento esteri

Al fine di analizzare meglio la cosiddetta “crisi coreana” – magari dismettendo la rigida divisa ideologica imperialista, richiesta che rivolgiamo non tanto ai media o alle forze politiche chiaramente filo imperialiste italiane, dal PD all’intero fronte della destra, quanto alla “sinistra” italiana delle anime belle – possiamo ripercorrere cinque degli ultimissimi avvenimenti militari e politici che hanno caratterizzato tale crisi.

 Primo: il 4 dicembre del 2017 gli USA e la Corea del Sud danno avvio – in funzione anti Corea del Nord –  alla più grande esercitazione militare aerea congiunta nella storia dei due Paesi, la “Vigilant Ace”, durata cinque giorni consecutivi, con centinaia di aerei militari, decine di “jet invisibili” F-35 Stealth e cacciabombardieri F-22 (tutti USA), più 12 mila militari americani e 8 mila sud coreani. La “Vigilant Ace” è, sì, una risposta al lancio di ordigni nucleari della Corea del Nord, ma è anche la “tradizionale” prova bellica che USA e Corea del Sud mettono in campo, ogni anno, per minacciare Pyongyang; solo che questa volta la minaccia è più grande. Secondo: alle Olimpiadi sulla neve che si svolgono in questo febbraio 2018 nella Corea del Sud, Kim Yo-jong, sorella del leader della Corea del Nord Kim Jong-un,  s’incontra col presidente della Corea del Sud, Moon Jae-in; l’incontro, ai fini della distensione tra le due Coree e ai fini della pace mondiale, è fortemente positivo, tant’è che sfocia nell’invito storico che Kim Jong-un rivolge a Moon Jae-in di incontrarsi  ( “il prima possibile”) a Pyonyang, invito che il leader della Corea del Sud accoglie favorevolmente. Terzo: durante l’incontro tra le delegazioni coreane del nord e del sud, tra Kim Yo-jong e Moo Jae-in, il vicepresidente USA Mike Peance – presente alle Olimpiadi di Seul – digrigna i denti, prendendo le distanze, con ostentata ferocia pubblica, dall’incontro tra le due delegazioni coreane. Quarto: il 10 febbraio ultimo scorso il leader della Corea del Sud, Moon Jae-in, respinge con fermezza la pressante richiesta proveniente sia da Trump che dal leader giapponese Shino Abe (che si agita sul piano internazionale per ricostruire un forte esercito nipponico), volta a riprendere, subito dopo le Olimpiadi, le grandi esercitazioni militari USA – Giappone- Corea del Sud anti Corea del Nord. Quinto, e “sorprendente” punto: dopo aver stigmatizzato l’incontro tra le due delegazioni coreane nei giorni delle Olimpiadi, il vice presidente USA Mike Peance, partendo da Seul, lunedì 12 febbraio, sull’Air Force Two, il Boeing che lo riporta negli USA, rilascia un’intervista al Washington Post nella quale dichiara che Trump sarebbe disposto, “senza precondizioni”, ad aprire una trattativa con la Corea del Nord.

Cosa porta a tutto questo, come si passa dalle più grandi e minacciose esercitazioni militari aeree USA – Corea del Sud dello scorso ( non lontano, quindi) 4 dicembre 2017 contro la Corea del Nord alle ultime affermazioni di Mike Peance, che aprono ad una trattativa tra Washington e Pyongyang?

In estrema sintesi, la trafila degli avvenimenti è la seguente: soprattutto tra il 2013 e il 2017, all’interno di un progetto strategico USA e NATO chiaramente diretto a portare la minaccia militare ai confini di Russia e Cina e nel cuore dell’Eurasia, si moltiplicano le provocazioni e si rafforzano le presenze militari nordamericane in quell’area del mondo: si lavora allo scudo spaziale da innalzare in territorio della Corea del Sud, si rafforza la presenza della VI Flotta della Marina militare USA nei Mari della Cina del Sud, si spinge per la nuova militarizzazione giapponese, si rafforzano e si estendono le esercitazioni militari a guida USA in Corea del Sud, oltreché portare basi USA-NATO in Ucraina, in diversi Paesi dell’ex campo socialista dell’Est Europa rafforzando quelle già presenti in Afghanistan.

In questo quadro, il progetto di aggressione militare USA contro la Corea del Nord (Paese che si richiama, ci piaccia o no, al socialismo, in buoni rapporti con Russia e Cina e fortemente antimperialista) si fa sempre più verosimile, una possibilità fortemente contemplata da Washington e avvertita come realistica da Pyongyang ( d’altra parte, in questi giorni di metà febbraio 2018, di cosa ci parla la spinta USA diretta a far intervenire militarmente Israele contro l’Iran, se non dell’attuale determinazione americana alla guerra vasta e reale?).

Come reagisce Pyongyang alle provocazioni USA? Con il rafforzamento del proprio apparato militare e dotandosi di ordigni bellici nucleari. Un rafforzamento militare chiaramente volto a dissuadere gli USA dall’idea di un “facile attacco” contro la Corea del Nord. Come raccontano i media filo imperialisti mondiali il rafforzamento militare della Corea del Nord? Naturalmente, come il “sinistro” riarmo nucleare del “folle” dittatore di Pyongyang (e pazienza, lo ripetiamo, che questa ipocrita propaganda provenga dai media filo americani, ma davvero sconcertante è quando essa proviene da certa “sinistra” occidentale: sarà l’effetto dell’abbandono della categoria dell’imperialismo?). A nulla valgono, di fronte alla demonizzazione senza limiti di Kim Jong-un, le note ufficiali che si susseguono da parte del governo della Corea del Nord, che chiariscono come il riarmo nucleare non sarà mai diretto a primi attacchi militari contro la Corea del Sud o contro gli USA, ma solo come risposta ad eventuali attacchi esterni. La linea politica della Corea del Nord si sintetizza con una parola d’ordine: “Non faremo la fine di Gheddafi o di Saddam Hussein”. Una parola d’ordine – tenendo semplicemente conto dell’ultimo scorcio storico – sicuramente comprensibile, razionale e giusta. Si possono infatti dimenticare le tre guerre distruzione degli USA e della NATO contro l’Iraq, iniziate nel 1991, protrattesi sino ad oggi e che hanno portato a circa 400 mila morti, a milioni di profughi, ad un intero Paese distrutto e all’assassinio di fronte al mondo, in diretta, di Saddam Hussein? Si possono dimenticare le guerre di distruzione di massa USA e NATO contro la Libia, contro la Siria? Gli odierni interventi imperialisti nello Yemen, in Ucraina? Tutti i “golpe” in America Latina, in Argentina, El Salvador, Brasile e quello continuamente tentato contro il Venezuela? Si: evidentemente, per coloro che interiorizzano la demonizzazione della Corea del Nord e non pensano nemmeno per un attimo che il suo riarmo nucleare sia davvero l’unica strada “per non finire come la Libia e l’Iraq”, le guerre di sterminio e di dominio neocolonialista degli USA e della NATO si possono dimenticare.

Accade, dunque, che di fronte al progetto di rafforzamento militare degli USA in Eurasia e di fronte al progetto di attacco militare contro la Corea del Nord, questo Paese, per difendersi, si rafforzi militarmente, che – di conseguenza- gli USA e i media occidentali satelliti mettano in campo la solita e gigantesca demonizzazione del “Paese Nemico” e accade anche che gli USA chiedano aiuti a Mosca e Pechino contro “il folle di Pyongyang”. Ma come reagiscono la Russia e la Cina a questo invito americano? Semplicemente, consapevoli della spinta imperialista USA nell’Eurasia, non lo accettano, spingendo invece per la trattativa, il disarmo nucleare e la corrispettiva e congiunta smilitarizzazione USA in quella parte del mondo.

Alle difficoltà strategiche degli USA si aggiunge la stessa politica economica di Trump; nel dicembre del 2017 il presidente americano lancia un forte avvertimento a diversi Paesi del mondo: “per impedire la vostra penetrazione economica negli Stati Uniti alzeremo di molto i dazi sulle vostre merci”. Tra i Paesi minacciati, oltre la Cina, c’è anche la Corea del Sud, che inizia a riflettere sul proprio rapporto con gli USA e sulla stessa necessità di un diverso e più disteso rapporto con la Corea del Nord. E conseguentemente, specialmente,con la Cina.

Poiché chiaro è che l’intero quadro, l’intera crisi è fortemente segnata dall’ azione di pace oggettivamente svolta da Pechino, un’azione di pace che trova le sue fortissime basi materiali nella titanica proposta cinese di un sviluppo commerciale mondiale, uno sviluppo del quale tanti Paesi possono, reciprocamente, beneficiare. Tra questi la Corea del Sud. La richiesta USA alla Cina di intervenire contro la Corea del Nord s’infrange contra la stessa politica economica cinese, contro lo stesso spirito e la prassi della Nuova Via della Seta, volta a superare pacificamente le contraddizioni e i conflitti attraverso i mutui interessi economici internazionali. La Corea del Sud, già fustigata economicamente dall’isolazionismo di Trump, trova per ora, nella politica economica cinese di interscambio pacifico, un motivo nuovo per distendere i rapporti con Pyongyang e respingere le pressanti richieste, che vengono dagli USA e dal Giappone, di riprendere – subito dopo le Olimpiadi – le esercitazioni militari congiunte contro la Corea del Nord.

Molte sono state, dunque, le motivazioni per le quali si è giunti, durante le attuali Olimpiadi in Corea del Sud, all’incontro tra Kim Yo-jong , la sorella del Presidente della Corea del Nord, e Moon Jae-in, il Presidente della Corea del Sud; per le quali si è giunti all’invito, da parte del leader della Corea del Nord, ad un incontro tra i governi delle due Coree a Pyongyang e per le quali si giunti alla sorprendente affermazione del vicepresidente USA, Mike Peance, di avviare le trattative USA-Corea del Nord.

Sono stati molti i motivi che hanno portato a tutto ciò, ma uno, tutto materiale, non dobbiamo dimenticarlo: la resistenza politica e militare della Corea del Nord, che ha permesso a Pyongyang di dissuadere gli USA dall’attacco militare e ha infine permesso al governo nordcoreano, dalle proprie posizioni di forza e autonomia, di poter sferrare una forte offensiva di pace, che ha portato gli atleti nordcoreani alle Olimpiadi di Seul, di formare un’unica squadra di atleti nord e sudcoreani, permettendo, attraverso quel formidabile viatico mediatico mondiale che sono i Giochi Olimpici, l’incontro tra Kim Yo-jon e il Presidente sudcoreano Moon Jae-in. Al quale incontro è seguita – per ora – la resa USA e la scelta di Trump di andare alla trattativa con Pyongyang.

 

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