di Juri Carlucci, Dipartimento Esteri PCI
Emmanuel Macron, la faccia giovane e pulita del capitalismo europeo e dell’atlantismo, oltre ad essere il presidente della Repubblica francese, è un guerrafondaio, come il suo predecessore Sarkozy. Dovrebbe occuparsi d’altro, di economia o di integrazione, dovrebbe ritirare la riforma che restringe il libero accesso agli studi universitari, che vede gli studenti francesi, nuovamente, asserragliati nelle università a Parigi, Montpellier e Toulouse, in occupazione permanente. Invece Macron non trova di meglio che infilarsi di più nel Vietnam siriano.
Macron ha spalancato le porte dell’Eliseo ad una folta delegazione siriana. I cronisti raccontano che, oltre le cosiddette Forze Democratiche Siriane, nelle delegazioni erano presenti esponenti militari kurdi. Non si conosce nel dettaglio quale sia la valutazione dell’Eliseo rispetto all’invio di truppe in Siria, ma è già chiaro che la Francia non vuole stare a guardare. Forze speciali francesi sono già presenti sul territorio siriano, a Manbij. Emmanuel Macron ha consegnato a questi “alleati dell’occidente” un messaggio di sostegno politico di portata senza precedenti.
Si rituffa in una guerra, la Francia. Sappiamo bene quale sconquasso l’esercito francese abbia creato in Libia, con i bombardamenti e l’eliminazione di Gheddafi. Barbarie che ancora oggi, a distanza di sette anni da quel 19 marzo 2011, vediamo quotidianamente in TV. Tre governi, lotte fratricide, nessuna politica economica e centinaia di migliaia di sfollati che salpano verso la ricca Europa, oltre migliaia di morti e feriti: questa è la Libia dopo l’assassinio imperialista di Gheddafi. Due giorni prima, il 17 marzo, la risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sulla quale Russia e Cina si astennero e non posero veto, istituiva “un immediato cessate il fuoco” ed un “divieto d sorvolo”. Ma era una balla colossale. Di là a poche ore i jet francesi cominciarono a prendere la mira sui convogli governativi e le marine inglese e americana entrarono in scena a pieno regime; impossibile tutto ciò quando, per preparare una missione militare, ci vogliono normalmente mesi per le ricognizioni, per dislocare gli equipaggiamenti e preparare le truppe. Un grande gioco preparato a tavolino dalle potenze occidentali colonialiste e guerrafondaie, in primis gli Stati Uniti, che scrivono sempre il copione del film molto bene, ma, poi, si perdono nei particolari. Poche ore prima di quella riunione all’ONU, il 15 marzo, si era provveduto ad innescare, ad hoc, un’altra miccia in Medio Oriente. Iniziava la guerra in Siria. Damasco ed Aleppo videro manifestazioni in strada di anti-governativi e dopo poco iniziarono gli assalti alle caserme nel nord della Siria. I pacifisti che volevano più diritti in verità erano già d’ accordo a prendere le armi in pugno. Si costituiva il Free Syran (amercican?) Army.
Oggi Macron ricevendo militari Kurdi e la FDS all’Eliseo, lancia un messaggio gravissimo di forte destabilizzazione. Vuol dire “se non ce la fate da soli arriveremo a darvi una mano” e, così, si riaggrega alle truppe americane che costruiscono basi nel nord della Siria, per restare là a fare la guerra e promettere ai Kurdi uno stato che non avranno mai.
Gli Uffici e i portavoce dell’Eliseo non dicono espressamente quante truppe francesi si muoveranno e dove verranno dislocate. L’impegno lo lasciano a un “gradito ospite”, Khaled Issa, il rappresentante a Parigi della “Siria del Nord” ovvero l’ambasciatore della FDS. Issa dischiara: “La Francia rafforzerà la sua presenza militare a Manbij per assicurare tutte le aree protette dalla FDS”.
Nel Vietnam siriano lo scontro sarà totale. La Turchia preme da nord e scarica bombe su aree kurde e non. Francia, Inghilterra e Stati Uniti passeggiano nel nord-est costruendo basi militari in spregio alle elementari basi del diritto internazionale, che non esiste più. Anche a sud non va meglio. Mentre Trump dichiara di voler portare via i militari americani dalla Siria (ennesima boutade), lo smentisce la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova : “Allarmano i messaggi secondo cui gli USA e i loro alleati rinforzano la loro illegale presenza militare sul territorio sovrano della Siria. In particolare, arbitrariamente, come stabilito dagli americani intorno alla zona del villaggio Al Tanf a sud-est del paese, arrivano armi pesanti”.
Finché avranno fiato, i militanti e i dirigenti del Partito Comunista Italiano difenderanno la Repubblica Araba siriana dall’invasione, dalla barbarie, dalle ruberie e dall’instabilità perpetrata dai Paesi occidentali a danno delle popolazioni siriane, dell’ economia e del futuro della Siria. Ci siamo schierati e rimaniamo fedeli, con spirito internazionalista, al Presidente legittimo Bashar al-Assad, scelto dal suo popolo come guida politica. Il PCI chiederà sempre pace per le popolazioni sofferenti in Siria ed altrove, lavorando e costruendo iniziative politiche, anche con altre Organizzazioni politiche, che disvelino alle masse i tentativi neocolonialisti e guerrafondai delle potenze militari occidentali e della NATO.